La Genesi di Lot

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Data di pubblicazione: 12 Settembre 2011 ©Giardino delle Fate

❈ LE STORIE DELLE RAZZE ❈
(Arrivo a LOT)

~• I DEMONI. Racconto di un Demone… •~

Sulla Nascita di tutti. Siamo qui, come siamo sempre stati, poiché solo un pazzo conterebbe il tempo dalla nascita della luce, e quindi delle tenebre. Avvenne che nascemmo in un tempo incalcolabile, in uno spazio non misurabile, Themis espanse la luce e la luce incontrò Krotos. Da loro nascemmo, dalla luce di Themis che si fermò incontrando la tenebra di Krotos e generò l’ombra, Noi.

Non avevamo forma, al nostro arrivo la luce si ritraeva, all’avanzare della luce ci ritiravamo noi. Vennero poi l’Umano e le altre creature di varie specie, ed ebbero desideri, sogni, paure. Furono quelli i nostri piccoli doni tra quelli degli Dèi, poiché scoprimmo, ci nutrivano tutti con le loro emozioni. Dietro ogni creatura senziente c’è un’ombra, meditate sul perché.

Venne poi il periodo della Paura, ed ancora oggi gli Umani e tutte le razze ne portano i segni. Non mento, infatti, se dico che in qualsiasi loco e in qualsiasi cultura tutti loro, già da piccoli, temono il buio, temono il vertice della catena alimentare, un vertice che incombe sopra di loro, che li preda. Nel periodo della Paura, dicevo, Krotos ci mostrò una verità: suscitare paura è il mezzo più facile per indurre un’emozione forte, forte peraltro sempre e comunque in tutti, animali compresi.

Ma l’Umano è diverso: l’Umano può essere terrorizzato, lo si può far vivere nella paura, mentre non è altrettanto semplice con gli animali, con i quali hanno avuto successo alcuni Demoni amanti degli oceani (ben poco successo invero, visto che gli animali d’acqua preferiscono andare ad arenarsi piuttosto che patire). Vuoi mettere il mangiare un Umano di fronte a dei suoi simili? Vero, la carne non ci dà nutrimento, ma la paura, l’odio e la disperazione che riceviamo facendo questo ci dà grande forza.

L’Umano ha mille paure e mille sono le sembianze che un Demone può prendere, anche se durante il periodo della Paura i Demoni divennero meno eterei e più fisici, per un processo che si può chiamare “Materializzazione delle Paure”.
Avvenne che Krotos ci guidò in vittoriose crociate. Sulla guerra civile. Avvenne che capimmo che Krotos non era un Demone come noi, e che noi Demoni non eravamo suoi schiavi. Honorius voleva schiavi, Honorius aveva dei Demoni, i Demoni non sono schiavi. Nacque una guerra intestina, guerra che non avrebbe mai potuto vincere. Le nostre armate erano poche, le sue erano molte, guidate dalla paura che le rendeva feroci, agguerrite ed appetitose.

La paura dei suoi schiavi, il suo odio ed il terrore degli Umani che assistettero alla guerra ci dava forza… non poteva lottare contro di noi, non con i suoi mezzi. Rapì i capi della rivolta, li usò come ostaggi, li torturò, espose i loro corpi; c’era un unico problema, non siamo deboli come tutti gli altri, non siamo Umani, né tanto meno Elfi. Continuammo la nostra guerra, nessuno aiutava i caduti, nessuno si fermava a raccogliere i propri arti amputati (di sicuro col tempo o con la magia sarebbero ricresciuti); nessuna femmina piangeva il suo maschio, né viceversa… così combattono i Demoni, così battemmo Honorius. Sull’arrivo nella Libera Città di Lot. Avevamo avuto ingenti perdite ma non importava, eravamo tanto fieri di noi stessi e della nostra razza, da non doverci neppure più preoccupare di terrorizzare gli Umani, anzi, per la nostra crociata contro il Male (alcuni credono sia stata questo), diverse comunità delle più svariate razze iniziarono a venerarci.

Alcuni di noi accettarono la loro autosottomissione, altri non apprezzavano una vita tanto facile, altri ancora non consideravano finita la guerra. C’era una guerra in un regno… là c’era Krotos… là molti di noi si diressero.

Urania, Somma Sacerdotessa della Dea Themis, ci venne incontro, non avemmo bisogno di presentarci, non dovemmo raccontarle la nostra storia, la Dea le aveva parlato, ci offrì la cittadinanza e la possibilità di combattere al loro fianco. Accettammo le regole del Granducato pur di poter continuare la nostra lotta, col tempo imparammo anche ad essere più simili agli Umani… anzi, molti di noi spesso si mostrano con aspetto più Umano che Demoniaco, ci mischiammo a loro.

Ora conviviamo con gli Umani, sebbene la loro paura nei nostri confronti a volte causi problemi… il Granducato è molto popoloso e riceviamo nutrimento senza bisogno di dover uccidere o terrorizzare, è sufficiente spesso che restiamo fermi, e gli scontri fra i Cittadini ed il loro odio reciproco, le lotte intestine, fanno il resto, senza che nemmeno ci manifestiamo. Il nostro unico interesse è ora la Guerra contro Krotos.

~• GLI ANGELI •~

Nel creare il mondo le divinità si contesero i regni, la divina Themis salvò il Regno di Lot dalla fine certa, qualora fosse capitata sotto il braccio del crudele Krotos che, già allora, minacciava di distruggere l’unico luogo dove la pace e l’armonia regnavano.

Incantata da quel luogo tanto simile all’Eden, Ella decise di stabilirvisi e proteggerlo accogliendolo sotto la sua ala protettiva.

Krotos, infastidito e seccato per l’intromissione della Dea, le tese un tranello e dalla sua fortezza chiamò a sé le forze del Male, facendo piovere i sentimenti più biechi per contagiare le anime lottiane, e spingendole verso la ribellione ed il disordine.

Themis, dalle sue stanze di luce, guardò sconcertata quanto stava accadendo e, poiché punire tutti non si poteva giacché non era colpa dei Cittadini tutto quel cattivo sentimento, decise di provvedere creando creature in grado di concepire tutto l’amore, il bene, la giustizia, insomma, tutti i buoni sentimenti del mondo, e trasmettere agli altri pace e serenità con un semplice sorriso: nacquero così gli Angeli.

Prese dunque qualche raggio di sole, lo legò saldamente ai raggi lunari affinché, anche nella notte più buia, le nuove creature potessero illuminare il camino brillando più dell’astro stesso.

Aggiunse polvere di stelle ed incise sulla fronte le proprie leggi, nascondendole poi sotto una pelle candida e morbida come quella di un neonato. Donò loro delle ali perché potessero volare più in alto e raggiungerla e godere della sua luce. Poi, sedutasi, fece dono a ciascuno di un libro su cui scrivere le buone e le cattive azioni di coloro che dovevano proteggere.

Poiché aveva bisogno di molti Angeli, Ella pensò fosse meglio che uno di essi facesse da intermediario, così da evitare la confusione dovuta al fervore nel servirla, e prima di mandarli nel regno, scelse uno di loro a caso perché potesse riferire agli altri ciò che lei desiderava, e coordinasse il lavoro altrui.

Un bacio sulla fronte di ciascuno li benedisse e, il giorno in cui queste creature scesero su Lot, si dispersero confusi da un male che sembrava contagiare chiunque, ma solo ora, grazie a Themis, si ritrovano portando a compimento il progetto della Dea.

Themis distribuì quindi dei doni per permettere di svolgere meglio il loro compito su Lot. Fatto ciò Ella tornò sul suo trono di luce ed osservò la vita nel regno di Lot. Krotos si trovò dunque costretto a passare alle armi attaccando Lot con spada e con le forze del Male alleate, ma gli Angeli avrebbero cercato di mantenere la serenità e riportare l’armonia tra i Cittadini, allontanando i sentimenti più biechi che indebolivano Lot.

Per riposarsi e comunicare tra loro creò un Eden, un paradiso a cui potevano accedere solo loro e trovare pace. Codesto paradiso, per impedire che venisse violato da imbroglioni, fu protetto da un cancello sì alto che nessuno poteva entrarvi.

Le chiavi di tale paradiso vennero affidate ad un Cherubino, ed altri due Cherubini ne sarebbero stati a guardia. In tale Eden gli Angeli avrebbero potuto contemplare la Dea e caricarsi per tornare nuovamente su Lot.

~• GLI UMANI •~

In un tempo remoto, la Dea Themis decise di dare al creato una Razza dominante su tutti gli animali e sulle piante. Così creò Tanit, il primo Umano, in principio senza un sesso ben determinato.

Tanit viveva felice ma sentiva che gli mancava qualcosa, infatti vedeva gli animali muoversi in branchi e gli uccelli volare in stormi, così chiese alla Dea di dargli dei compagni.

Ben presto la Dea dové acconsentire alle richieste di Tanit, e lo divise in due esseri diversi e simili allo stesso tempo. Da Tanit nacquero Marle, la prima femmina umana, e Janus, il primo maschio umano. La Dea insegnò loro come nutrirsi e riprodursi, ed i due primi Umani vivevano felici nel mondo in armonia con tutte le creature.

Ma un giorno tutto quest’equilibrio venne messo in pericolo…

Simeht, geloso delle opere di Themis, diede incarico a suo figlio Shierak di tentare gli Umani. Shierak chiamò a sé Janus attirandolo con del cibo. Janus entrò in una grotta e lì Shierak parlò a lungo del suo progetto, spiegandogli che la Dea Themis in realtà era una Dea malvagia e vendicatrice. Janus era confuso ma credé ugualmente alle parole di Shierak. Per tale motivo quindi, iniziò a portare scompiglio nel regno di Themis, uccidendo gli animali e bruciando le foreste. Marle, che era incinta, cercò di fermare il compagno, ma Janus pensava solo a portare a compimento il progetto di Shierak.

La Dea Themis, vedendo Janus che rovinava il suo creato, lo chiamò, ma Janus non volle saperne di ascoltare il suo richiamo. Allora la Dea chiamò a sé Marle, spiegandole dell’esistenza di Simeht e del mutamento del compagno; alla fine le chiese di aiutarla a porre fine a quel momento di follia. Passarono giorni e giorni, e Marle intanto partorì l’Umano che era predestinato a porre fine alle follie del padre: Azure.

Il tempo passò ed Azure divenne adulto, la Dea Themis lo chiamò per compiere il suo destino. Azure era dispiaciuto per le parole della Dea ma, poiché possedeva una grande intelligenza, capì che per il Bene del mondo bisognava fermare Janus.

Janus il giorno seguente portò suo figlio dentro la grotta per presentarlo a Shierak, ma Azure, proprio in quella grotta, uccise suo padre, determinando la fine di quel periodo denominato “della Follia”. La Dea Themis donò ad Azure una sposa, e la razza Umana cominciò a popolare il giovane pianeta.

~• GLI ELFI •~

Nel solstizio d’inverno del centunesimo periplo del Sole attorno alla terra, dalla creazione delle prime comunità Umane, un gruppo d’Elfi di stirpi miste ma soprattutto di stirpe Sindar, si staccò dalla comunità per recarsi a prendere conoscenza delle nuove creature chiamate Umani.

Nel percorso, divinità avverse alla Razza Elfica, com’è buona tradizione e come lo stesso Omero ci insegna, recarono sventura e tormento… la Guida del gruppo Vaneear e molti altri Elfi perirono nella turbolenta e lunga traversata.

Subito dopo lo sbarco sulla terra, il popolo attraversò un lungo periodo buio, rintanandosi nella foresta più fitta ed intricata, aspettando… forse… di riacquistare la fiducia e la forza perse con la morte del Re e con l’odio dei Numi.

Inutile tenere il conto degli anni che passarono, si sappia solo che la Razza Umana ebbe il tempo necessario per raggiungere lo stato evolutivo che portò alla formazione di città come Lot.

Con l’ascesa al trono Elfico della piccola comunità, del Principe Eventine, le cose cambiarono: lentamente il popolo riprese coscienza di sé e fece fiorire una città sull’isola ove si trovava, non potendo fare ritorno alla loro terra natale di cui ormai avevano perduto la rotta. E fu così che la Flotta di Lot incrociò nelle sue rotte commerciali, l’incredibile civiltà Elfica che chiamarono col nome di Vanalonde (in onore del primo Re).

Poi col tempo i rapporti tra le due civiltà s’intensificarono e lentamente gli Elfi si trasferirono ai margini di Lot, ed alcuni cominciarono a prender parte alla vita degli Umani, intrecciando così indissolubilmente i destini d’entrambe le Razze.

Quando poi il Principe Eventine, per motivi misteriosi sparì lentamente dalla vita di Lot, che aveva riconosciuto l’esistenza del popolo Elfico ufficializzandoli in una Gilda, i Priminati (cioè gli Elfi) attraversarono un nuovo periodo buio, mescolandosi caoticamente con le altre Razze di Lot. Questo stato di cose perdurò fino a quando una nobile Sindar Squirrel, amata dal Principe Eventine, reclamò da sola e a gran voce, la nobiltà e l’unicità del suo popolo, diventandone la guida come Regina e Dama degli Elfi.

A lei si unirono il nobile Silvano Philgrim, uno tra gli Elfi più nobili e potenti, ed il Bardo Noldor Isil. Insieme ricostituirono il popolo Elfico e gli conferirono l’ordine che è quello attualmente conosciuto a Lot.

~• I MEZZELFI •~

La storia dell’arrivo dei Mezzelfi a Lot ha origini relativamente remote, infatti, a Lot il tempo sembra fluire in maniera differente dal normale modo di percepirlo.
I primi Mezzelfi arrivarono poco tempo dopo la fondazione del Granducato.

La più numerosa ed importante comunità di Mezzelfi viveva nei pressi di GranBurrone, sotto la saggia guida di Elrond. Già allora esistevano tre differenti stirpi mescolate da anni di pacifica convivenza.

Una notte molti Mezzelfi ebbero una sorta di sogno profetico, una nuova città che veniva fondata in quei giorni, una città multirazziale dove le Razze avrebbero vissuto nel reciproco rispetto le une verso le altre.

La decisione a cui i Mezzelfi erano stati posti dinanzi era complicata: da un lato la relativa sicurezza di GranBurrone, ma anche la noia della stessa monotona esistenza chissà per quanto tempo ancora; dall’altro la ricerca di questo luogo, senza la certezza di arrivarvi e di esservi accettati. La comunità, com’era prevedibile, si divise. Lo stesso Elrond decise di rimanere nella sua GranBurrone.

Una volta preparata la partenza ne fu messo a capo Eclipse, amico fidato di Elrond e suo più valido consigliere di quegli anni, e dopo gli ultimi tristi saluti il lungo viaggio ebbe inizio. La spedizione durò a lungo, e purtroppo non senza perdite tra il popolo mezzelfico, ma la fiducia non venne mai meno; questo grazie anche alle continue informazioni che il gruppo continuava a raccogliere lungo la strada, la loro meta era stata oramai identificata con il Granducato di Lot.

Il viaggio si concluse alcuni anni dopo quando i nostri Mezzelfi giunsero alle pendici dei Monti delle Nebbie. L’attraversamento della catena montuosa fu parecchio faticoso, ma un gruppo così numeroso non poté fare a meno di essere avvistato dagli abitanti di Lot. Lo stesso Granduca venne informato dell’arrivo di un numeroso gruppo di viaggiatori, ed un’Ambasciata venne mandata loro incontro.

Fu lo stesso Eclipse, ancora a capo del gruppo, a fare da portavoce; chiarì agli Ambasciatori le loro intenzioni e la loro lontana provenienza, e chiese formalmente ospitalità per tutta la sua Razza in quel “paradiso razziale” che Lot prometteva di diventare. Tutti i Mezzelfi vennero, ovviamente, accolti ed il Granduca fu informato dal rapporto dell’Ambasciata.

Venne riunito il Consiglio del Granducato, con il Gran Ciambellano, i Conti ed i Governatori, ed Eclipse fu invitato a partecipare come portavoce dei Mezzelfi. Alcuni, inizialmente, ammisero di ignorare addirittura l’esistenza di una vera e propria Razza di Mezzelfi, ma ben presto fu chiaro a tutti che l’inserimento a Lot di una Razza così simile ad Elfi ed Umani, non sarebbe stato certo un problema.

I primi tempi passarono veloci e sereni, ed i Mezzelfi si amalgamavano fra loro e con le altre Razze. Lentamente a Lot le distinzioni tra una Razza e l’altra si fecero sempre più lievi e, progressivamente, ogni Razza perse la propria identità, tutte a parte gli Elfi guidati da Eventine, loro Re. Nel frattempo i lottiani dovettero affrontare i pericoli e le minacce portate da Honorius. Fu proprio l’unione contro Honorius a cancellare totalmente l’identità razziale dei singoli lottiani.

Dopo la distruzione della Vecchia Lot e la rinascita del nuovo Granducato, fu deciso di cercare di recuperare le antiche tradizioni di tutte le dodici Razze che convivevano a Lot. La prima iniziativa presa da Eclipse, fu quella di “attirare” verso Lot i molti Mezzelfi che ancora si aggiravano per il mondo senza appartenere ad alcuna comunità.

Insieme ai Maghi del Crepuscolo d’Argento e con il consenso del Granduca, fece preparare il rito per un potentissimo incantesimo di “richiamo” che avrebbe spinto moltissimi Mezzelfi alla ricerca del rifondato Granducato di Lot; dopo una lunga attesa, l’incantesimo diede gli effetti desiderati ed incominciarono a giungere in città molti Mezzelfi provenienti da tutto il globo.

Purtroppo Eclipse fu sempre più occupato da altri progetti riguardanti Lot e finì col diventare Presidente del Consiglio dei Decani, tralasciando così la guida della propria Razza. La sua “eredità” fu raccolta da Gitza il quale, collaborando con Squirrel, Regina degli Elfi di Lot, al progetto del Consiglio delle Razze, iniziò a tentare di riunire i Mezzelfi di Lot e a risvegliare il loro “orgoglio razziale”. Nonostante l’aiuto di Darmodong, Mezzelfo dello storico viaggio di GranBurrone, il progetto stentò a decollare e si arenò.

Qualche tempo più tardi, dopo essere salito a capo del Consiglio delle Razze, Gitza fece un secondo tentativo, sperando di risvegliare gli animi sopiti dei suoi fratelli Mezzelfi. Questa volta la fortuna girò dalla sua parte e con l’aiuto di Schicchi, un Mezzelfo richiamato dall’arcano incantesimo voluto da Eclipse, vennero rintracciati e coinvolti numerosi Mezzelfi.

E siamo giunti ai giorni nostri: i Mezzelfi hanno riscoperto le loro origini e molti di loro occupano, oramai, posizioni di assoluto rilievo nel Granducato di Lot… il progetto originario che mirava a ridare ai Mezzelfi la loro perduta identità razziale può dirsi concluso con successo.

~• I FOLLETTI •~

I Folletti più anziani raccontano che un giorno iniziarono ad arrivare nella Valle delle Lucciole tartarughe da molto lontano e che, non appena raggiungevano l’albero cavo al centro della valle, le loro corazze si coloravano di storie fantastiche di terre lontane.

Narravano del mare in tempesta e delle città di pescatori, narravano delle foreste intricate piene d’animali strani e creature mai conosciute dai Folletti, narravano delle cime innevate di montagne invalicabili abitate da esseri coperti di pelli d’animali, narravano… narravano… narravano… e i Folletti rimanevano affascinati da tante novità.

In particolare un gruppo di Folletti, circa 10 o 15, erano sempre a leggere e rileggere i gusci delle nuove tartarughe e passavano la giornata sognando di camminare per quelle terre, oppure fantasticavano d’avventure impensabili in terre straniere.

Così il re e la regina riunirono il Consiglio degli Anziani e decisero di nominare quei Folletti Namek, gli appartenenti alla Compagnia dell’Avventura. Essi erano incaricati di partire alla scoperta delle terre straniere. Come simbolo d’appartenenza a questo gruppo indossavano un medaglione di legno di magnolia, che portava al centro il disegno della Valle delle Lucciole.

La partenza era stata decisa per la fine dell’estate, quando gli aironi neri attraversavano la valle, diretti verso il sud. Così arrivò quel giorno e, come ogni anno, gli aironi arrivarono e si andarono a posare sulle rive del Fiume delle Tartarughe.

La Compagnia dell’Avventura chiese agli amici aironi se potevano portarli in volo con loro, e i maestosi uccelli accettarono. Partirono in un giorno di sole, tutti sorridenti accavallati tra le ali degli aironi. C’era tutto il popolo follettesco a salutarli alla loro partenza.

Sorvolarono le Montagne Azzurre e il Vulcano del Sale… sorvolarono terre mai viste, gialle come i limoni maturi, rossi come le fragoline di bosco, rocciose e prive di vegetazione… ed infine videro una gran distesa d’acqua che si perdeva all’orizzonte. Gli aironi si posarono sulla riva di quella strana acqua, e riposarono lì qualche giorno.

I Folletti, curiosissimi d’ogni novità, correvano da ogni parte, pieni di meraviglia, e la sera rimasero incantati a contemplare la luna piena riflessa sull’enorme distesa d’acqua. Fu in quel momento che sbucò dall’acqua un pesce le cui squame brillavano alla luce lunare. Egli parlò loro degli abissi di Miar, la grande distesa d’acqua, e del Popolo di Miarmuk. Pian piano a fianco di Zulì, il pesce argentato, affiorarono dei pesci strani, rotondi come una palla.

Zulì spiegò loro che essi erano i mezzi di trasporto del mare, bastava lasciarsi inghiottire da quegli strani pesci pieni d’aria per raggiungere anche le più buie zone di Miar. Tra il gruppo s’infiammò la curiosità per questa nuova avventura che li attendeva… così salutarono gli aironi neri, regalando loro un piccolo frutto succoso dal nome ciok, un dolce prelibato per gli uccelli, ringraziandoli così per il passaggio. Poi tornarono alle rive di Miar e chiamarono Zulì.

Il pesce argenteo arrivò in compagnia degli strani pesci tondi, ed i Folletti entrarono nelle loro bocche fino a trovarsi nella bolla d’aria interna. Vennero portati fino alla città dei Miarmuk e fecero la loro conoscenza. Furono giorni felici in cui, tra scherzi, e risate, si scambiarono culture, storie, leggende, idee… fu una bella esperienza. Ormai erano passati quattro Fili d’Erba (che corrispondono circa ad un mese umano) e i Folletti decisero di rimettersi in viaggio.

Così i Miarmuk parlarono loro di una città lontana, di cui non ricordavano il nome, ma che si diceva fosse molto bella e vivace. La particolarità era che questa città ospitava creature appartenenti alle più diverse razze in un clima d’armonia e pace. I Folletti furono molto interessati a queste parole e si fecero spiegare il modo per raggiungere quella città. Ma, purtroppo, neanche il popolo dell’acqua sapeva di preciso dove fosse edificata… dissero solo che cresceva dopo le rive del Corallo Rosso, al di là di una terra sconosciuta.

I Folletti ringraziarono i Miarmuk dell’ospitalità regalando loro un ciottolo rotondo proveniente dal Fiume delle Tartarughe come simbolo d’amicizia. Salutarono il popolo dell’acqua, promettendo un giorno di tornare, e risalirono in superficie grazie ai pesci palla. Quegli strani pesci li lasciarono sulle rive del Corallo Rosso, come avevano detto i Miarmuk e i Folletti iniziarono il loro viaggio a piedi.

Attraversarono una zona sabbiosa, poi un verde prato, poi attraversarono un bosco… e camminarono così per parecchi giorni… seguendo il tramontare del sole… fino a quando un giorno incontrarono una colonia di conigli neri come la pece. Si fermarono qualche giorno con loro tra racconti, balli e immancabili scherzi d’ogni tipo. Il gruppo di Folletti si trovava bene in compagnia degli amici conigli e così, quando questi gli proposero di fermarsi qualche altro giorno fino alla festa del Solstizio d’Estate, non ci fu esitazione nel rispondere sì!

Di lì a pochi giorni iniziarono ad arrivare alla colonia conigli provenienti da tantissime terre vicine e lontane. I Folletti, ghiotti di storie e di scherzi, di musica e di risate, si divertirono moltissimo e il tempo trascorse veloce fino al giorno della festa. Il momento più divertente fu la sera, quando i conigli delle varie terre fecero una gara di racconti.

Se ne sentirono di veramente belli… ma il più intrigante fu quello dei conigli bianchi come la neve. Essi parlarono di una cittadina piena di creature d’ogni genere che vivevano in armonia. Fu in quest’occasione che i Folletti risentirono e riconobbero la storia del città raccontata dai Miarmuk, e scoprirono che il suo nome era LOT. Così chiesero ai conigli bianchi come la neve di accompagnarli a quella città.

Il mattino dopo la festa, fatti i saluti e gli ultimi scherzi, i Folletti partirono in groppa ai conigli alla volta di Lot. Il viaggio fu divertente e ricco di risate… ed infine la Compagnia dell’Avventura giunse alle porte del Granducato di Lot…

~• LE FATE •~

Le Fate di Lot da tempo si sono integrate con gli Umani e le altre Razze presenti, tanto che, se non sfoggiano le loro variopinte ali e non usano i loro poteri magici (che alcune Fate hanno addirittura perso a causa dell’inutilizzo), vengono spesso scambiate per Umane vere e proprie.

Alcune di esse (le Fate di Arcadia), grazie a Lady Saturna, hanno ripreso il loro ruolo ed i loro poteri, e li hanno messi al servizio della cittadinanza: sovente è possibile incontrarle ai Giardini delle Delizie o alla Taverna del Viandante mentre conversano allegramente, o portano il loro aiuto a qualche sperduto straniero.

Altre Fate, invece, hanno deciso di rinunciare parzialmente ai propri poteri, integrandosi maggiormente con gli Umani: si dedicano, infatti, ad alcuni lavori tipici di quegli esseri, quali ad esempio lavorare il legno o i metalli, fare dolci o curare gli animali; ognuna, però, mette un pizzico della Magia che le è rimasta in quello che fa, e spesso gli oggetti creati diventano magici.

Poiché, però, le Fate hanno spesso la tendenza a diventare dispettose o a vendicarsi di qualche torto subito, hanno deciso di riunirsi in una Camarilla all’interno del Consiglio delle Razze sotto la guida di una Fata Madre, che le coordina e pone un freno alle loro intemperanze.

~• I MANNARI •~

Le origini della razza dei Mannari si perdono nei ricordi degli Umani. Le testimonianze da loro riportate risalgono a qualche millennio fa, ma la cultura Mannara esiste e viene tramandata sotto varie forme da molto più tempo.

La prima comunità di cui si hanno tracce è la VERTONSS, che prende il nome dal saggio capo che la guidò per lungo tempo, Son Verton. Costui fu il più grande, longevo e carismatico Mannaro mai esistito; prima di lui il nulla. Egli portò coscienza a questa razza, unità, consapevolezza, ed insegnò il rispetto per gli Umani, da cui sicuramente almeno in parte essi discendono. Son Verton visse ed insegnò per venticinque generazioni.

Morì in forma animale, da lupo, quale si sentiva. La sua gente conservò la sua zanna, che fu tramandata nei tempi, e che è giunta fino a loro… unico reperto a testimonianza del loro passato lontano. Infatti a parte le memorie orali che narravano la loro storia, raccontata dai loro avi, essi non possiedono scritti antecedenti alla Notte del Grande Fuoco.

Sono poche le cose che conoscono di quest’avvenimento, non sanno da cosa sia scaturito, né perché segnò così tanto i loro avi, ma ne conoscono le conseguenze… tutti gli scritti, tutti i libri esistiti fino ad allora furono bruciati… quasi a voler cancellare con essi il loro stesso passato. Ciò che ci rimane è il “TORLON”, la zanna di Son Verton, considerata una reliquia sacra da tutti i Mannari.

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