La nascita dell’Antica Lot

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Data di pubblicazione: 14 Settembre 2011 ©Giardino delle Fate

CAPITOLO XIII. Ritirata

Lo stupore ruppe i canti, la sorpresa fu totale. Un’orda d’invasori irruppe inaspettata, proprio quando nei cuori dei lottiani si era riaperta una speranza di sopravvivenza, proprio quando i canti e le preghiere alla Dea erano riusciti a dare una svolta in positivo ai combattimenti, proprio quando i cadaveri dei nemici cominciavano ad ammassarsi in cumuli di dimensioni inimmaginabili… proprio in quegli istanti la mano del Male tornò, spietata, a posarsi sul destino di Lot.

Così repentina da togliere il fiato, la falce di Honorius si abbatté ancora una volta sui già provati combattenti del Granducato che, rimasti ad osservare impotenti il rinvigorirsi delle schiere nemiche, accusarono il colpo al pesante prezzo d’ingenti perdite numeriche.

L’Esercito mai una volta si tirò indietro di fronte ad uno scontro, anche se questo poteva sembrare senza speranza; la posta di quest’assurda partita contro il Male andava ben oltre le loro stesse vite, si combatteva per la libertà. Iniziò una battaglia senza eguali all’interno della Città, feroci e senza alcuna pietà gli invasori mietevano vittime come copiose messi nelle stagioni estive.

Le antiche mura, costruite dai Nani, erano ancora intatte, nessuno avrebbe potuto abbattere un’opera di tale mirabile abilità costruttiva, ma questo ormai non aveva più importanza, perché le porte erano state aperte con l’inganno e, attraverso esse, orde d’assalitori continuavano a riversarsi ad incessanti ondate.

Una parte dell’Esercito rimase bloccata sui bastioni e qui, agli ordini di valorosi Ufficiali e Sottufficiali, i Soldati combatterono per impedire alle forze nemiche di raggiungere i camminamenti ed i passaggi di ronda: molte le vittime tra le schiere degli assalitori, nessuno sopravvisse tra i coraggiosi lottiani.

Per ordine dei Nobili, il Generale Danish organizzò una singolare tipologia di difesa, squadre di Soldati venivano mandate casa per casa a prelevare tutti quei civili che si erano rintanati dentro le proprie abitazioni, al fine di scortarli e dargli protezione nel tragitto che li separava dalla Cittadella, ultimo baluardo per la sopravvivenza. Si combatteva ovunque, nelle case, nei vicoli e nelle piazze, nessuno dava tregua e nessuno poteva permettersi di concederla.

Il Pozzo del Fato, rimasto ormai sguarnito da protezione, divenne uno dei più pericolosi punti di Lot; gli Orchi e gli Skertl uscivano indisturbati e si riversavano all’interno della città seminando panico e distruzione. I primi feroci scontri si ebbero nell’Ade & Nar’s Pub, dove un gruppo di coraggiosissimi Balestrieri, agli ordini di un Brigadiere, resisterono per un’intera notte, impedendo il passaggio delle orde nemiche verso il resto della città.

I primi raggi di sole del nuovo giorno trovarono soltanto cadaveri di Soldati tra i tavoli rovesciati e le botti distrutte, le forze di Honorius avevano travolto anche questo focolare di resistenza.

Il tempo passava, istanti lunghi come secoli, e la battaglia sembrava non dovesse mai diminuire d’intensità; i numerosissimi episodi d’incredibile valore furono, purtroppo, insufficienti a fermare l’avanzata dell’esercito aggressore. Il Ponte di Legno fu perduto e riconquistato almeno una decina di volte da una compagnia di Picchieri prima di decidere, a malincuore, di distruggerlo, per rallentare l’avanzata di un battaglione di Goblin. Era la mattina del secondo giorno. Il Palazzo delle Mostre venne dato alle fiamme dagli Orchi, dopo che, per un giorno intero, non erano riusciti a spuntarla sulla serrata difesa di un gruppo di Marescialli che ivi si erano asserragliati. Le loro terrificanti urla di vittoria sovrastarono il dignitoso silenzio di coloro che, all’interno, morivano arsi vivi durante il compimento del proprio dovere.

La notte i combattimenti continuavano alla luce dei numerosi incendi: lentamente ma inesorabilmente i lottiani perdevano terreno, il nemico riuscì a conquistare anche la Casa del Folletto, la Taverna del Vello d’Oro, la Biblioteca e il Ponte dell’Addolorata. La mattina del terzo giorno non vi era più neppure un Soldato vivo al di fuori della Cittadella.

Due giorni e due notti per perdere una città la cui edificazione era costata tanti sacrifici e tanto lavoro, chiunque si sarebbe perso d’animo in questa situazione, invece i Conti reagirono e, dopo aver riorganizzato le poche forze rimaste, si prepararono all’ultimo assalto.

Per un’intera settimana Honorius mandò il suo esercito vittorioso ma stremato, ad assaltare quelle mura sulle quali, ogni giorno che passava, vi erano sempre meno combattenti per difenderle, mai si sarebbe aspettato una tale ostinata resistenza. Per questo motivo, alla fine, anche le forze assalitrici si esaurirono e si arrivò ad un’inaspettata, quanto indispensabile, sospensione dei combattimenti.

Quella che, in seguito, fu chiamata Vecchia Lot era perduta per sempre, ma la vita era ripresa a scorrere all’interno della Cittadella, un piccolissimo nucleo di resistenza che sarebbe stato l’origine di ciò che un giorno sarebbe poi diventato la Nuova Lot.

I Nobili si misero subito all’opera grazie all’aiuto dei pochi sopravvissuti, la città riprese a vivere anche se in spazi decisamente più ristretti. Le forze assedianti, anch’esse colpite da ingenti perdite numeriche, erano logorate e sfinite, e non riuscirono ad impedire l’arrivo a Lot di nuovi Cittadini disposti a mettersi al servizio del Bene per arginare, con il loro impegno, il dilagare delle forze del Male.

Passarono alcuni mesi e, alla fine, l’Esercito si era completamente riorganizzato anche se, in termini quantitativi, contava soltanto una piccola parte di elementi rispetto a quello della Vecchia Lot. Fu quello il momento in cui i Nobili decisero di dare il via all’attacco delle truppe stanziatesi nella parte di città perduta, per riconquistare ciò che gli era stato a così duro prezzo sottratto e per riprendersi, nel nome di Themis, ciò che apparteneva loro di diritto.

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