Battaglie di LOT

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Data di pubblicazione: 20 Settembre 2011 ©Giardino delle Fate

✽ Fixius, emissario di Honorius ✽

Fixius è l’essere più ricercato, più temuto e, in un certo senso, più ammirato di Lot. Fedele emissario di Honorius, egli semina terrore senza quasi paventarsi, impossibile raggiungerlo, impossibile capire come e dove si sposti. Un’ombra. Un’ombra sempre presente, che si muove tra noi senza che nemmeno ci accorgiamo di lui… ma lui c’è… sempre.

Uscito quasi dal nulla, ex Demone, ex Mago Nero, egli è divenuto il nemico pubblico numero uno, colui che Honorius manovra per raggiungere i suoi scopi.

La prima considerazione da fare per capire chi è Fixius è leggere tra le righe della sua storia personale: chi era suo padre, chi sua madre, la sua infanzia.

Sazio delle anime che affollavano il suo regno, dopo aver animato i corpi che in vita senz’alcun indugio avevano accettato di venderle per poter soddisfare i loro effimeri desideri, quella notte il Principe delle Tenebre decise di abbandonare il luogo nel quale era stato imprigionato al tempo della sua ribellione, ed iniziò a vagare.

Non vagava alla ricerca d’anime, poiché spinte dalla disperazione o dall’effimero lo avrebbero trovato loro, ma voleva in qualche modo acquietare il suo implacabile desiderio di vendetta contro chi lo aveva costretto a quell’esistenza resa ancora più sofferente dalla perdita di valori, di moralità, di rispetto per se stessi e per gli altri, che caratterizzavano gli uomini.

Vagò per gran parte della notte per i quattro angoli della terra, fino a quando il Principe delle Tenebre udì una voce: «Muoviti, stupido ronzino.» Si voltò in direzione di quella voce e vide una splendida ragazza alle prese con un cavallo che non voleva saperne di muoversi e trainare il piccolo carro al quale era imbrigliato.

Fu in quel momento che capì cosa voleva per placare il suo desiderio di vendetta: voleva sentire il calore di quel corpo, possederne la freschezza e la purezza, voleva sentire il sangue pulsare sotto la pelle e sentire la sua vita… la voleva… La bramosia cresceva sempre più dentro di lui e, man mano che cresceva, il Principe delle Tenebre andava assumendo le sembianze umane di un giovane bello e prestante, che si sarebbe offerto di soccorrere la ragazza in difficoltà.

«Avete bisogno d’aiuto?» gridò il giovane correndole incontro.

«Il cielo sia lodato!» esclamò la fanciulla «Grazie, questo stupido cavallo si è bloccato e non vuole saperne di muoversi, ed io devo arrivare a casa prima che il sole percorra metà del suo cammino.»

«Come vi chiamate?» le chiese incalzandola.

«Il mio nome è Eretria» rispose lei con voce soave.

«Eretria, non preoccupatevi più, adesso ci sono io, non avete più bisogno d’altro.»

Gli occhi di quello sconosciuto sembravano bruciare ed avvolgerla con l’intensità del loro sguardo, sentì il suo corpo fluttuare mentre la rinchiudeva in un abbraccio, percependo le fiamme dell’Ade invaderla…

Eretria si risvegliò bagnata del sangue che fuoriusciva dai graffi di cui le sue braccia, le sue gambe ed il resto del suo corpo erano ricoperti, ma presto si accorse che molto di quel sangue sulle sue gambe non fuoriusciva dai graffi, bensì da un ferita provocatale all’interno del suo corpo, dopo che quello sconosciuto così bello ed all’apparenza così buono si era impossessato della sua purezza.

Passò qualche tempo, Eretria non aveva mai parlato dell’accaduto nemmeno con sua madre, infatti, fu a causa del malessere che avvertiva da qualche settimana e dell’assenza totale del suo ciclo che alla fine decise di rivelarlo ai suoi genitori, i quali capirono subito che la loro figlia aveva concepito un bambino con quello sconosciuto.

Decisero che Eretria avrebbe continuato a vivere come sempre, per non suscitare perplessità negli abitanti del villaggio, gli abiti larghi che indossava avrebbero nascosto la gravidanza ed avrebbero spiegato la presenza del bambino, dicendo che era stato abbandonato e trovato nel bosco dove i servitori del padre di Eretria si recavano a raccogliere legna.

Il bambino nacque in una notte in cui le stelle e la luna avevano nascosto la loro luce all’umanità, riparandosi dietro nuvoloni neri che promettevano pioggia, ed il vento gelido soffiava insinuandosi anche tra le vesti dei viandanti cosicché nessuno potesse proteggersi da esso.

Eretria diede l’ultima spinta, il bambino era nato, iniziò a piangere e, nello stesso istante, un colpo di vento spalancò la finestra della camera dove il bambino si trovava, un lampo squarciò il cielo, la potenza del tuono si liberò e la violenza della pioggia iniziò a percuotere la terra. Eretria, prima di svenire avvinta dalla stanchezza del parto, disse: «Il suo nome sarà Fixius.»

Il bambino crebbe, i servi della casa, la gente del villaggio seppero da sempre che era un trovatello accolto in quella casa e che era diventato come un fratellino per Eretria, rivelando molta perspicacia ed intelligenza, aveva sicuramente i lineamenti del padre anche se la ragazza non lo ricordava così, l’unica cosa che riconosceva uguale era quello sguardo avvolgente che incuteva terrore. Quel terrore che la pervadeva e non l’aveva mai abbandonata, anzi, tornava ogni volta che incontrava lo sguardo del bambino, fino a diventare indomabile durante i festeggiamenti per il sesto compleanno di Fixius.

Come ogni anno era stato organizzato un ricevimento nel salone della casa, erano stati invitati parenti ed amici che si divertirono tutta la sera. Vicino la chiusura dei festeggiamenti ognuno, prima di andare via, consegnò il proprio dono al festeggiato.

Lo zio Percival ansioso aspettava il proprio turno e, finalmente arrivato, si avvicinò per omaggiare il bimbo di un gioco ricavato dal legno, un ragno. «Con questo nessuna bambina vi sfuggirà. Le farete sbiancare tutte di paura» disse sorridendo.

«Zio, divertiamoci… veramente» rispose Fixius. Il bambino posò lo sguardo sul ragno, esso iniziò a muoversi procurando con una puntura letale la morte dello zio che stramazzò inerme al suolo, Fixius poi prese il ragno e se lo pose su una spalla.

Il panico scoppiò tra gli invitati che incominciarono a correre all’impazzata, cercando l’uscita e grida di terrore si alzarono da quella folla in fuga: «Il Male è in questa casa! Il bimbo è suo prigioniero!»

Intanto Eretria pietrificata dal terrore era rimasta immobile a guardare quel corpo senza vita, ed il figlio che sembrava divertito da quello che stava succedendo, mentre una voce diventava sempre più insistente nella sua testa: «Fuggite verso il Granducato di Lot con mio figlio, poiché adesso è pronto per incontrare Honorius, colui che ho scelto come suo maestro, guidatelo, accompagnatelo.»

«No! Honorius mai!» gridò la ragazza. «Fixius, dovete andare, fuggite o morirete. Io non posso venire con voi.» Eretria, compiendo un gesto disperato per il bene del figlio, corse verso la finestra e si gettò nel vuoto.

«Madre, no!» gridò Fixius, mentre delle mani sconosciute lo afferrarono trascinandolo via tra la folla che gridava: «Bruciatelo! Al rogo!»

Fu legato ad un palo e venne appiccato il fuoco, le fiamme immediatamente si sollevarono ma, prima che lambissero le sue vesti, sentì che le funi strette intorno ai polsi per bloccarlo al palo venivano sciolte da mani invisibili, ed udì una voce che si diffuse nell’aria: «Andate, Fixius, siete libero, le fiamme non vi assaliranno, io le controllo, fuggite lontano in direzione del sole che tramonta, vi guiderò al luogo ove potrete esternare chi voi siete veramente e forse un giorno c’incontreremo.»

Poi rivolta alla folla: «Chiunque tenterà di fermare il ragazzo morirà tra le fiamme.» Fixius, senza provare alcuno stupore e paura si tuffò tra le fiamme e corse ad Ovest.

Per i successivi due anni vagò da solo tra i monti e i boschi, imparando a scoprire i suoi poteri: far cessare la pioggia, oscurare il sole dietro le nuvole, bloccare o variare il corso dei ruscelli, cacciare con le mani, piegare la volontà degli animali più feroci e velenosi, uccidere con la forza del pensiero. Gli piaceva tutto questo ma non riusciva a capire perché possedesse questo potere, perché era stato costretto a vagare da solo, perché sua madre era morta, perché aveva provato piacere ad uccidere lo zio, perché avrebbe voluto rifarlo e perché lo aveva rifatto. Alle sue domande trovò risposta qualche notte dopo.

Fixius aveva trovato riparo per la notte in una grotta e lì stava riposando, quando fu svegliato da una voce di donna: «Fixius, svegliatevi, devo parlarvi… non ho molto tempo.»

Si svegliò disturbato da quella voce e con gli occhi ancora posseduti dal sonno, cercò di mettere a fuoco quell’immagine che aveva accanto: era una donna esile, la sua pelle era del colore della morte ed i suoi occhi erano circondati da marcate occhiaie nere; dalla sua schiena si dipartivano due grandi ali nere simili a quelle di un pipistrello e lunghissimi capelli neri le ricoprivano le nudità arrivandole fino ai piedi. Fixius la riconobbe: «Madre… madre… cosa vi è successo?»

«Fixius» disse lo spettro «ho indossato il mio aspetto mortale e colui che regge il mondo dell’Ade mi ha permesso questa sortita, affinché vi spiegassi ciò che vi accadrà. Voi siete diverso da tutti gli uomini che popolano questa terra, e come tale non potete vivere come un Umano; voi siete l’estensione del Male ed imparerete a servirlo. Vi recherete a Lot, che si trova a due giorni di cammino da qui, troverete dei Cavalieri Neri ad attendervi che vi condurranno da Honoris, lui sarà il vostro maestro.» Poi scomparve ed il ragazzo scivolò in un torpore profondo fino alle prime luci dell’alba.

Fixius si risvegliò ricordando la strana visione avuta durante la notte precedente. Riprese il cammino e al tramonto del secondo giorno improvvisamente dall’oscurità si materializzò sua madre: «Seguiteli, Fixius.» Scomparve e al suo posto apparvero tre uomini a cavallo, ombre rivestite di cenci che scortarono Fixius oltre le porte del Granducato di Lot.

Le strade erano vuote, la tranquillità notturna la faceva da padrona; da quella che sembrava la piazza imboccarono la strada che li condusse ai monti dove si trovavano le Caverne di Lot.

Qui uomini vestiti da tuniche nere stavano riuniti intorno ad un grande fuoco; quando lo videro arrivare uno di essi si alzò e gli andò incontro. «Siete Fixius?» domandò.

«Sì» rispose. «Siete Honorius?» Un sorriso maligno gli sfiorò le labbra.

«Siete ambizioso, ragazzo, mi spiace deludervi, sono solo lo Shalafi dei Maghi Neri ma, se imparerete tutto ciò che ho da insegnarvi, forse un giorno lo incontrerete.»

Fixius divenne un Mago Nero e col tempo imparò a vivere tra quei monti, studiò ed imparò ad interpretare i principi della magia nera e a controllare quei poteri di cui conosceva l’esistenza dentro di sé. Ma ciò che gli importava veramente era d’incontrare Honorius, infatti rifuggiva ogni tipo di rapporto con la popolazione e pian piano iniziava a manifestarsi indifferente ai rapporti con i suoi confratelli, non perdeva occasione di lanciare incantesimi malvagi tra la folla ed aggredire fisicamente gli abitanti del Granducato.

La sua sete di conoscenza, la continua ricerca del controllo della natura e del potere magico uniti alla sua bramosia, lo fecero impazzire fino al punto che, dopo che minacciò di morte lo Shalafi, i Maghi lo allontanarono dalla Confraternita.

Per molto tempo Fixius girò per Lot come un pazzo invasato alla ricerca di quello che solo lui credeva di riuscire a trovare. Il numero dei suoi nemici cresceva di giorno in giorno ed aumentava il numero dei tranelli e delle imboscate ai suoi danni, finché una notte l’inevitabile: il Principe Cratere riuscì a trattenerlo alle Caverne e ad ucciderlo a colpi di scure al petto e, insieme a lui, venne uccisa anche la sua demoniaca tigre Shakyra, la cui pelle rimase in custodia di Lady Aroree.

Una volta morto, il corpo di Fixius fu portato in una radura segreta conosciuta solo dall’allora Governatore Supremo Astarte, protetto ed incatenato al suolo. Nonostante le precauzioni prese però, i Necromanti con l’aiuto dei Cavalieri Neri ma contrastati dai Paladini che tentarono di opporsi alla resurrezione, riuscirono a farlo risorgere ma proprio durante lo scontro, un Orco approfittò del trambusto creatosi e rapì Fixius portandolo da Honorius. Non si seppe più nulla di lui fino a quando comparve trasformato nel corpo e nella mente in un Orco Sciamano dai poteri inimmaginabili.

A prima vista utilizza come arma, un coltello di pietra chiamato Keef con cui egli raccoglieva erbe o altro, sembrava un innocuo coltellino ma in realtà era mortale, chiunque graffiato o colpito da esso moriva, poiché non si conosceva l’antidoto per il veleno da cui era ricoperto.

Non solo, Fixius aveva il potere di trasformarsi o trasformare gli altri in animali, sbriciolare le armi con lo sguardo, pietrificare le persone, controllare la mente di chi lui desiderava e di chi al momento gli può essere utile, formare sue copie olografiche identiche, tutti skills contro cui è quasi praticamente impossibile combattere. Chi abbiamo di fronte dunque?

Ci troviamo di fronte ad un essere che finalmente, dopo una lunga ricerca, è riuscito nel suo intento: attraverso Honorius ha avuto il potere tanto agognato ed è quindi grato al suo padrone e non si fermerà davanti a nulla e a nessuno; una personalità schizoide con chiari segni di delirio d’onnipotenza… tutto questo, unito al suo immenso potere, ha creato un essere pericolosissimo.Data la lunghezza dell’articolo, il post è stato diviso in più pagine:

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