Mitologia Greca (Età degli Dèi)

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Data di pubblicazione: 22 Settembre 2011 ©Giardino delle Fate

★ Età degli Dèi e degli Eroi ★

La Mitologia dei popoli Greci non è stata un “corpus” immobile ed immutabile, ma nel corso del tempo è cambiata, adeguandosi all’evoluzione della loro cultura. I primi abitanti della penisola balcanica erano un popolo di agricoltori che tendeva ad attribuire il dominio di uno Spirito ad ogni aspetto della Natura. Queste vaghe entità spirituali finirono per assumere un aspetto umano, ed entrarono a far parte della mitologia locale con il ruolo di Dèi e Dee.

Quando la zona venne invasa da tribù provenienti dal Nord della penisola, queste popolazioni portarono con sé il culto di nuove e diverse divinità, che erano in relazione con la conquista, la forza, il valore in battaglia, l’eroismo e la violenza. Alcune delle vecchie divinità create dalla precedente società rurale, fusero i propri aspetti con quelle portate da questi potenti invasori, ed altre finirono per essere soppiantate e dimenticate.

In periodi successivi, dapprima i poeti Alessandrini e poi i mitografi della prima età imperiale romana adattarono spesso, adeguandoli alla loro cultura, la storia dei personaggi della Mitologia Greca.

La poesia epica e genealogica creò dei cicli di leggende che si raggruppavano attorno alla figura di determinati eroi, o che sviluppavano la storia di alcuni eventi. In questo modo si spiegavano inoltre le relazioni familiari e le discendenze di eroi che figuravano in leggende diverse, finendo per riordinare le leggende stesse in una successione abbastanza stabile. In seguito all’incremento dell’abitudine al culto degli eroi, gli Dèi e gli eroi finirono per far parte di un unico immaginario sacro, venendo invocati insieme nei giuramenti e nelle preghiere.

Contrariamente a quanto accadde durante l’Età degli Dèi, nel corso dell’età eroica il numero degli eroi non rimase fisso e non vi fu mai un loro elenco definitivo: mentre non si parlava più della nascita di nuovi grandi Dèi, eroi nuovi continuavano a sorgere nel corpus leggendario. Un’altra importante differenza tra i due culti è che l’eroe locale diventava il centro dei culti locali, e le popolazioni delle varie zone e città si identificavano in esso.

Le grandiose avventure di Eracle, secondo molti rappresentano l’inizio dell’Età degli Eroi. A quest’epoca può essere senz’altro attribuita anche la creazione dei miti di tre grandi leggendarie imprese militari: la spedizione degli Argonauti, la guerra di Troia e la guerra Tebana. La poesia epica, creando questa serie di cicli di leggende, sviluppò una qualche forma di cronologia mitologica: in questo modo le storie narrate dalla Mitologia Greca finirono praticamente per narrare una fase dell’evoluzione del mondo e dell’uomo.

Verso la metà dell’epoca Arcaica divennero sempre più frequenti leggende riguardanti le relazioni tra divinità maschili ed eroi, fatto che indica il parallelo sviluppo in questo periodo dell’abitudine della pederastia pedagogica (Eros paidikos, παιδικός ἔρως), sebbene la pratica si sia largamente diffusa attorno al 630 a.C. Entro la fine del V secolo a.C. i poeti avevano attribuito un eromenos ad ognuno degli Dèi più importanti, eccettuato Ares, e a molti altri personaggi leggendari. Anche miti precedentemente esistenti, come quello di Achille e Patroclo, furono riletti in chiave omosessuale.

Le molte contraddizioni evidenti tra le varie leggende rendono impossibile ricostruire una linea cronologica completa, ma se ne può almeno abbozzare una approssimativa. Si può dividere la storia del mondo secondo la Mitologia in tre ampi periodi:

  1. I miti delle originiovvero “L’Età degli Dèi” (Theogonies, “nascite degli Dèi”) – Si tratta di miti riguardanti le origini del mondo, degli Dèi e della razza umana.
  2. L’epoca in cui gli Dèi e gli uomini vivevano insieme liberamente– Racconti delle prime interazioni tra Dèi, semidèi e mortali.
  3. L’epoca degli eroiovvero “L’Età Eroica” – In questo periodo gli Dèi erano meno attivi e meno presenti. Le ultime e più importanti tra le leggende di questo periodo sono quelle legate alla Guerra di Troia e agli avvenimenti successivi (alcuni studiosi tendono a considerarle in una categoria a parte).

L’epoca degli Dèi è stata spesso considerata la più interessante dagli studiosi contemporanei, ma gli autori Greci delle epoche arcaica e classica, mostrano invece una spiccata preferenza per l’epoca degli eroi.

Ad esempio l’Iliade e l’Odissea, per il successo riscosso e le stesse dimensioni dei testi, fecero apparire la Teogonia e gli Inni Omerici, le cui narrazioni erano incentrate sugli Dèi, come delle opere minori.

Sotto l’influenza delle opere di Omero il “culto degli eroi” portò ad una revisione di alcune concezioni religiose, che si tradusse nella separazione tra il regno degli Dèi da quello dei morti (gli eroi), e tra le divinità olimpiche e quelle ctonie.

Ne Le opere e i giorni, Esiodo si serve dello schema delle quattro Età dell’Uomo: L’Età dell’Oro, dell’Argento, del Bronzo e del Ferro. Queste età sono state create dagli Dèi separatamente: l’Età dell’Oro si riferisce al regno di Crono, mentre quelle successive sono opera di Zeus. Esiodo pone l’Età degli Eroi subito dopo quella del Bronzo.

L’ultima, quella del Ferro, è quella in cui viveva il poeta stesso. Egli la considera la peggiore, in quanto nel mondo ha fatto la sua comparsa il male, come viene spiegato dal mito di Pandora.

Nella sua opera Le Metamorfosi, Ovidio segue lo stesso schema delle quattro Età introdotto da Esiodo.

Cosmogonia e Cosmologia
“I miti dell’origine”, o “miti della creazione”, rappresentano un tentativo di tradurre l’Universo in termini comprensibili all’uomo e di spiegare l’origine del mondo. Come sopra anticipato, il racconto tradizionalmente più diffuso ed accettato sugli inizi del mondo, è quello narrato nella Teogonia di Esiodo.

Tutto comincia con il Caos, un enorme ed indistinto nulla. Dal vuoto del Caos apparve Gea (la Terra) con alcune altre divinità primordiali: Eros (l’Amore), l’Abisso (il Tartaro) e l’Erebo (l’Oscurità).

Gea, senza la collaborazione di alcuna figura maschile, generò Urano (il Cielo), che una volta nato la fecondò. Dalla loro unione per primi nacquero i Titani, sei maschi e sei femmine: Oceano, Ceo, Crio, Iperione, Giapeto, Teia, Rea, Temi, Mnemosine, Febe, Teti e Crono. Poi nacquero i monocoli Ciclopi (Bronte, Sterope ed Arge) e gli Ecatonchiri (Briareo, Gige e Cotto) dalle cento mani.

Crono, “l’astuto più giovane e terribile dei figli di Gea”, evirò il padre e divenne il sovrano degli Dèi, prendendo come moglie la sorella Rea, mentre gli altri Titani andarono a comporre la sua corte. Da Rea ebbe diversi figli che, per paura che lo spodestassero, egli mangiò uno ad uno. Ma non il più piccolo, Zeus, che Rea riuscì a nascondere affidandolo alle cure della capra Amaltea, e che sostituì con una pietra ravvolta in fasce e in panni.

Crono, ignaro della sostituzione, ingoiò quello che credeva l’ultimo dei suoi figli. Una volta adulto Zeus affrontò suo padre e lo costrinse a bere un farmaco che gli fece vomitare tutti i figli che aveva divorato, infine lo sfidò scatenando una guerra per il trono degli Dèi. Alla fine, con l’aiuto dei Ciclopi (che aveva liberato dal Tartaro), Zeus e i suoi fratelli e sorelle riuscirono ad avere la meglio, mentre Crono ed i Titani furono gettati a loro volta nel Tartaro e lì imprigionati.

Nell’opinione dei primi antichi Greci che si occuparono di poesia, la “teogonia” era considerata un prototipo poetico, il prototipo del “mito”, e non si era lontani dall’attribuirle poteri magici. Orfeo, l’archetipo del poeta, era considerato anche il primo compositore di teogonie, delle quali nelle Argonautiche di Apollonio si serve per placare i mari e le tempeste, e per commuovere gli induriti cuori degli Dèi dell’oltretomba durante la sua discesa nell’Ade.

La teogonia fu il soggetto di molti poemi andati perduti (tra cui quelli attribuiti ad Orfeo, Museo, Epimenide, Abaride e ad altri leggendari cantori) che venivano usati nel corso di segreti rituali di purificazione e riti misterici.

La Teogonia di Esiodo non è soltanto la più completa descrizione delle leggende sugli Dèi giunta fino a noi ma è anche, grazie alla lunga invocazione preliminare alle Muse, una fondamentale testimonianza di quale fosse il ruolo del poeta durante l’epoca arcaica.

Altra importante teogonia fu quella di Orfeo, ma non vi sono scritti del poeta che ne testimoniano l’esistenza, anche se alcuni indizi suggeriscono che Platone conoscesse bene alcune versioni della teogonia Orfica: di queste opere non restano che pochi frammenti all’interno di citazioni dei filosofi Neoplatonici, e su alcuni brandelli di papiro rinvenuti solamente da poco, nel corso di scavi archeologici.

Uno di questi frammenti, il Papiro Derveni, prova come almeno nel V secolo a.C. un poema teo-cosmogonico attribuito ad Orfeo esistesse realmente. In questo poema, che tentava di superare il valore di quello di Esiodo, la genealogia divina veniva ampliata con l’aggiunta di Nyx (la Notte), che nella linea temporale andava a posizionarsi prima di Urano, Crono e Zeus.

Nella teogonia di Omero la terra è concepita come un disco piatto che galleggia sul fiume Oceano, sovrastato da un cielo emisferico su cui si muovono il sole, la luna e le stelle. Il sole, Helios, attraversava i cieli alla guida del suo carro, mentre di notte si pensava che esso si spostasse attorno alla terra riposando in una coppa d’oro. Il sole, la terra, il cielo, i fiumi e i venti potevano essere oggetto di preghiere e chiamati a testimoni di giuramenti. Le cavità naturali erano generalmente interpretate come degli ingressi verso il mondo sotterraneo dell’Ade, la casa dei morti.
OlimpiDopo la cacciata dei Titani, emerse un nuovo pantheon composto da Dèi e Dee. Tra le principali divinità greche spiccano gli Olimpi (la determinazione del loro numero a dodici sembrerebbe un’idea relativamente moderna), che risiedevano sulla cima del Monte Olimpo, sotto la guida di Zeus.

Oltre agli Olimpi, i Greci venerarono diverse divinità agresti come il Dio Pan, le Ninfe, le Naiadi (che abitavano le sorgenti), le Driadi (che dimoravano negli alberi), le Nereidi (abitatrici dei mari), gli Dèi fluviali, i Satiri e molte altre. Oltre a queste, esistevano le oscure forze del mondo sotterraneo come le Erinni (o Furie), che si credeva perseguitassero chi avesse commesso crimini contro i propri consanguinei.

Nei moltissimi miti e leggende di cui si compone la Mitologia Greca, le divinità sono descritte come esseri dotati di un corpo idealizzato ma assolutamente reale. Secondo Walter Burkert la caratteristica qualificante dell’antropomorfismo greco è che “gli Dèi greci sono persone, non astrazioni, idee o concetti”.

Al di là del loro aspetto, gli antichi Dèi greci erano dotati di fantastiche capacità; tra le più significative c’era l’immunità verso qualsiasi tipo di malattia, e il poter essere feriti solo se si fossero verificate alcune circostanze straordinarie. I Greci pensavano che l’immortalità fosse una caratteristica distintiva dei loro Dèi, ed era assicurata loro, al pari dell’eterna giovinezza, dal costante consumo di nettare ed ambrosia, che rinnovavano il sangue divino che scorreva nelle loro vene.

Ogni Dio ha la propria genealogia, persegue i propri scopi ed interessi, è dotato di specifiche capacità e possiede una personalità unica e chiaramente distinguibile da quelle degli altri, tuttavia queste descrizioni provengono da diverse varianti locali delle leggende, e queste varianti talvolta sono in contrasto tra di loro.

Quando questi Dèi venivano invocati nei componimenti poetici, nelle preghiere o durante i rituali di culto, ci si rivolgeva loro combinando il loro nome con uno o più epiteti, che distinguevano le varie forme in cui gli Dèi stessi si potevano manifestare (ad esempio Apollo Musagetes indica “Apollo la guida delle Muse“).

La maggior parte degli Dèi era associata ad aspetti specifici della vita. Ad esempio, Afrodite era la Dea dell’Amore e della Bellezza, Artemide Dea della Caccia, della Luna e protettrice di animali, Ares della Guerra, Ade dei morti e del sottosuolo, ed Atena della Saggezza e delle Arti. Alcune divinità, come Apollo e Dioniso, mostravano personalità complesse e si occupavano di vari aspetti della vita, mentre altre, come Estia o Helios, erano poco più che mere personificazioni.

I templi greci più suggestivi e solenni furono dedicati perlopiù ad un ristretto numero di Dèi, quelli il cui culto era centrale nella religiosità panellenica. Era comunque comune che singole regioni o villaggi fossero particolarmente devoti anche a divinità minori considerate le loro protettrici. Inoltre, in molte città il culto delle divinità più note era praticato seguendo particolari rituali locali, che li associavano a strane leggende altrove del tutto sconosciute.

Durante l’età eroica, il culto degli eroi e dei semidèi si affiancò a quello delle divinità principali.

❈ L’Età degli Dèi e degli Uomini ❈

Tra l’età in cui gli Dèi vivevano soli e quella in cui gli interventi divini negli affari umani diventarono limitati, ci fu un’epoca di transizione nella quale Dèi ed uomini agivano fianco a fianco. Ciò accadde durante tempi immediatamente successivi alla Creazione del mondo, in cui i due gruppi si unirono con molta più libertà di quanto non abbiano fatto in seguito.

I racconti di queste vicende, la maggior parte dei quali fu successivamente riportata nelle Metamorfosi di Ovidio, possono essere suddivisi in due categorie tematiche: i racconti d’amore e i racconti delle punizioni.

I racconti d’amore spesso narrano di incesti, oppure della seduzione o dello stupro di una donna mortale da parte di una divinità maschile, unioni dalle quali discendono gli eroi. L’insegnamento di queste storie generalmente è che le relazioni tra Dèi e mortali, sono qualcosa da cui è meglio tenersi alla larga, in quanto anche le relazioni consensuali raramente terminano con un lieto fine.

In alcuni casi è una divinità femminile che si accoppia con un mortale, come accade nell’Inno Omerico ad Afrodite, in cui la Dea giace con Anchise per generare Enea. Le nozze di Peleo e Teti, che conducono alla nascita di Achille, costituiscono un altro mito di questo secondo tipo.

I racconti delle punizioni ruotano perlopiù attorno al furto o all’invenzione di alcune importanti scoperte culturali, come quando Prometeo ruba il fuoco agli Dèi, quando Tantalo sottrae il nettare e l’ambrosia dalla tavola di Zeus e li dà ai suoi sudditi rivelando loro i segreti degli Dèi, quando Prometeo o Licaone inventano i sacrifici, quando Demetra insegna i segreti dell’agricoltura e i Misteri Eleusini a Trittolemo, o quando Marsia inventa il flauto e sfida Apollo in una gara di abilità musicale.

Un frammento di papiro anonimo, che si fa risalire al III secolo a.C., racconta in modo molto vivido la punizione che Dioniso infligge al re di Tracia Licurgo, che aveva riconosciuto il Dio con colpevole ritardo, ricevendone pene terribili che si sarebbero protratte anche nell’aldilà.

La storia dell’arrivo di Dioniso in Tracia per fondarvi il proprio culto fu anche il soggetto di una trilogia tragica di Eschilo. In un’altra tragedia, Le Baccanti di Euripide, il re di Tebe Penteo viene punito da Dioniso perché gli ha mancato di rispetto ed ha spiato le sue Menadi.

Data la lunghezza dell’articolo, il post è stato diviso in più pagine:


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