Mitologia Greca (Età degli Dèi)

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Data di pubblicazione: 22 Settembre 2011 ©Giardino delle Fate

✽ La Guerra di Troia ✽

La Mitologia Greca raggiunge il suo momento più significativo con la Guerra di Troia, combattuta tra Greci e Troiani, e le vicende ad essa successive. Le linee principali di questo Ciclo di leggende furono tratteggiate da Omero, mentre in epoche successive altri poeti e drammaturghi elaborarono e svilupparono le storie di vari singoli personaggi.

Grazie alla storia del principe troiano Enea, narrata da Virgilio nell’Eneide, la Guerra di Troia finì per rivestire una certa importanza anche nella mitologia romana.

Il Ciclo della Guerra di Troia, una raccolta di poemi epici, inizia con il racconto degli eventi che fecero da prodromi alla guerra stessa: tra questi le leggende di Eris e la mela d’oro, del giudizio di Paride, del rapimento di Elena, e del sacrificio di Ifigenia in Aulide. Per riprendere Elena i Greci organizzano una grande spedizione militare sotto il comando del fratello di Menelao, il re di Micene Agamennone, ma i Troiani rifiutano di restituire la donna.

guerra di troia

L’Iliade, ambientata durante il decimo anno di guerra, racconta della lite tra Agamennone ed Achille, il migliore dei guerrieri Greci, e delle conseguenti morti in battaglia dell’amico di Achille, Patroclo, e di Ettore, il figlio maggiore del re troiano Priamo. Dopo la morte di Ettore, alle forze troiane si uniscono due esotici alleati: la regina delle Amazzoni Pentesilea ed il re degli Etiopi Memnone, figlio della Dea dell’Aurora Eos.

Achille li uccide entrambi, ma Paride riesce a sua volta ad uccidere l’eroe greco con una freccia. Prima di poter conquistare la città, i Greci sono costretti a rubare dall’acropoli di Troia la statua di Atena, il Palladium. Alla fine, con l’aiuto della Dea, costruiscono il celebre cavallo di legno che i Troiani, nonostante gli avvertimenti della profetessa Cassandra e del sacerdote Laocoonte, persuasi da Sinone che si finge un disertore greco, portano entro le mura come offerta ad Atena.

La notte la flotta greca ritorna in segreto, ed i guerrieri nascosti nel cavallo aprono le porte della città. La guerra è vinta, la città viene saccheggiata: Priamo ed i suoi figli rimasti vengono uccisi, mentre le donne di Troia vengono catturate come bottino di guerra e portate in Grecia in schiavitù.

Gli avventurosi viaggi di ritorno dei capi dei greci sono narrati in due poemi epici, i Ritorni e l’Odissea di Omero. Il Ciclo delle leggende relative alla Guerra di Troia include anche le avventure di alcuni dei figli degli eroi, come Telemaco ed Oreste.

La Guerra di Troia fornì una notevole quantità di spunti per gli artisti delle epoche successive, e fu fonte di ispirazione per opere come le metope del Partenone, che rappresentano appunto scene tratte dal saccheggio della città; questa predilezione mostra piuttosto chiaramente l’importanza che questo Ciclo di storie ebbe per l’antica Civiltà Greca.

✾ Razionalismo e scetticismo sui Miti Greci ✾

Durante l’epoca ellenistica, la conoscenza della Mitologia cominciò ad essere considerata come un segno di profonda cultura e, chi ne fosse stato in possesso, come appartenente ad una classe sociale e culturale elevata. Allo stesso tempo, la virata verso un approccio scettico nei suoi confronti divenne ancor più accentuata.

Il mitografo greco Eumero inaugurò l’abitudine di ricercare le basi storiche e reali a cui far risalire l’origine degli antichi miti. La razionalizzazione dell’ermeneutica del mito fu un procedimento che diventò ancora più popolare in epoca imperiale romana, grazie alle teorie materialiste dei filosofi stoici ed epicurei.

Gli stoici spiegavano gli Dèi e gli eroi come interpretazioni fantasiose di fenomeni naturali, mentre gli Evemeristi li vedevano come adattamenti di figure storiche.

Gli stoici e i neoplatonici valorizzavano però anche il significato morale posseduto dalle tradizioni mitologiche, spesso basandosi sull’etimologia dei nomi greci. Lucrezio, con il suo insegnamento ispirato alla filosofia epicurea, tentò di estirpare le paure dettate dalla superstizione derivante dalla mitologia dalle menti dei suoi concittadini. Anche Tito Livio si mostra scettico nei confronti della tradizione mitologica, ed afferma che non intende dare giudizi su queste leggende (fabulae).

Per i Romani, caratterizzati di un forte senso religioso e dalla tendenza al mantenimento delle tradizioni, la sfida consisteva nel riuscire a difendere le tradizioni stesse, ammettendo al contempo che spesso si trattava di storie che fornivano terreno fertile allo sviluppo di mere superstizioni.

L’erudito Marco Terenzio Varrone, che considerava la religione come un’istituzione umana di grande importanza per la conservazione del bene sociale, studiò a lungo e con rigore le origini dei culti religiosi. Nella sua opera Antiquitates rerum divinarum (opera andata perduta ma della quale La città di Dio di Sant’Agostino riporta lo schema generale), Varrone sostiene che: mentre le persone superstiziose temono gli Dèi, chi è dotato di un vero sentimento religioso li venera come fossero i propri genitori.

Con il suo lavoro, egli individua tre tipi di divinità:

✾ Gli Dèi della Natura: personificazioni dei fenomeni naturali come la pioggia ed il fuoco

✾ Gli Dèi dei Poeti: inventati da cantori senza troppi scrupoli per accendere le passioni

✾ Gli Dèi della Città: inventati da saggi legislatori per lusingare e fornire spiegazioni alla popolazione

Anche Cicerone si mostra generalmente sprezzante verso i miti ma, come Varrone, sostiene con entusiasmo la religione di stato e le sue istituzioni.

È difficile dire con sicurezza fino a quale gradino della scala sociale si fosse diffuso questo atteggiamento razionalista: Cicerone afferma che nessuno (neppure le vecchie e i bambini) è così folle da temere i mostri dell’Ade, Scilla, i Centauri o altre simili creature ma, d’altra parte, in alcuni altri passi l’oratore si lamenta del carattere superstizioso e credulone del popolo.

Nel corso dell’epoca romana, inoltre, fa la sua comparsa la tendenza da parte di alcuni strati di popolazione, a fondere tra loro varie divinità greche e straniere, dando così origine a nuovi e sostanzialmente irriconoscibili culti. Questo processo di sincretizzazione era dovuto innanzitutto al fatto che la mitologia romana originale era alquanto scarna, ed aveva inglobato in sé buona parte delle tradizioni mitologiche greche: in questo modo si può dire che già le maggiori divinità romane erano fuse con quelle greche.

Oltre a questa precedente combinazione delle due tradizioni, l’accostarsi della civiltà romana ad ulteriori forme di religiosità di origine orientale portò a nuove contaminazioni e sincretismi. Ad esempio, il culto del Sole fu introdotto a Roma dopo le vincenti campagne militari di Aureliano in Siria. Le divinità asiatiche Mitra (ovvero il Sole) e Baal, finirono per essere fuse con Apollo ed Helios, dando vita al culto del Sol Invictus, che riunisce riti ed attributi diversi.

Apollo tendenzialmente venne sempre più identificato con il sole, o talvolta anche con Dioniso, ma i testi scritti che riportano i miti a lui legati raramente tengono conto di questi sviluppi. La letteratura mitologica tradizionale era sempre più lontana da quelli che erano i culti in realtà praticati.

Anche la raccolta degli Inni Orfici e i Saturnali di Macrobio, risalenti al II secolo, sono influenzati dalle teorie razionaliste e dalle tendenze sincretistiche. Gli Inni Orfici sono una raccolta di componimenti poetici di epoca preclassica attribuiti ad Orfeo, a sua volta oggetto di un mito mutato e rinnovato.

In realtà questi poemetti furono composti da molti poeti diversi, e contengono molti interessanti riferimenti alla mitologia europea di epoca preistorica.

✦ Nell’Arte e nella Letteratura Occidentale ✦

L’amplissima diffusione del Cristianesimo non ostacolò comunque la popolarità dei miti. Con la riscoperta dell’antichità classica avvenuta nel Rinascimento, le poesie di Ovidio divennero una delle fonti di ispirazione principali per poeti, drammaturghi, musicisti ed artisti.
Nascita-di-Venere A partire dai primi anni dell’epoca rinascimentale, artisti come Leonardo da Vinci, Michelangelo e Raffaello, ritrassero scene pagane tratte dalla Mitologia Greca insieme a più convenzionali temi cristiani. Attraverso le traduzioni e le opere in latino, i miti greci influenzarono in Italia anche poeti come Petrarca, Dante e Boccaccio.

Nel Nord dell’Europa, la Mitologia Greca non ebbe la stessa influenza nelle arti figurative, ma i suoi effetti furono evidenti in ambito letterario. L’immaginario inglese ne fu permeato a partire da Geoffrey Chaucer e John Milton, per continuare con William Shakespeare e con Robert Bridges nel XX secolo.

In Francia e Germania, Racine e Goethe riportarono in auge il dramma greco, rielaborando i miti antichi. Nonostante che nel XVII secolo, l’età dell’Illuminismo, vi sia stata una reazione di rigetto nei confronti dei miti greci, questi continuarono a rappresentare una fonte di materiali da rielaborare per i drammaturghi, tra i quali gli autori dei libretti di molte delle opere di Händel e di Mozart.

Alla fine del secolo l’avvento del Romanticismo segnò uno scoppio di entusiasmo e di attenzione per tutto ciò che era greco inclusa, ovviamente, la mitologia. In Inghilterra le nuove traduzioni di Omero e delle tragedie classiche ispirarono poeti come Tennyson, Keats, Byron e Shelley.

In epoche più recenti i temi classici sono stati reinterpretati da drammaturghi come Jean Cocteau e Jean Giraudoux in Francia, Eugene O’Neill in America e Thomas Stearns Eliot in Inghilterra, oltre che da romanzieri come James Joyce ed André Gide.


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