Odysseus, l’Eroe (Ulisse)

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Data di pubblicazione: 23 Settembre 2011 ©Giardino delle Fate

❖ Suddivisione dei 24 libri ❖

La suddivisione in ventiquattro libri risale alla redazione dei filologi alessandrini, i quali suddivisero i due poemi omerici in 24 capitoli, ed assegnarono ad ogni capitolo una lettera dell’alfabeto greco (composto da 24 lettere, appunto), sia per l’Odissea che per l’Iliade. All’interno dei ventiquattro libri dell’Odissea, possiamo distinguere cinque nuclei tematici principali:

Libro I – Libro IV

Si descrive la situazione determinatasi ad Itaca in assenza di Odisseo e si narra la cosiddetta “Telemachìa”, ovvero il viaggio del figlio di Odisseo, Telemaco, a Pilo, presso il re Nestore, e successivamente a Sparta, presso Menelao ed Elena, i quali alla fine si sono riconciliati. Telemaco viene convinto ad andare a Pilo e a Sparta dalla Dea Atena, che ha ottenuto il consenso indispensabile del padre degli Dèi, Zeus. In questa sezione Odisseo è solo accennato dagli Dèi nel loro concilio.

Libro V – Libro VII

Sono occupati dalla “Feacide”, che narra il naufragio di Odisseo nell’isola di Scheria, abitata appunto dai Feaci. La causa del naufragio è stata Poseidone, uno dei più accaniti antagonisti di Odisseo. Nella “Feacide”, inoltre, non viene soltanto narrato il naufragio di Odisseo, ma anche la sua permanenza presso i Feaci ed il loro re, Alcinoo.

Libro VIII – Libro XII

Occupati dai cosiddetti “Apologhi presso Alcinoo” (altrimenti detti μῦθοι, mythoi, racconti): nella notte del ventitreesimo giorno dall’inizio del poema, Odisseo narra ad Alcinoo e alla sua corte tutte le sue peripezie e le sue avventure per mare, allo scopo di giungere in patria. Gli “Apologhi presso Alcinoo”, pertanto, costituiscono un’analessi (o flash-back), un salto indietro nel tempo in cui vengono narrati fatti precedentemente accaduti.

Libro XIII – Libro XXIII

Accompagnato dai Feaci, impietositi dalla triste storia di Odisseo e dalle sue disavventure, il protagonista sbarca sulla costa della tanto agognata Itaca. Il poema, però, non è ancora finito. Infatti, inizia ora la seconda macrosequenza del poema, quella che narra la vendetta sui Proci da parte di Odisseo, che si è riconciliato con il figlio Telemaco nella tenda del fedele servo Eumeo.
Una volta attuata la vendetta sui Proci e sui servi infedeli, Odisseo torna a regnare felicemente su Itaca con la fedele moglie Penelope.

Libro XXIV

Ultimo libro, costituito da una sorta di “riepilogo”, che elabora un quadro generale della vicenda.

✧ La Storia (compendio dell’Opera) ✧

Il poema è uno dei Nostoi (Nόστοι, “ritorni”), i poemi greci del ciclo epico che descrivevano il ritorno degli eroi Achei in patria, dopo la distruzione di Troia.

Telemaco, il figlio di Odisseo, era ancora un bambino quando suo padre era partito per la Guerra di Troia. Al momento in cui la narrazione dell’Odissea ha inizio, dieci anni dopo che la guerra stessa è terminata, Telemaco è ormai un uomo di circa vent’anni, condivide la casa paterna con la madre Penelope e, suo malgrado, con un gruppo di uomini arroganti, i Proci, che intendono convincere Penelope ad accettare il fatto che la scomparsa del marito sia ormai definitiva e che, di conseguenza, lei dovrebbe scegliere tra loro un nuovo marito; la donna ha promesso che lo farà solo quando avrà finito di tessere un sudario per il suocero Laerte, ma Penelope di notte disfa la tela tessuta durante il giorno.

La Dea Atena, protettrice di Odisseo, in un momento in cui il Dio del mare Poseidone, suo nemico giurato, si era allontanato dall’Olimpo, discusse del destino dell’eroe con il Re degli Dèi, Zeus. Quindi, assunte le sembianze di Mente, padre dei Tafi, si recò presso Telemaco e lo esortò a partire al più presto alla ricerca di notizie del padre.

Telemaco le offrì ospitalità ed insieme assisterono alle gozzoviglie serali dei Proci, mentre il cantastorie Femio recitava per loro un poema. Penelope si lamentava del testo scelto da Femio, ovvero il “Ritorno da Troia”, perché le ricordava il marito scomparso, ma Telemaco si oppose alle sue lamentele.

Il mattino seguente Telemaco convocò un’assemblea dei cittadini di Itaca, e chiese loro di fornirgli una nave ed un equipaggio. Sciolta l’assemblea senza aver ottenuto nulla, Telemaco fu raggiunto da Atena (che stavolta aveva assunto le sembianze del suo amico Mentore) che gli promise la nave ed i compagni. Così, all’insaputa della madre, Telemaco fece vela verso la casa di Nestore, il più venerabile dei guerrieri greci che avevano partecipato alla guerra di Troia, e che aveva fatto ritorno nella sua Pilo.

Da qui Telemaco, accompagnato dal figlio di Nestore, Pisistrato, si diresse via terra verso Sparta, dove incontrò Menelao ed Elena che si erano alla fine riconciliati. Gli raccontarono che erano riusciti a fare ritorno in Grecia dopo un lungo viaggio, durante il quale erano passati anche per l’Egitto: lì, sull’isola incantata di Faro, Menelao aveva incontrato il vecchio Dio del mare Proteo, il quale gli aveva riferito che Odisseo fosse prigioniero della misteriosa Ninfa Calypso.

Telemaco venne così a conoscenza anche del destino del fratello di Menelao, Agamennone, re di Micene e capo dei Greci sotto le mura di Troia, il quale era stato assassinato dopo il suo ritorno a casa da sua moglie Clitennestra, con la complicità dell’amante Egisto.

Nel frattempo Odisseo, dopo aver saccheggiato la città di Ismaro, nella terra dei Ciconi, si rimetteva in mare con le dodici navi della sua flotta, ma esse persero la rotta a causa di una tempesta che si abbatté su di loro. Approdarono nella terra dei pigri Lotofagi e finirono per essere catturati dal Ciclope Polifemo, ma riuscendo poi a fuggire, dopo aver subìto gravi perdite, con lo stratagemma di accecargli l’unico occhio con un tronco d’albero appuntito, e di uscire dalla grotta del gigante appendendosi al suo gregge.

Sostarono per un periodo alla reggia del Signore dei Venti Eolo, il quale diede ad Odisseo un otre di pelle che racchiudeva quasi tutti i venti, un dono che avrebbe garantito loro un rapido e sicuro ritorno a casa. I marinai, però, aprirono sconsideratamente l’otre mentre Odisseo dormiva, ed i venti uscirono tutti insieme dall’otre, scatenando una tempesta che ricacciò le navi indietro da dove erano venute. Pregarono Eolo di aiutarli nuovamente, ma egli si rifiutò di farlo.

Rimessisi in mare, finirono per approdare sulla terra dei mostruosi cannibali Lestrigoni: solo la nave di Odisseo riuscì a sfuggire al terribile destino. Nuovamente salpati, giunsero all’isola della Maga Circe, che con i suoi sortilegi trasformò in maiali molti dei compagni di Odisseo. Il Dio Hermes venne quindi in soccorso di Odisseo e gli donò un infuso a base di erbe magiche, utile come antidoto contro l’effetto del sortilegio di Circe.

In questo modo, accettando inoltre l’amore della Maga, egli la convinse a liberare i suoi compagni dall’incantesimo, ma Ulisse diventò alfine l’amante di Circe, tanto che restò con lei sull’isola per un anno. Alla fine, i suoi uomini riuscirono a convincerlo che fosse giunto il momento di ripartire.

Grazie anche alle indicazioni di Circe, Odisseo e la sua ciurma attraversarono l’Oceano e raggiunsero una baia situata all’estremo limite occidentale del mondo conosciuto, nella terra dei Cimmeri. Lì, dopo aver celebrato un sacrificio in loro onore, Odisseo scese nel mondo dei morti, in Ade, ed evocò lo spettro dell’antico indovino Tiresia affinché gli facesse da guida.

Incontrò lo spirito di sua madre, che era morta di crepacuore durante la sua lunga assenza, ricevendo così per la prima volta notizie di quanto succedeva nella sua casa, messa in serio pericolo dall’avidità dei Proci. Incontrò poi molti altri spiriti di persone illustri e famose, tra cui il fantasma di Agamennone che lo mise al corrente del suo assassinio.

Quando tornarono sull’isola di Circe costei, prima della loro nuova partenza, li mise in guardia sui pericoli che li attendevano nelle rimanenti tappe del loro viaggio: riuscirono infatti a fiancheggiare indenni gli scogli delle Sirene, e passare in mezzo alla trappola rappresentata da Scilla, mostro dalle innumerevoli teste, ed al terribile gorgo Cariddi, approdando sull’isola Trinacria.

Qui i compagni di Odisseo, ignorando gli avvertimenti ricevuti da Tiresia e Circe, catturarono ed uccisero per cibarsene, alcuni capi della sacra mandria del Dio del Sole Elio. Questo sacrilegio fu duramente punito con un naufragio nel quale tutti, tranne Odisseo, finirono annegati: egli fu spinto dai flutti sulle rive dell’isola Ogigia di Calypso, che lo costrinse a restare con lei come suo amante per sette anni.

Il messaggero degli Dèi Hermes la convinse però a lasciarlo andare, e Odisseo si costruì a questo scopo una zattera, ricolma di viveri fornitigli dalla stessa Calypso.

odysseusLa zattera, dato che il Dio del mare Poseidone gli era nemico, fece inevitabilmente naufragio, ma egli riuscì a salvarsi a nuoto toccando alla fine terra sull’isola Scheria sulla cui riva, nudo ed esausto, cadde addormentato.

Il mattino dopo, svegliatosi udendo delle risa di ragazze, scorse la giovane Nausicaa che era andata sulla spiaggia accompagnata dalle sue ancelle per lavare della biancheria. Odisseo le chiese così aiuto, ed ella lo esortò a richiedere ospitalità ai suoi genitori Arete ed Alcinoo, re dei Feaci.

Questi lo accolsero amichevolmente senza nemmeno, dapprima, chiedergli chi egli fosse: restò parecchi giorni con Alcinoo, partecipò ad alcune gare atletiche, ed ascoltò il cieco cantore Demodoco esibirsi nella narrazione di due antichi poemi.

Il primo narrava di un altrimenti poco noto episodio della guerra di Troia, “La lite tra Odisseo ed Achille”; il secondo era il divertente racconto della storia d’amore tra due Dèi dell’Olimpo, Ares ed Afrodite.

Alla fine Odisseo richiese a Demodoco di continuare a narrare della guerra di Troia, e costui raccontò dello stratagemma del Cavallo di Troia, episodio nel quale Odisseo aveva svolto la parte dell’indiscusso protagonista. Incapace di dominare le emozioni suscitate dall’aver rivissuto quei momenti, Odisseo finì per rivelare la sua identità, ed iniziò a narrare l’incredibile storia del suo ritorno da Troia.

Dopo aver ascoltato con grande interesse e curiosità la sua lunga storia, i Feaci, i quali erano un popolo di abili navigatori, decisero di aiutare Odisseo a tornare a casa: nottetempo, mentre era profondamente addormentato, lo portarono ad Itaca approdando in un luogo nascosto. Al suo risveglio la Dea Atena lo trasformò in un mendicante.

Così trasformato in un vecchio, Odisseo s’incamminò verso la capanna di Eumeo, guardiano dei porci, che gli era rimasto fedele anche dopo così tanti anni. Il porcaro lo fece accomodare e gli diede da mangiare. Dopo aver cenato insieme, Odisseo raccontò ai suoi contadini e braccianti una falsa storia della sua vita.

Disse loro di essere nativo di Creta e di aver guidato un gruppo di suoi conterranei a combattere a Troia al fianco degli altri Greci, di aver quindi trascorso sette anni alla corte del re dell’Egitto, e di essere alla fine naufragato sulle coste tesprote e da lì venuto ad Itaca.

Intanto Telemaco faceva vela da Sparta verso casa, e riusciva a scampare ad un’imboscata tesagli dai Proci. Dopo essere sbarcato sulla costa di Itaca, andò anche lui alla capanna di Eumeo. Finalmente il padre e il figlio s’incontrarono: Odisseo si rivelò a Telemaco (ma non ancora ad Eumeo), ed insieme decisero di uccidere i Proci.

Dopo che Telemaco fu tornato a palazzo, Odisseo, accompagnato da Eumeo, fece ritorno nella sua casa ma continuò a restare travestito da mendicante. In questo modo osservava il comportamento violento e tracotante dei Proci, e studiava il piano per ucciderli.

Incontrò per primo il suo cane Argo, che lo riconobbe, e dopo un ultimo sussulto di gioia morì felice per aver rivisto il suo padrone. Incontrò poi anche sua moglie Penelope, che invece non lo riconobbe, ed egli cercò di comprendere le sue intenzioni raccontando anche ad ella, di essere cretese e che un giorno sulla sua isola aveva incontrato Odisseo.

Incalzato dalle ansiose domande di Penelope, disse anche che di recente in Tesprozia, aveva avuto notizia delle sue più recenti avventure. La vecchia nutrice Euriclea invece scoprì la vera identità di Odisseo quando egli si spogliò per fare un bagno, mostrando una cicatrice sulla coscia che si era procurato da bambino, ed egli la costrinse a giurare di mantenere il segreto.

Il giorno dopo, su suggerimento di Atena, Penelope spinse i Proci ad organizzare una gara per conquistare la sua mano: si trattava di una competizione di abilità nel tiro con l’arco, ed i Proci dovevano servirsi dell’arco di Odisseo, che nessuno a parte lui stesso era mai riuscito a tendere.

Nessuno dei pretendenti riuscì pertanto a superare la prova e a quel punto, tra l’ilarità generale, quello che era creduto un vecchio mendicante chiese di partecipare a sua volta: Odisseo naturalmente fu in grado di tendere l’arma e vinse la gara, lasciando tutti stupefatti. Prima che si riprendessero dalla sorpresa rivolse quindi l’arco contro i Proci e, con l’aiuto di Telemaco, li uccise tutti.

Odisseo e il figlio decisero successivamente di far giustiziare dodici delle ancelle della casa che erano state amanti dei Proci, ed uccisero il capraio Melanzio che era stato loro complice. Adesso Odisseo poteva finalmente rivelarsi a Penelope: la donna esitò e non riusciva a credere alle sue parole, ma si convinse nel momento in cui il marito le descrisse alla perfezione il letto che lui stesso aveva costruito, in occasione del loro matrimonio.

Il giorno seguente, insieme a Telemaco, Odisseo andò ad incontrare il padre Laerte nella sua fattoria, ma anche il vecchio accettò la rivelazione della sua identità solo dopo che Odisseo gli ebbe descritto il frutteto che un tempo, Laerte stesso gli aveva donato.

Ma gli abitanti di Itaca avevano seguito Odisseo con l’intenzione di vendicare le uccisioni dei Proci loro figli: colui che sembrava essere il capo della folla fece notare a tutti che Odisseo, era stato la causa della morte di due intere generazioni di uomini ad Itaca, prima i marinai e coloro che lo avevano seguito in guerra, dei quali nessuno era sopravvissuto, e in seguito i Proci che egli aveva ucciso con le sue mani. La Dea Atena però intervenne nella disputa, e convinse tutti a desistere dai propositi di vendetta.

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