La nascita dell’Antica Lot

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Data di pubblicazione: 14 Settembre 2011 ©Giardino delle Fate

CAPITOLO XI. Prova di Fede

La città era in guerra ormai da troppo tempo. Prima l’orda di nemici dai Monti delle Nebbie, poi le sortite via mare, successivamente le estenuanti battaglie nelle Fogne ed, infine, i nuovi attacchi dalle mura. Il morale dei Cittadini arruolatisi di propria iniziativa per il bene di Lot stava lentamente diminuendo, lo sconforto prendeva piede man mano che le perdite aumentavano.

L’esercito di Honorius continuava ad assediare la città come fosse un serpente, stritolandola tra le sue spire, soffocandola nella sua stessa disperazione.

L’ingente numero di Goblin ed Orchi sembrava non avere mai fine: per quanti se ne uccidessero, un numero superiore ritornava alla carica, con lo stesso odio e con la stessa rabbia, anzi, con sempre maggiore determinazione alla vittoria, ma nonostante tutto l’Esercito Ducale resisteva, i valorosi Soldati si schieravano compatti sul fronte e, con il grande coraggio che sempre li ha contraddistinti, respingevano ogni incursione non permettendo di sfondare le linee di difesa.

Honorius, seppur sorpreso da tale perseveranza, comprese che nuove strategie andavano adottate, così diede ordine ai suoi Alchimisti e Maghi Oscuri di trovare un modo per fiaccare le loro forze ed indebolire le loro resistenze.

I servitori del Male si misero all’opera e, mentre la battaglia continuava senza interruzione alcuna, negli antri e nelle segrete di Honorius si lavorava giorno e notte alla ricerca di una nuova arma, si studiarono antichi tomi e vetuste pergamene, si sperimentarono pozioni ed oscuri incantamenti, finché, alla fine, fu scoperta una nuova pestilenza che confondeva le parole di chi veniva contagiato, impedendogli di poter comunicare liberamente.

La cosa che più fa inorridire è il modo in cui venne fatta dilagare questa nuova piaga, simbolo della spietatezza e della crudeltà di un nemico senza coscienza, sinonimo di malvagità ed indiscutibile perfidia. Alcuni prigionieri, infatti, vennero a loro insaputa contagiati e, successivamente, liberati con il pretesto di consegnare agli alti gradi dell’Esercito una missiva, nella quale, falsamente, si paventava una possibile tregua.

I prigionieri al loro ritorno furono festeggiati con grande gioia dai Soldati loro compagni; tale era il sollievo di rivederli, dopo averli già pianti come morti, che si strinsero in abbracci e pianti d’emozione, cosa che facilitò notevolmente il dilagare del contagio tra le truppe lottiane. E fu così che, nel giro di brevissimo tempo, non fu quasi più possibile impartire alcun ordine, poiché molti Ufficiali non erano più in grado di farsi capire dai loro subordinati.

Grande era il disorientamento quando un combattente, dopo essere sceso per gli scalini che dal Pozzo del Fato portavano alle Fogne, cercando di parlare, si accorgeva che le sue frasi erano intervallate da parole senza senso e che gli altri non riuscivano a capire ciò che lui diceva.

Come un falco quando, dall’alto, osserva la sua preda ed improvvisamente decide di volare in picchiata per afferrarla tra i suoi acuminati artigli, così Honorius approfittò di questo momento di difficoltà dei Soldati lottiani e strinse l’assedio, le forze del Male ripresero in breve tempo ad avanzare, colpendo senza grande difficoltà dei combattenti sempre più confusi.

Bisognava ricorrere ai ripari al più presto, per dare una decisiva svolta a quella situazione sfavorevole. Fu per tale motivo che i Maghi di Lot si misero immediatamente al lavoro per trovare un antidoto efficace che permettesse ai Soldati di tornare a comunicare tra loro come prima. Nella Nera Torre d’alta magia le ricerche procedevano senza sosta ed, ancora una volta, l’impegno e la sapienza della Gilda magica riuscirono a salvare la situazione, producendo il tanto ambito rimedio.

In una situazione del genere, per quanto la Fede non diminuisse nel cuore dei Cittadini lottiani, sempre meno tempo era, in realtà, dedicato alla preghiera ed al culto della Dea, poiché tutti coloro che non erano impegnati nelle battaglie si dovevano far carico di aiutare i feriti, riparare le armi danneggiate e ricostruire le parti di Città distrutte dalle continue incursioni. Ogni giorno il lavoro si faceva più frenetico, le strade più affollate e gli abitanti sempre più tesi, scontrosi e preoccupati.

La Principessa Valia intuiva in fondo al suo animo la gravità di questa concomitanza d’accadimenti. Honorius doveva la potenza del suo esercito al clima di terrore che aveva instaurato: seminando il puro terrore tra le sue schiere lo spronava continuamente all’assalto, minacciandolo della sua spietata vendetta; per contro la Dea Themis non riusciva a trovare orecchi pronti ad ascoltare il suo volere, perché i Cittadini erano completamente assorbiti dalle loro frenetiche mansioni.

Era giunto il momento di compiere un atto che servisse da esempio per tutta la Cittadinanza, così, forte della consapevolezza dei giusti, Valia decise di sacrificarsi ed il suo gesto divenne subito leggenda. Si narra che la Principessa un giorno si presentò davanti all’esercito di Honorius e, senza opporre alcuna resistenza, si fece scortare dentro alle sue prigioni, confidando nel coraggio dei suoi concittadini. In men che non si dica la notizia viaggiò di bocca in bocca e, tempestivamente, gruppi di valorosi e singoli lottiani cominciarono a sfidare l’esercito nemico con l’unico obiettivo di salvare l’amata Principessa.

Queste azioni individuali, però, non essendo inquadrate in un più ampio piano strategico, non portarono al risultato sperato, anzi, al contrario, permisero alle truppe di Honorius di invadere la Città, ma fu proprio questo comportamento apparentemente senza senso che permise di dare la svolta definitiva al corso degli eventi.

L’esercito del Male si ritrovò improvvisamente ad essere diviso in due, una parte dentro le mura ed una parte al di fuori di esse; la consapevolezza di essere riusciti a spezzare il fronte avversario spronò ancor più i Cittadini che entravano in battaglia.

Da quel momento in poi non più le grida di dolore o il clangore delle spade accompagnarono i combattenti lottiani durante gli scontri, ma Canti di Fede, Salmi e Lodi, infondendo nei loro animi nuovo vigore e rinnovata forza contro quelle orride creature sempre più intimorite.

Data la lunghezza dell’articolo, il post è stato diviso in più pagine:

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