La nascita dell’Antica Lot

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Data di pubblicazione: 14 Settembre 2011 ©Giardino delle Fate

CAPITOLO V. I Monti

Lot, ormai completamente racchiusa nella sua cinta muraria e, suddivisa nei suoi quartieri, si preparava a vivere una vita propria e indipendente. Ogni giorno giungevano in città Viandanti in cerca di un luogo dove mettere radici e lavorare, e fortunatamente tutti venivano prontamente impiegati, visto l’enorme mole di lavori ancora da portare a termine.

Le strade venivano pavimentate con blocchi di pietra estratti da una piccola cava alla base dei Monti delle Nebbie, nuove case venivano edificate, si aprivano le prime attività commerciali, gli Artigiani aprivano piccole botteghe, e sorgevano luoghi di ritrovo dove riunirsi dopo una dura giornata di lavoro.

Predator e Sara continuavano instancabili le loro esplorazioni sui Monti delle Nebbie e, per volere del Granduca, quale segno di riconoscenza per il grande impegno con cui svolgevano gli incarichi affidatigli, la loro fu una delle prime abitazioni private ad essere costruite.

Sotto il Castello, durante le opere di fondazione, erano state scavate profonde gallerie e in una di queste la Strega di Corte Malik creò il suo antro, chiudendone poi l’accesso a chiunque. Solo lei poteva accedervi e solo lei poteva chiamare i cittadini nell’oscuro sotterraneo, dove svolgeva i suoi riti.

La primavera avanzava e la popolazione di Lot continuava a crescere, così il Granduca decise di nominare i Capitani Thorm e Petrus Governatori della città, affiancandoli al Conte Erik. Cominciava così a costituirsi un gruppo di persone più numeroso per la gestione della nuova città, che più cresceva nel numero d’abitanti, più necessitava d’emendamenti e direttive per il corretto svolgersi della vita stessa.

I Brigadieri Gronko e Frengo vennero inviati con un contingente dell’Esercito a sorvegliare la Gola dei Ghiacci, per prevenire una nuova invasione da parte dei Goblin e degli Orchi che vivevano a Nord dei Monti delle Nebbie.

La voce che era nata una nuova e fiorente città, attirò a Lot una Maga ed un Folletto specializzati nella preparazione di pozioni.

Inizialmente osservati con diffidenza, entrambi si rivelarono in seguito due validissimi aiuti per i Cittadini del Granducato.

Sul finire della primavera il Granduca diede ordine di costruire grandi magazzini ed iniziare ad accumulare le scorte per la prossima stagione invernale. Tutti coloro che non erano impegnati nei lavori in città, iniziarono a mettersi all’opera; nella pianura a sud di Lot furono arati e seminati campi da cui ricavare le scorte di grano e mais, mentre nutrite squadre di Cacciatori presero a battere le pendici dei Monti delle Nebbie.

Cibo, legna, pelli e tutto ciò che poteva servire per affrontare al meglio i freddi invernali, era messo da parte in abbondanti scorte. La maggior parte degli uomini passava intere giornate sui Monti: al mattino si mettevano nello zaino una fiaschetta di vino e qualche provvista, poi si avviavano verso nord.

Usciti dalla città, si addentravano nei boschi alla base dei monti per poi inerpicarsi lungo i crinali e su per le rocce; tutto era avvolto da una fitta nebbia che raramente e, solo per brevi attimi, si alzava, per poi tornare nuovamente ad avvolgere ogni cosa, rendendo ovattati tutti i suoni circostanti.

I cittadini, ormai esperti, si muovevano con cautela, cacciavano la selvaggina presente e prestavano attenzione a cogliere ogni minimo indizio di ciò che accadeva intorno a loro. Nonostante tutto, capitava sovente di svoltare dietro ad un masso, o scendere in un avvallamento, e trovarsi improvvisamente davanti al muso ringhiante di un grosso lupo.

Iniziava allora una lotta mortale, dalla quale non sempre il cacciatore usciva vittorioso; purtroppo la caccia era l’unico modo per procurarsi la carne e le pelli necessari per sopravvivere, e quindi ogni giorno si tornava a tentare la sorte sulle montagne, affidando la propria anima alla benevolenza della Dea Themis. Giorno e notte uomini tenaci erano alla ricerca di ciò di cui la comunità necessitava, e non facevano ritorno prima di averlo ottenuto.

Nel frattempo le donne si occupavano della concia delle pelli di lupo, riportate dai cacciatori dopo grande fatica e dure giornate di lavoro. In città si respirava un’aria serena, ogni cittadino viveva in armonia con coloro che gli stavano accanto… ma qualcosa di sinistro ed oscuro avrebbe, da lì a poco, minacciato la tranquillità da qualche tempo acquistata.

L’estate era ormai arrivata e i Monti Nebbiosi, il luogo che a lungo aveva protetto la città da invasioni nemiche, lo stesso luogo che aveva donato la possibilità di sopravvivere a tutti gli inverni trascorsi permettendo agli uomini di trovarvi riparo e cibo, sarebbero divenuti l’origine delle sciagure future. Iniziarono i primi scontri isolati con piccole bande di Goblin che, invece di attraversare la Gola dei Ghiacci, ancora presidiata dalle forze di Lot, scalavano le montagne per poi scendere verso la Città.

Gli scontri non erano particolarmente impegnativi e di solito si riusciva facilmente a mettere in fuga gli assalitori, ma ogni giorno questi combattimenti aumentavano sempre di più, sia per numero che per intensità. Il Granduca convocò la Strega di Corte e le chiese di usare i suoi poteri per cercare di capire cosa stesse accadendo, così Malik, una volta ritornata nel suo antro, si mise subito all’opera.

Il giorno successivo, visibilmente provata, tornò dal Granduca preannunciando dure guerre e sventure per la Città. Uomini e donne restarono pietrificati da queste funeste previsioni, ma non vi era possibilità d’errore: la Strega di Corte aveva parlato.

Fortunatamente l’animo umano era dotato di grandi risorse e così, dopo un primo momento di smarrimento, i Cittadini organizzarono delle pattuglie armate che avrebbero vigilato sull’incolumità degli altri abitanti. Ormai i segni di un’imminente battaglia erano chiari: il Granduca, il Conte Erik, i Governatori Thorm e Petrus iniziarono ad organizzare ed armare un piccolo Esercito pronto in qualunque momento a scendere in campo e a difendere con ogni mezzo disponibile la popolazione.

Nel frattempo i lupi scendevano sempre più a valle, costringendo il Granduca ad offrire una taglia sulle loro pelli. Chi aveva visto quelle bestie da vicino ed era vissuto abbastanza per poterlo raccontare, giurava di aver letto un ghigno divertito sulle loro fauci macchiate di sangue… che fosse anche quello un segno della sciagura che si stava per abbattere?

Gli avventurieri gioirono di quel provvedimento: i pozzi erano gelati e le pelli di lupo avrebbero potuto garantire un inverno meno rigido per le loro famiglie. Inoltre la taglia avrebbe permesso l’acquisto di cibo e vino. Il miraggio di una vita relativamente agiata spinse molti uomini a mettersi in marcia alla volta dei Monti, ma una visione spaventosa li costrinse a far ritorno entro le mura cittadine.

Centinaia di truppe formate da orribili mostri si riversavano dai Monti, guidate dal loro Dio malvagio. La loro avanzata era lenta, ma inesorabile… i lottiani sarebbero riusciti a scampare anche questa catastrofe?

Immediatamente la notizia raggiunse le orecchie del Granduca che inviò i suoi due migliori Esploratori, Predator e Sara, a seguire i movimenti del nemico. Passando di bocca in bocca tra le donne in Piazza del Mercato, sussurrata nelle sale della Biblioteca o nella penombra dei Templi, la notizia della nuova imminente guerra inevitabilmente si sparse anche tra la popolazione, causando scompiglio fra tutti i Cittadini che giravano per la città sconvolti, a causa dei nuovi eventi.

Il Granduca convocò nel Palazzo Ducale il Conte Erik, i Governatori Thorm e Petrus, il Comandante delle Guardie Armok nel tentativo di organizzare l’Esercito. Si riuscirono a racimolare non più di seicento persone fra tutti Cittadini abili alle armi. D’altra parte il Granducato era giovane ed i suoi abitanti troppo pochi per costituire un valido Esercito. Nessuna torre di Magia era stata eretta, nessun’arcana Arte avrebbe potuto aiutare l’Esercito del Granducato; i valorosi Soldati avrebbero potuto contare solo sulle loro capacità e forze.
In città, inoltre, le cose peggioravano di giorno in giorno: i sudditi, intimoriti dalla presenza sui Monti dell’esercito straniero, si preoccupavano solo della loro vita, mettendo da parte il senso civico ed il dovere verso il Granduca. Non pochi abbandonarono le mura del Granducato per dirigersi nuovamente a Sud, verso le città alleate di Telthartown e Quinalth; molti mercanti, sebbene giunti da poco in città, chiusero le loro botteghe e caricarono nuovamente la loro mercanzia su loro carri, proprio quei carri che li avevano condotti, pieni di speranza per il futuro ed ambizione di guadagno, lungo le strade che percorrevano la Piana delle Acque.

I membri del Corpo delle Guardie erano indaffarati a mantenere la calma tra la popolazione, che ogni giorno continuava a creare disordini dovuti alla paura e allo sconforto. La guerra che molti Cittadini non avevano mai conosciuto, quella che li avrebbe rinchiusi tra le mura della città senza permettergli di coltivare né cacciare, che avrebbe portato patimenti e miseria, che gli avrebbe strappato le persone più care… quella guerra, si stava abbattendo ancora una volta sul Granducato.

Coloro che decisero di restare a Lot, iniziarono a prepararsi a questa grande guerra, mettendo via provviste per i mesi di carestia ed assedio che si stavano avvicinando, aiutando a rinforzare le mura in alcuni punti in cui non erano ancora state ultimate, scavando fossati ed erigendo terrapieni. Desolazione, Silenzio, Fame, Paura erano ormai imminenti.

Una volta terminate le opere di consolidamento delle difese della città, il Granduca diede ordine al Conte Erik di guidare una sortita dell’Esercito sui Monti delle Nebbie e di saggiare la forza effettiva del nemico. Le truppe a disposizione si disposero su tre colonne ed iniziarono ad inoltrarsi sulle propaggini meridionali delle montagne, lungo la Gola dei Ghiacci.

Il Conte Erik prese il comando della colonna centrale, alla sua destra procedeva la seconda colonna agli ordini del Governatore Thorm, mentre, leggermente arretrata sulla sinistra, avanzava la colonna comandata dal Governatore Petrus. Davanti a tutti vi era un pugno d’Esploratori agli ordini di Predator e Sara che, al calar della sera, ritornarono dal Conte Erik annunciandogli che l’orda di Goblin e Orchi, agli ordini dei temibili Cavalieri di Honorius stava sopraggiungendo.

Le file dei Soldati che avanzavano formarono un muro contro l’esercito ostile: avevano armi lucenti, le prime forgiate da tempi immemori. La luce della luna brillava su di loro, sulle armature, sugli scudi, sulle armi… ma presto avrebbe brillato anche sul loro sangue e questa consapevolezza li seguiva come un’ombra oscura, come il senso d’angoscia che rimane nell’animo il mattino seguente ad una notte d’incubi.

Guerrieri in armature sì pesanti da mettere in dubbio la loro mobilità, Lancieri con aste più lunghe di quanto loro stessi non avrebbero mai creduto, lance che fendevano l’aria; poi combattenti dotati di un equipaggiamento più leggero che, ancora privi d’esperienza, si voltavano ogni minuto per paura di un’imboscata; infine Arcieri e Balestrieri che avevano avuto occasione di tirare solo in piccole gare tra paesani.

L’Esercito, già inferiore numericamente, non era certo pronto per resistere all’attacco delle orde di creature guidate da Honorius. L’inesperienza poteva essere loro fatale e questo era ben noto agli Strateghi della guerra, che ogni notte si riunivano al cospetto del Granduca non risparmiandogli la loro preoccupazione.

Questo, tuttavia, era l’Esercito. Ma non solo: c’erano anche graduati, veterani che avevano combattuto nelle battaglie invernali durante la costruzione di Lot, che seppero infondere lo spirito del guerriero e l’anima del patriota, dai Soldati alle più giovani staffette che altro compito non avevano, che portare informazioni da una parte all’altra del campo di battaglia. Seppure mal equipaggiato e poco numeroso, l’Esercito lottiano poteva contare sulla convinzione dei suoi Soldati che prima della propria salvezza c’era quella del Granducato.

Ciò che contraddistingueva l’esercito di Honorius da quello del Granduca, era il fatto che i Soldati lottiani combattevano per un obiettivo ben preciso che stava loro a cuore: la propria città, le proprie mogli, i propri figli. In tale motivazione si confidava, mentre, col cuore stretto in una morsa d’incertezza, si procedeva impavidi verso la grande battaglia.

Data la lunghezza dell’articolo, il post è stato diviso in più pagine:

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