La nascita dell’Antica Lot

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Data di pubblicazione: 14 Settembre 2011 ©Giardino delle Fate

CAPITOLO VIII. L’Isola di Palo

Ancora una volta Lot era uscita vincitrice dallo scontro contro le forze di Honorius. La gioia era immensa nei cuori dei Cittadini e diveniva palpabile nelle loro manifestazioni festose, organizzate in ogni strada e in ogni vicolo del Granducato.

Il Male era stato sconfitto ed il nemico, seppur potente e temibile come mai prima di allora, stava battendo in ritirata; per tale motivo grandi festeggiamenti ebbero luogo nella Cittadella e numerosi Soldati, come ricompensa per il grande valore dimostrato in battaglia senza mai risparmiarsi, furono promossi di grado, andando ad infoltire le esigue schiere degli Ufficiali.

La pace era nuovamente una realtà, ed i Cittadini cominciarono a tornare alle occupazioni dalle quali erano stati crudelmente strappati con l’avvento della guerra. I Contadini ritornarono a coltivare la terra, i Mercanti riaprirono le loro botteghe e la vita, pian piano, cominciava a riassumere i ritmi di un tempo, nonostante il terribile morbo della Peste continuasse a dilagare e il numero dei degenti presso il Lazzaretto, aumentasse in maniera esponenziale.

La cura, però, era stata trovata ed il futuro del Granducato sembrava roseo, benché i Cittadini fossero ben consapevoli che le difficoltà ancora da affrontare sarebbero state numerose. La volontà di ricominciare ed il grande coraggio con cui si fronteggiavano anche i periodi più cupi, erano tra le principali peculiarità del popolo lottiano: non si arrendevano mai, neppure quando erano stremati e quando il Fato continuava ad accanirsi sadicamente su loro, trovavano sempre la forza di reagire, aggrappandosi alla speranza ed alla consapevolezza che l’amata Dea Themis, da sempre, vegliava sui suoi figli, con l’amore incondizionato di cui è capace solo una Madre.

La città lentamente stava rifiorendo come un verde germoglio allo spuntare del tiepido sole primaverile, i Monti delle Nebbie erano costantemente pattugliati dalle schiere dei valorosi Soldati dell’Esercito Duca, e questo garantiva una notevole sicurezza contro gli improvvisi attacchi di qualche impavido gruppo d’ingenui assalitori. Ma questa volta il pericolo giunse dal mare.

Il giorno 18°, del 9° mese, del I anno dalla fondazione a Lot, era stato inaugurato il Porto e contemporaneamente istituita la Marina Ducale.

Dopo lunghissimi mesi di duro lavoro, durante i quali i Mastri Costruttori, sotto la supervisione del Conte Erik in persona, avevano diretto squadre di Cittadini che si erano prestate volontariamente per quest’imponente opera di edificazione, il Porto era divenuto una realtà tangibile.

Lo scopo principale per l’istituzione della Marina Ducale era la ricerca della Spezia, ingrediente fondamentale per la preparazione del prodigioso medicamento necessario per la cura della Peste, tuttavia una fiorente via commerciale aveva preso vita dal nulla, quando le navi lottiane avevano cominciato a solcare il mare di Lot, intessendo una fitta rete di scambi con le popolazioni abitanti sulle isole.

Nuove mercanzie e nuove fonti di guadagno avevano contribuito non poco a risollevare le precarie condizioni dell’economia del Granducato, piegata dalle ingenti spese che si erano dovute sostenere per far fronte al lungo e devastante evento bellico. Dopo essersi arruolati, i Marinai raggiungevano il Porto scendendo la lunga gradinata che era stata costruita sul versante Sud-Est della collina su cui sorgeva Lot; lì veniva messa a loro disposizione, per il primo viaggio, una piccola imbarcazione attrezzata di tutto punto e pronta a prendere il largo.

Il tempo sufficiente a dispiegare le vele e a mollare gli ormeggi, e la nave cominciava la sua grande avventura, solcando quel mare, dai mille toni del blu ma perennemente avvolto dalla nebbia, che per molto tempo era stato solo un sogno irraggiungibile.

Appena usciti dal Porto ci si trovava immediatamente in mare aperto, ma erano necessarie precise mappe per poter raggiungere le isole; chi non possedeva le carte nautiche rischiava seriamente di finire alla deriva, vagando per un tempo infinito sulle onde, non potendo far altro che assistere, impotente, al logorarsi della propria imbarcazione, fino a perderla in un inevitabile naufragio. Chi aveva perduto la propria imbarcazione doveva necessariamente acquistarne un’altra prima di poter riprendere il mare.

Si poteva considerare un rischio calcolato la possibilità che in mare potesse accadere qualcosa che mettesse a repentaglio il buon esito di una spedizione, tuttavia, ad un certo punto, questi episodi iniziarono a diventare troppo frequenti. Molte delle navi salpate con fini puramente commerciali cominciarono a non fare più ritorno; spesso giungevano notizie di scontri, oppure il mare riportava a Lot i pochi resti di quelle che, fino a poco tempo prima, erano state robuste imbarcazioni.

Alla Taverna del Viandante si cominciavano a sentire storie che, passando velocemente di bocca in bocca, si trasformavano presto in leggende: si raccontava di Goblin ed Orchi trovati su isole che dovevano essere deserte, di Marinai uccisi non appena effettuato lo sbarco, di navi date alle fiamme.

Una parte sempre più consistente di Soldati si congedava dall’Esercito e s’imbarcava su navi che prendevano il largo dal Porto di Lot, ma sempre più spesso questi valorosi che erano sopravvissuti alla guerra sui Monti, non facevano ritorno da quelle spedizioni, e così il Granduca decise che era giunto il momento di fare luce su questi oscuri accadimenti. Una piccola parte dell’Esercito s’imbarcò e partì in perlustrazione.

Giunti sull’Isola di Fuoco la perlustrarono da cima a fondo, ma senza trovare alcuna traccia del nemico. Tornarono a Lot per fare rapporto ed approvvigionarsi, quindi ripartirono tempestivamente verso l’Isola di Palo. Quest’isola era tra le mete preferite per la ricerca della preziosa Spezia e quando appariva all’orizzonte, scacciava dal cuore tutta quella paura e quella tensione che le acque silenziose e quella nebbia sempre presente, lentamente in esso instillavano.

La sua sagoma era inconfondibile, per chi l’aveva veduta almeno una volta nella vita: ricordava una tartaruga protesa in avanti, con un promontorio centrale, fittamente ricoperto da una rigogliosa vegetazione, che emergeva fiero dalle acque per poi degradare in una piccola pianura contornata da spiagge di sabbia color dell’oro.

Una volta effettuato lo sbarco, fu con grande stupore che videro un nutrito gruppo d’accampamenti nemici pronti a condurre un vero e proprio assalto al Granducato. Tornarono a riferire e, di lì a poco, fu predisposta una grande flotta d’invasione.

L’Isola di Palo divenne ben presto teatro di una nuova battaglia in cui, questa volta, furono i Marinai di Lot a sostenerne il peso maggiore e dalla quale i nostri tornarono vincitori senza subire grosse perdite. Il nemico batté in ritirata anche questa volta.

Data la lunghezza dell’articolo, il post è stato diviso in più pagine:

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