Dopo la Morte… cosa c’è?

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Data di pubblicazione: 2 Ottobre 2011 ©Giardino delle Fate

❈ All’Inferno ❈

La permanenza nel mondo astrale è in realtà un viaggio agli inferi. Il corpo emotivo della Terra non la avvolge solo esternamente, ma in una certa misura la compenetra, questo implica che i sottopiani più bassi di questo piano si trovano nel sottosuolo, mentre i piani più sottili, dove si provano emozioni più elevate, risiedono in superficie. Ecco spiegata la tradizione che vuole gli inferi sottoterra, in un ambiente che pare l’interno di un vulcano, e colloca l’ingresso in una caverna.

Proprio perché l’ambiente in cui è immerso è solo un’illusione che rispecchia ciò che lui è, il defunto entrerà in risonanza vibratoria con, e quindi si troverà circondato da ladri se era un ladro, tossicodipendenti se era tale anche lui, iracondi se era propenso alla rabbia, gelosi se era geloso e possessivo, esattamente come accadeva quando era ancora nel corpo fisico, dove ognuno di noi si circonda degli ambienti e degli individui che lui stesso attrae per risonanza (anche se spesso non lo comprende consciamente).

Inoltre egli sarà coinvolto in eventi, sempre da lui stesso vibratoriamente creati, che per la legge del contrappasso, lo metteranno di fronte, per somiglianza o per contrasto, alla sua emozione negativa o al suo attaccamento materiale. Sarà cioè ripetutamente confrontato con i vari aspetti della sua personalità che devono essere “disgregati” per consentirgli di proseguire la sua ascesa in quel mondo.

Tutto questo non è il parto di una intelligenza sadica, ma costituisce un processo energetico che segue le stesse regole vibratorie del processo di esistenza nella materia fisica, e che consente all’individuo di disintegrare i propri condizionamenti emotivi. Lo scopo di questa fase è bruciare le emozioni inferiori e gli attaccamenti accumulati in vita.

Questo non significa però “guarire” i condizionamenti interiori, poiché un condizionamento alla rabbia, all’invidia o alla paura nato sul piano materiale, e a causa delle leggi vigenti su questo piano, può essere trasmutato solo in quel luogo ed avvalendosi di quelle leggi; dunque i condizionamenti riappariranno uguali quando l’individuo si reincarnerà in un ambiente sostenuto dalle medesime leggi.

Tale è anche il motivo per cui il suicidio costituisce un atto privo di senso: il suicida spera di mettere fine ad un disagio uscendo dall’ambiente dove vigono quelle leggi con le quali lui non ha saputo convivere, e non si avvede che solo lo “scontro” con le leggi di quell’ambiente, avendolo creato, ha anche il potere di mettere fine al suo disagio esistenziale.

Egli si troverà nell’aldilà di fronte allo stesso identico problema esistenziale che aveva in vita, ma senza più i mezzi fisici per risolverlo. Dovrà riaffrontarlo tornando ancora in un ambiente materiale alla prossima incarnazione.

Tutte le emozioni negative di cui il corpo emotivo è veicolo devono essere completamente disintegrate prima che l’uomo possa passare in condizioni più elevate. Se un uomo ha coltivato per anni o addirittura decenni un pressante desiderio di fumo, di alcool, di sesso, ecc… tale forte desiderio si trova registrato in questo corpo sottile, e in ugual modo se è stato rabbioso, geloso, codardo o depresso. Si trova nella situazione in cui prova ancora tutti i desideri, le passioni e le emozioni che provava quando aveva un corpo fisico e con intensità mille volte maggiore, a causa del fatto che adesso è cosciente direttamente all’interno della sfera emotiva, ma non ha più un corpo in carne ed ossa che gli permette di soddisfare ed esprimere tali manifestazioni.

Anche il fatto che le anime più basse si radunino intorno a luoghi dove avvengono guerre, omicidi, rivolte di piazza a carattere violento, incontri orgiastici di matrice non iniziatica… ed influenzino negativamente gli individui che lì si trovano senza però poter intervenire direttamente esse stesse con un corpo fisico, contribuisce ad acuire il loro dolore e a metterle di fronte alle loro infime passioni.

È una situazione di penosa sofferenza, che tuttavia tali anime devono obbligatoriamente affrontare fino a quando lentamente e per gradi, il loro corpo emotivo non si sia logorato, e ciò accade nella stessa maniera in cui le nostre sofferenze fisiche nella carne fanno parte del lento processo di disgregazione del corpo fisico. La sofferenza che si prova in questo luogo è però radicalmente diversa dalla sofferenza di quaggiù, in quanto tutto ciò che ha relazione con le sensazioni fisiche è scomparso, anche lo stesso vedere dev’essere immaginato come un vedere di natura più interiore, in quanto oramai indipendente dagli occhi fisici.

Per chi durante l’incarnazione è stato eccessivamente indulgente con i propri attaccamenti passionali al mondo della materia, questo nuovo stato gli appare come il fuoco dell’inferno, l’inferno che brucia le sue stesse passioni. Egli non viene punito da un “giudice che sta in alto”, in quanto nessuno è colpevole di aver sbagliato in senso assoluto; accade semplicemente che egli sia, per una legge naturale, obbligato a distruggere gli ostacoli che lui stesso si è creato.

Non c’è punizione perché non c’è stato errore. La moralità delle azioni è una pericolosa invenzione umana, nella realtà ci sono unicamente processi fisici, cause ed effetti: se abbiamo aggregato della materia emozionale, questa dovrà essere disgregata… e la sofferenza fa parte del processo.

Il tempo che trascorrerà in questa fase dipende interamente dalla forza con cui tali emozioni inferiori si sono cristallizzate nel corpo, la sua percezione soggettiva sarà però di una pena eterna a causa dell’intensità atemporale della stessa, e non perché essa sia effettivamente eterna (non potendo esistere una pena infinita per una “colpa” finita).

Un evento energetico limitato non può produrre un risultato illimitato, ma sempre solo un risultato proporzionato all’evento stesso. Siamo sempre nell’ambito di leggi fisiche. Non è semplice (ma certo spaventa al solo pensiero) immaginare un patimento così profondo da essere avvertito come atemporale.

Potrebbe spaventare una tale descrizione dell’aldilà, tuttavia un simile destino di sofferenza attende tutti noi, ma solo nella misura in cui durante l’incarnazione ci siamo identificati con i nostri odi, i nostri attaccamenti alle opinioni e alle cose e le nostre brame di piacere materiale, e nella misura in cui abbiamo sottomesso e sfruttato altri esseri umani pur di raggiungere i nostri scopi, dando cioè più valore alla nostra personale soddisfazione piuttosto che alla vita degli altri, e cristallizzando così nel corpo emotivo energie molto dense e difficili da sciogliere.

La progressiva diminuzione dell’intensità di tale infernale sofferenza la rende temporale; ad un certo punto l’individuo si accorge che qualcosa sta cambiando e che un’evoluzione della sua situazione nel tempo è quindi possibile. Adesso è più “leggero”: “sale” allora sempre di più dentro i sottopiani più alti del piano emotivo, corrispondenti alle sfere che stanno sopra la superficie terrestre: questa è la condizione «purgatoriale», in cui si perde l’illusione dell’eternità della pena.

Con il progressivo affrancarsi dagli elementi più grossolani e densi del suo guscio egli “sale” sempre di più, cioè vibra sempre più velocemente ed entra quindi in risonanza con ambienti sempre più sottili, con sottopiani via via più elevati del piano astrale. Nessuno rimane per sempre nello stesso posto, ogni individuo attraversa numerosi sottopiani, all’interno dei quali egli può costruire intorno a sé paesaggi illusori sempre meno “pesanti”, in relazione al cammino che lo stato in cui si trovava al momento della morte fisica gli impone di percorrere.

È importante notare che i vari numerosi sottopiani che compongono i tre piani principali intorno al pianeta, e che noi attraversiamo dopo il decesso, vengono costantemente strutturati dalle forme pensiero create dagli uomini ancora nel piano fisico: un’emozione di odio andrà a costituire la sostanza dei piani astrali infernali, mentre un moto d’amore andrà a rinforzare i piani paradisiaci.

Gli attuali comportamenti di ogni individuo sono dunque fondamentali non solo perché creano la sua realtà adesso sul piano fisico, ma anche perché vanno a determinare la qualità della sostanza degli altri piani, quei piani dove un giorno andrà a fabbricare le sua nuova realtà post mortem. A causa dei pensieri di giudizio e delle emozioni basse dell’uomo, l’inferno diventa sempre più infernale…

Se tutti gli uomini emanano pensieri d’amore ed emozioni elevate, i piani che andranno ad abitare dopo la loro dipartita saranno composti di sostanza aurea e la loro nuova realtà non potrà che essere d’oro, ma se essi emanano escrementi emotivi e mentali tutto il giorno, la loro futura realtà da disincarnati non potrà che essere una realtà di… L’uomo sta edificando già adesso il suo inferno e il suo paradiso.

Inviare preghiere ai defunti risulta per essi estremamente utile, in quanto i pensieri di amore e i pensieri di incoraggiamento agiscono a livello vibratorio su di essi, abbreviando notevolmente le loro pene, sia infernali che purgatoriali.

☆ In Paradiso ☆

Morto anche il corpo emotivo, tutta la parte inferiore del suo essere è stata bruciata, le forme pensiero legate ai desideri e alle basse emozioni sono scomparse con quel corpo, e l’anima può agire adesso all’interno del corpo mentale purificato.

L’uomo si trova ad avere come ambiente i più elevati pensieri ed aspirazioni nutriti durante la sua vita fisica, secondo una successione: da quelli ancora vicini alla personalità a quelli completamente spirituali. Tutti i pensieri di amore, di amicizia, di tenerezza, di simpatia, di affetto che ha vissuto sono moltiplicati di intensità in un ambiente paradisiaco che corrisponde al suo piano mentale. Essi vengono rivissuti in maniera amplificata.

Risulta logico pensare che chi non ha mai coltivato vibrazioni di altruismo ed amore o pensieri sottili di filosofia o spiritualità, percepirà un paradiso piuttosto breve e scarno, o addirittura non lo percepirà per niente; per lui non ci sarà “paradiso”…

Mentre l’individuo vive queste situazioni, allo stesso tempo si libera progressivamente del suo guscio formato dai pensieri, fino ad abbandonare anche questo e morire così una terza volta. Nella fase paradisiaca si disgregano gli schemi mentali strutturati durante l’ultima incarnazione, i quali, per quanto elevati, restano comunque impregnati di materialità.

Nel piano mentale della Terra, che è più sottile e vibratoriamente più veloce di quello emotivo, non ci sono più forme vere e proprie, ma solo immagini, simboli e, soprattutto, suoni.

Nel liberarsi degli ultimi pesi che lo legano alla Terra egli entra nel piano spirituale vero e proprio, il piano dell’anima, dove prova stati di gioia e di beatitudine sempre più alti. Niente più pregiudizi, niente paure, niente sensi di colpa, solo Gioia totale in un crescendo inimmaginabile di profondità.

È il mondo degli archetipi, di cui gli oggetti e gli esseri fisici sono solo ombre, i quali non sono astrazioni della ragione umana, ma veri e propri esseri che si manifestano agli occhi dell’anima anche attraverso splendide “melodie celesti”. Qui lo stato della coscienza è notevolmente alterato rispetto alla coscienza fisica, tanto da risultare impossibile immaginarlo ora.

★ Nel mondo dell’Anima ★

La funzione dell’aldilà non è specificamente evolutiva, l’evoluzione in termini di consapevolezza avviene sulla Terra, nell’ambiente duale; nell’aldilà, come si è visto, prima l’individuo va all’inferno a ripulire i “binari energetici” dall’identificazione che li fa sembrare pregiudizi e condizionamenti, poi usa questi stessi “binari energetici” (che sono poi le “memorie di gestione dei corpi”) per vivere nel mondo animico, in una forma estatica, tutto ciò che ha acquisito sulla Terra in termini di capacità di provare Amore e cogliere il Bello.

L’aldilà è una vacanza dove si prende consapevolezza dei frutti del lavoro svolto in un ambiente materiale, “ricaricandosi” al contempo per il lavoro successivo. Ma ricordiamo che solo quando si torna nella materia (sulla Terra o altrove), si può veramente godere di quanto si è appreso nelle incarnazioni precedenti, grazie alle aumentate capacità di cogliere il vero e di gioire della Creazione.

Nel mondo dell’anima, esattamente come sulla Terra, la Gioia, la Bellezza e l’Amore possono essere percepiti soltanto se si hanno i “presupposti energetici” per farlo, se si ha cioè sviluppato un buon numero di “binari energetici”, se si possiedono le memorie di gestione dei corpi necessarie ad afferrare coscientemente qualità come l’Amore e la Gioia.

Tutti i piani di esistenza sono stracolmi di Bellezza, sono letteralmente fatti di Gioia, ma ognuno ne percepisce unicamente secondo quelle che sono le sue capacità di gestire lo strumento atto a percepirle, la personalità, ossia secondo lo sviluppo del suo Cuore, l’organo preposto a dominare ed utilizzare al meglio tale personalità. Un astronomo può scrutare la bellezza dell’universo tanto meglio quanto più ha imparato ad usare bene il suo telescopio; come potrebbe operare bene se fosse invece convinto di essere il suo stesso telescopio?

Quando saremo nel mondo dell’anima godremo della Bellezza e della Gioia, solo proporzionalmente a come ci saremo fabbricati il nostro buon telescopio durante la permanenza sulla Terra. Così come accade in tutti gli altri piani sottili, anche nel mondo dell’anima il grado di coscienza di noi stessi risulterà proporzionato al livello di identificazione con l’anima che già avevamo sulla Terra.

In conclusione, saremo coscienti sul piano astrale nella misura in cui eravamo capaci di governare il nostro mondo emotivo mentre stavamo nel corpo fisico; saremo coscienti sul piano mentale nella misura in cui abbiamo sviluppato la nostra mente attraverso lo studio e la produzione di pensieri elevati ed altruistici, siano essi politici, religiosi, sociali o filosofici; saremo coscienti sui piani dell’anima nella misura in cui abbiamo provato emozioni superiori (amore, compassione, tenerezza…) e ci siamo dedicati al pensiero astratto, puro, intuitivo, artistico senza fini materiali.

Chi non ha mai avuto pensieri altruistici e non ha mai usato il suo pensiero per pensare veramente, ma si è limitato ad usarlo per fare la spesa e parlare delle condizioni atmosferiche o di football con gli amici, non vivrà il paradiso. Come potrebbe infatti restare cosciente su quel piano dopo la morte? Non ha fabbricato i “binari energetici” sufficienti ad ancorare la sua coscienza su quel livello.

Allo stesso modo, chi non ha mai provato emozioni superiori, non si è mai dedicato all’arte o al pensiero astratto, non ha speranza di restare cosciente sui sottopiani più elevati del piano mentale e poi sui piani dell’anima, dopo la morte del corpo mentale.

Spesso, sui sottopiani più elevati del paradiso, incontra quelle entità e quelle forze che la compenetrano e l’aiutano a sviluppare alcune qualità che essa manifesterà poi nell’incarnazione successiva a vantaggio del progresso dell’umanità intera. Infatti, oltre a gioire di quanto di buono ha fatto ed ha imparato durante la vita terrena, l’anima in paradiso si istruisce per la sua nuova prossima missione acquisendo nuove capacità e qualità; ma può farlo sempre solo nella misura in cui si è resa in grado di ricevere nuovi insegnamenti, lavorando al proprio perfezionamento durante l’ultima incarnazione.

Abbandonati i suoi tre involucri esterni, la coscienza del Sé, cioè dell’anima, se è sufficientemente «cristallizzata», gode della Bellezza dello spazio cosmico. A un certo punto del suo viaggio nel mondo spirituale essa ha ormai ricevuto tutti gli insegnamenti che è in grado di immagazzinare, ed è arrivata al più alto grado di Beatitudine che le è possibile percepire (che può ancora sopportare con i suoi attuali “binari energetici”), e questa Beatitudine è già milioni di volte più intensa di qualunque momento di felicità terrestre.

Tuttavia, proprio quando ha toccato l’apice, accade ancora qualcosa di straordinario: si accorge che di fronte a lei si estende… l’infinito. Un infinito tutto da scoprire di Amore, Gioia e Bellezza. Essa si accorge che la sua capacità di accrescere la Beatitudine è potenzialmente infinita, priva di qualsiasi confine: realizza in un istante che un mare di inconcepibile estasi è lì ad attenderla, un’estasi che per adesso le risulta insopportabile (non-supportabile), cioè fisicamente non sostenibile dalle insufficienti “memorie di gestione” (i “binari energetici”) costruite fino a questo punto della sua evoluzione.

Questo rappresenta un momento cruciale per l’anima. Andare avanti significherebbe “perdersi” nella Gioia ed “annullarsi” nell’Uno, perché verrebbero a mancare i supporti per rimanere unitariamente cosciente di quanto sta percependo.

Procedere implicherebbe il disciogliersi per sempre nell’inconsapevolezza del Tutto, ritornare a far parte dell’indistinto Uno. E scegliere questa via dell’oblìo completo pare sia effettivamente possibile: è la liberazione finale dalla ruota delle reincarnazioni, dallo spazio-tempo, dal concetto stesso di individuo e di evoluzione.

Data la lunghezza dell’articolo, il post è stato diviso in più pagine:

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