Il Mito di Avalon e Ciclo Arturiano

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Data di pubblicazione: 9 Ottobre 2011 ©Giardino delle Fate

❈ ARTU’ ❈

Re leggendario dei Britanni, che combatté contro gli invasori anglosassoni. Benché alcuni studiosi lo considerino una figura mitica, è possibile che uno storico Artù abbia condotto la lunga resistenza dei Britanni contro i nemici. Per altri studiosi Artù è invece un personaggio ispirato a Cu Chulainn, protagonista di poemi epici irlandesi; per altri è un Dio del pantheon celtico, forse il simbolo della terra stessa (Art = roccia, da cui Earth), poi trasformato dalla leggenda in un essere umano.

C’è poi chi ritiene che sia esistito veramente: nel VI secolo dopo Cristo, fu forse il re o il capo di una tribù britannica impegnata nella resistenza contro gli invasori Sassoni. Il nome, comunque, potrebbe derivare dal latino Artorius (in tal caso Artù era forse un Comes Britanniarum, ovvero un rappresentante dell’impero romano). Secondo la leggenda, tramandata oralmente per lungo tempo dai bardi celti, Artù era figlio di Uther Pendragon, sommo Re di Britannia. Tenuto nascosto durante l’infanzia, fu improvvisamente presentato al popolo come Re secondo i disegni del Druido Merlino.

Durante il suo regno si riunì a corte una grande compagnia di cavalieri che, per evitare i problemi di precedenza dovuta al lignaggio, il sovrano faceva sedere ad una tavola rotonda. Dal punto di vista esoterico i Cavalieri della Tavola Rotonda rappresentano la ricerca umana della Luce, della purezza, della redenzione nella giustizia e nel coraggio in difesa dei più deboli, pur non essendo del tutto indenni, durante il cammino di ricerca, dagli errori della natura umana.

Artù è il principale protagonista del ciclo arturiano, ideatore e creatore della Tavola Rotonda, eppure desta sorpresa il fatto che le sue singole qualità, isolatamente considerate, non lo mettano in alcun modo in evidenza. Non è il guerriero più forte della Tavola Rotonda, poiché questo ruolo è di Lancillotto. Non è l’uomo più saggio: la Conoscenza è personificata da Merlino. Non è il cavaliere più immacolato: la palma spetta a Galahad, che contemplerà il Graal e in quest’estasi passerà dalla vita mortale alla vita eterna. Chi è dunque re Artù?

È il “punto centrale” dell’intera saga, la colonna portante della Tavola Rotonda: il suo ruolo è quello dell’Unificatore, di colui cioè che raduna intorno a sé gli eletti in vista di un compito universale. È l’axis mundi del sodalizio cavalleresco che egli stesso ha costituito, il fulcro o perno sul quale esso poggia, ed intorno a cui ne ruotano le vicende. Non a caso, quando il tradimento di Ginevra manderà in frantumi il mondo personale del Re, anche la Tavola Rotonda andrà incontro alla propria distruzione, perché il Re è l’anima del sodalizio cavalleresco che egli ha creato, e che di conseguenza non può sopravvivergli.

Artù diviene re della Britannia estraendo una spada (che non è Excalibur: quest’ultima gli verrà donata in seguito dalla Dama del Lago) da una incudine posata su una roccia. Questa “prova della regalità” è connaturata alla funzione della sovranità nelle società tradizionali: il Re è colui che è predestinato a ricoprire quel ruolo e ad incarnare nella propria persona l’essenza della sua terra.

Anche Ulisse, tornato ad Itaca e dopo aver scoperto che è stata invasa da pretendenti che usurpano le sue funzioni regali, dimostra la sua vera identità compiendo un’impresa marziale che lui solo è in grado di eseguire, e cioè attraversando con una freccia scagliata dal proprio arco gli anelli di dodici scuri allineate. Il numero dodici ha attinenza con i cicli cosmici ed indica la capacità di Ulisse di “restare al centro”, di essere cioè il perno o fulcro del proprio regno terreno. Allo stesso modo, la spada conficcata nell’incudine è un simbolo assiale e la sua estrazione da parte di Artù sta a simboleggiare che, da quel momento in avanti, egli stesso diverrà l’axis mundi della Britannia.

Artù manca di capacità particolari perché il suo unico compito è quello di costituire il centro del suo universo, il motore immobile intorno al quale dovrà ruotare la Tavola Rotonda. La sua qualità preponderante è proprio la regalità, il cui possesso egli dimostra superando la prova della spada nell’incudine. La sua successiva vittoria sui Sassoni, che avevano invaso la Britannia, è una manifestazione tangibile di questa regalità, dopo la quale non si registrano altre grandi imprese di Artù; la sua sola presenza mantiene unita ed attiva la Tavola Rotonda, ed il suo declino e la sua morte segneranno la decadenza e la fine dell’intero sodalizio.

❈ MERLINO ❈

Merlino Ambrosio (o Merlino Celidonio, a seconda dei testi), nacque nel villaggio di Carmarthen, nel Galles meridionale. Figlio di un diavolo incubo e di una vergine, dopo la morte dell’usurpatore Vortigern diventa il consigliere e il protettore dei legittimi re di Britannia, innalza per loro il monumento megalitico di Stonehenge, acquisisce poteri magici grazie ai quali favorisce la nascita di Artù, costruisce la Tavola Rotonda ed intercede presso la “Signora del Lago” per dotare il suo Re di Excalibur, la spada invincibile. Uomo solitario in apparenza, Merlino, in effetti non è solo: l’immagine che ci viene data corrisponde all’atteggiamento di ritiro che gli si attribuisce, ritiro da una società che non comprende i suoi consigli o i suoi avvertimenti. L’Incantatore è, però, sempre affiancato nelle leggende da una donna, di cui è difficile stabilirne il nome: Gwendydd, Nimue o Viviana. Ciò che è certo, è che questa donna lo imprigiona per l’eternità.
Secondo alcuni autori, questo leggendario veggente era gallese e per altre bretone, e si pensa che la madre sia stata una figlia del re di Demezia, mentre il padre sia sconosciuto. Sin dalla giovane età ebbe il dono della preveggenza, e questo finì per renderlo amico e maestro di Re Artù.

Una leggenda dice che Merlino s’innamorò della Dama del Lago e che costruì un sepolcro incantato per accogliere un giorno i loro corpi, ma l’amante lo ingannò e lo rinchiuse vivo nel mausoleo; è però strano vedere l’incantatore soccombere così facilmente al suo fascino perverso e lasciarsi rinchiudere nella prigione d’aria, dato che conosceva l’avvenire e possedeva poteri magici superiori. Anche qui le risposte sono molteplici: in una delle leggende, quando lei prende a vaneggiare, presa da furore profetico, Merlino dichiara che non farà mai più profezie, perché lei è superiore a lui.

È una confessione. I suoi poteri sono più deboli, si tratta di una trasmissione di poteri, in quanto le divinità sono sottomesse al destino: devono nascere, compiere la loro missione ed infine scomparire, per far spazio a divinità più giovani.

Merlino non muore, è semplicemente messo da parte, messo in dormizione, proprio come Artù nell’Isola di Avalon. È anche quello che succede nel mito del Graal, dove il vecchio re impotente si lamenta in attesa che il ‘Giovane Figlio ridia prosperità alla Terra Desolata’. In tutti i modi, Merlino ha scelto volontariamente ciò che si può chiamare il suo ritiro.

Viviana, poi, è spesso vista come l’identificazione Diana (Artemide). Essa stessa lo dichiara, si definisce una divinità delle foreste.

❈ MORGANA ❈

Morgana è un personaggio direttamente derivato dalle divinità Morrighan, Macha e Modron (la Grande Madre celtica), e compare per la prima volta nella Vita Merlini di Geoffrey: fa parte di un gruppo di nove Fate che vivono ad Avalon.

Nelle narrazioni successive Morgana, scoprendo di essere la sorellastra di Re Artù per causa di un sortilegio di Merlino, decide di vendicarsi di lui, si trasforma in Ginevra e con Artù concepisce Mordred, il cavaliere rinnegato che metterà fine alla vita del grande sovrano.

Morgana inizia ad assumere connotati sempre più negativi, fino a diventare l’implacabile nemica del sovrano, di Merlino e dei Cavalieri della Tavola Rotonda.

Nelle opere tardo medioevali, dimenticate le origini semidivine, viene presentata come una perfida seduttrice, tanto bella quanto malvagia: il prototipo, insomma, della “donna sessuata” (la Strega), aborrita e temuta dalla Chiesa cattolica.

❈ VIVIANA ❈

La Dama del Lago ha assunto nel tempo vari aspetti: da colei che fornì la spada Excalibur ad Artù, la donna che allevò Lancillotto (in seguito chiamato Lancillotto del Lago), fino a diventare insieme a Morgana l’acerrima nemica di Merlino, colei che ne causerà la rovina. L’immagine di questo personaggio si presenta in un primo tempo velata di mistero, ma di natura benevola, mentre in seguito il suo carattere comincerà a delinearsi, facendole prendere forma di creatura malvagia.

❈ GINEVRA ❈

Più volte ripresa come figura femminile in letteratura, per Malory fu la figlia di re Leodegrance of Cameliard, per la tradizione gallese di re Ogrfan Gawr of Knucklas Castle, e per la tradizione germanica di re Garlin of Galore, mentre per Geoffrey of Monmouth fu figlia di un nobile romano e sposa di Artù. Il suo nome è riportato ogni volta in maniera differente: dal tradizionale Guinevere, o Guenevere, o Guenievre, o Guenhumare o Ginevra. In gallese è Gwenhwyfar, in Cornovaglia è Jenefer.

Il personaggio di Ginevra è stato utilizzato per intrighi particolarmente ingegnosi: è l’amante di Lancelot, è complice del complotto di Mordred contro Artù, oppure deposta ed uccisa dallo stesso Modred, un’uccisione forse dovuta alla querelle tra Ginevra e sua sorella, Gwenhwyfach, moglie di Modred, che nella leggenda si dice fu la causa della battaglia di Camlann. In alcuni racconti si dice che Artù avesse sposato tre donne, tutte con questo nome. Ciò fa pensare che la fatale regina abbia assunto l’eredità mitologica della triplice Dea gallese, che mediante l’unione con il re conferiva alla regalità un carattere sacro.

Nei racconti in cui tradisce lo sposo con un uomo più giovane, sembra invece essersi conservata un’eco di divinità celtiche femminili come Blodewedd che, secondo il mitografo R. Graves, erano il residuo di culti matriarcali in cui la Dea si univa ritualmente al re, che poi le veniva sacrificato. Pare infatti che Ginevra incarni lo stesso ruolo delle Dee nella Dama del Lago e Morgana, che dopo lunghi anni di matrimonio felice causa la disperazione del re, e la fine di Camelot: benché umana, anch’ella ha le qualità delle antiche Dee ed il suo comportamento si sottrae in definitiva alla morale comune.

❈ LANCILLOTTO ❈

È “il miglior cavaliere del mondo”, eroe archetipico del ciclo arturiano. Viene rapito ancora fanciullo dalla Dama del Lago, ed allevato nel suo regno incantato; giunto all’adolescenza chiede ed ottiene di recarsi alla corte di Artù per esservi nominato cavaliere. È generoso e leale, imbattibile e cavalleresco, gloria della Tavola Rotonda e profondamente devoto ad Artù, eppure sarà la causa principale della rovina dell’intero sodalizio, a causa del suo amore adulterino per Ginevra, moglie del re.

Lancillotto partecipa alla cerca del Graal, ma a dispetto della sua grande fama ottiene soltanto di coglierne una fugace visione, a causa del suo stato di peccato. Sarà suo figlio Galahad, il Perfetto, a portare a termine con successo la Cerca ed ottenere di transumanarsi nella contemplazione del Graal.

Lancillotto incarna l’archetipo del guerriero leale e coraggioso, ma “troppo umano”. Le sue virtù sono soprattutto mondane; brilla nella società cavalleresca ma fallisce inesorabilmente nella sua ricerca dell’Eterno. Mentre Merlino soccombe all’aspetto magico e superumano del Femminile, impersonato dalla Dama del Lago, Lancillotto cade davanti a quello terreno e sensibile incarnato da Ginevra.

La sua attrazione per la moglie del suo re costituisce per lui un peso insormontabile, e sembra simboleggiare il limite di tutti i cavalieri della Tavola Rotonda: uomini dal comportamento generalmente ineccepibile e con un severo codice d’onore, la cui ambizione principale tuttavia non è spirituale o metafisica, ma piuttosto quella di primeggiare nel mondo. Non a caso il Graal, l’aspetto eterno e supremo del Femminile, la Coppa che apre l’accesso ai mondi sovrasensibili, sarà “conquistato” solo da Galahad, che nella sua purezza adamantina non subisce la fascinazione della Donna.

❈ LANCILLOTTO E GINEVRA ❈

Dopo essere stato ammesso come Cavaliere alla Tavola Rotonda, Lancillotto divenne il più intimo amico di Artù, oltre che suo campione, e lo aiutò a sedare la ribellione di Galehaut, the Haut Prince, che si arrese dopo aver osservato in battaglia le sue capacità di Cavaliere. Galehaut divenne il suo miglior amico, arrivando persino ad essere il segreto corriere del suo amore per Ginevra.

Lancillotto, il più valoroso dei cavalieri di Artù, fu destinato a diventare parte dell’eterno triangolo con Artù e Ginevra. Il suo amore per Ginevra era grande, più grande persino della sua fede. La sua forza affondava in esso le proprie radici, il coraggio da tale sentimento traeva nutrimento: affrontò imprese disperate per salvare la sua Regina, la sua amata, ed ogni volta la sua fama cresceva. In realtà però, egli cercava con le sue imprese di sfuggire al suo destino. Ma le trame del destino, forgiate con il telaio del desiderio e tessute dal sogno in cui viveva, erano più forti del migliore dei cavalieri, di lui stesso. Con la coscienza che lo accusava continuamente, affrontò avventura dopo avventura per stare il più lontano possibile dalla sua Signora, il suo amore.

Lancillotto esplorò terre sconosciute per trovare la pace, idealizzata nella figura del Sacro Graal. Divenne conscio della sua vera essenza immortale quando entrò da ignaro, per volere del suo Eterno, nelle Terre di Sogno. Lì ricreò il suo regno, il suo castello (Bamburgh Castle, nel regione del Northumberland), il suo intero mondo. Tutto gli fu possibile, tranne raggiungere la pace.

La loro relazione illecita fu il tema di molti racconti medievali. Il loro amore durò per anni, fin quando Sir Mordred, il cavaliere nero, scoprì la tresca ed informò il sovrano. Artù “dette quindi licenza” di catturare Lancillotto e condannò al rogo la moglie infedele. Lancillotto accorse così a salvare la sua amata, uccidendo però nell’impresa molti cavalieri e causando la rovina della compagnia della Tavola Rotonda.

Successivamente, Ginevra si rinchiuse in convento per il resto dei suoi giorni, mentre Lancillotto si ritirò nella sua Gioiosa Guardia, il castello che da allora chiamò La Dolorosa Guardia.

Data la lunghezza dell’articolo, il post è stato diviso in più pagine:

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