Il Popolo Celtico

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Data di pubblicazione: 19 Settembre 2011 ©Giardino delle Fate

✧ Origini ✧

L’origine del popolo dei Celti è indoeuropea. La parola celtico ha origine dal greco keltai che gli abitanti di Marsiglia, città fondata dai Focei, attribuirono ai membri di queste tribù belligeranti.

La loro prima area geografica di residenza è l’Europa centrale, in particolare tra la Boemia e la Baviera, dove ha avuto luogo la cosiddetta ” Cultura di Unetice”, particolarmente legata alla lavorazione dei minerali e alla pastorizia. Da questa cultura hanno avuto origine anche gli italici, gli illiri ed i veneti.

Sicuramente la genesi dei Celti ha risentito di un’interazione tra varie popolazioni, è dunque opportuno elaborare una premessa.

Intorno al 4000 a.C. esisteva una civiltà, denominata di Atlantide, che abitava nella zona del Baltico, in particolare nello Jutland e nella bassa Scandinavia. Questa civiltà, racconta Erotodo, era particolarmente progredita, abile nella costruzione dei templi e degli stadi, aveva una certa esperienza nella navigazione.

Ciò è provato dalle costruzioni megalitiche dei menhir della Bretagna (Carnac), dell’Irlanda, del Galles e dell’Inghilterra (Stonehenge), dove nelle vicinanze è stato forse rinvenuto un probabile stadio per le corse equestri.

A seguito di siccità, terremoti e carestie, tale popolo è migrato verso l’Europa centrale, la Grecia (dove c’erano le culture achea e micenea, che furono distrutte), l’Anatolia (dov’erano presenti gli Ittiti), la Palestina (in cui hanno avuto origine le civiltà fenicia e semita) e l’Egitto. Questa migrazione è nota come quella dei “popoli del mare”.

Solo in Egitto, Tolomeo riuscì a respingere la loro invasione. La coda della migrazione dei popoli del mare fu rappresentata dai Dori che si stanziarono in Grecia ed in Egeo.

Intanto, quasi contemporaneamente, secondo una teoria più accreditata, tra il 3000 e il 2500 a.C. in Oriente c’erano tre popolazioni indoeuropee, i Kurgan della zona del Volga, alto Mar Caspio, i Transcaucasici del Caucaso, e i Nordpontini della zona del Mar Nero.

Queste popolazioni, in particolare la prima, influenzandosi e mescolandosi tra loro fino alla fine dell’Età del Rame, eseguirono delle migrazioni in Anatolia (Ittiti), in Mesopotamia (Arii), Grecia (Macedoni e Micenei), Europa (Cultura di Unetice in Boemia, crocevia di popolazioni). La divisione cominciò con l’inizio dell’Età del Bronzo e si perfezionò con l’Età del Ferro (la Boemia era ricca di ferro) e si implementò con l’addomesticamento della razza equina (la parola cavallo ha la stessa radice in tutte le lingue indoeuropee) e del bestiame.

Contemporaneamente, nel nord Europa, in particolare nella zona della Polonia, compare la civiltà dei Campi di Urne, di origine nordica, che prende il nome dal modo in cui seppellivano i loro defunti. La coda di questa migrazione orientale ebbe luogo con gli Sciti, nell’800 a.C., che si diffusero in Mesopotamia originando prima la cultura Caldea, di cui Abramo ne sarà un rappresentante, e poi quella Assira che sarà dominante fino all’avvento dei Persiani, in Anatolia, dove erano presenti già i Frigi, i Lidi ed i Pontini), in Grecia, in Italia, dove dal 900 a.C. erano presenti gli Etruschi e ancora prima i Liguri e gli Italici, e in Europa centrale, dov’era presente la migrazione dei popoli del nord.

In particolare, con riferimento a quest’ultima, intorno al 700 a.C., nella zona del Salzkammergut (Salisburgo e Carinzia), fino al 450 a.C. si diffuse la cultura di Hallstatt, abile nel commerciare sale con i popoli italici e nordici. Si trattava dunque di una cultura di crocevia, basata prevalentemente su due classi sociali legate all’aristocrazia e alla pastorizia.

La fine della cultura di Hallstatt segna l’inizio della cultura di La Tene (450-50 a.C.), situata sulle rive del lago di Neuchatel e caratterizzata dall’arte espressionista, dalle rappresentazioni del particolare e dei dettagli, dall’inizio di migrazioni di popoli, dalla valida rete di commercio di massa che furono in grado di impiantare, dalla conseguente nascita di una protoborghesia. Questo passaggio è stato motivato anche da una differente esigenza sociale: nuovi ceti aspirano al potere, per cui la vecchia aristocrazia hallstattiana viene soppiantata.

Dunque all’inizio del 600 a.C., come risultato di queste due ultime culture appena descritte, nella zona che comprende il basso Rodano e l’alto Danubio ha origine la popolazione celtica che, di cultura nomade, comincia a migrare verso l’Italia settentrionale, dove si stanzia attorno a Mediolanum ed entra in contatto con gli Etruschi, l’Europa centrale, facendo scomparire la cultura di Hallstatt, la Francia, da cui hanno origine i Galli, la Germania, dove si integrano con i Germani (Suebi, Marcomanni, Longobardi, Ermunduri, Quadi e Semnoni), popolo proveniente dall’area del Baltico, differente da quello dei Celti, la Gran Bretagna, dove ebbero uno sviluppo più arretrato, la Serbia, la Macedonia e l’Anatolia, dove compaiono i Galati, che importarono culti religiosi orientali.

In particolare per la Gran Bretagna è opportuno precisare che, intorno al 900 a.C. e al 500 a.C., ci furono due ondate di migrazioni di popoli di origine indoeuropea, che si sovrapposero alle popolazioni preesistenti derivate dagli “ex Atlantidi” giunte nel 3000-2000 a.C.

Le fonti storiche che raccontano dei Celti sono svariate: Erodoto, Cesare, Livio, Polibio (il più accurato), Posidonio, Diodoro Siculo, Dionigi di Alicarnasso, Strabone, Dione Cassio, Tacito, ma ad ogni modo, resta il fatto che le origini dei Celti sono, tuttora, un mistero, anche perché, mentre per popoli come gli Egizi, i Greci o i Romani si può parlare di “civiltà” in senso più pieno e se ne può ricostruire dettagliatamente il percorso storico grazie all’abbondanza delle fonti scritte, la documentazione sui Celti, fino al contatto con i Greci e i Romani appunto, è sostanzialmente quella di una cultura, nel significato che a questo termine assegnano gli studiosi della preistoria e gli archeologi: è un mondo complesso ed affascinante nel quale ci si immerge lasciandosi alle spalle il proprio.

Infatti tra i Celti e noi si stende l’universo della cultura greco-latina e della tradizione cristiana, che hanno oscurato la memoria legata a quella antica civiltà, caratterizzata da una concezione della vita più incentrata sul “perché” che sul “come”.

Il problema da risolvere per loro non era quello di come dominare le forze della natura e della creazione, ma di come riuscire a penetrare a fondo il mistero del destino umano per abbandonarvisi con una sorta di rassegnata ed inesorabile ebbrezza.

Questo il fascino peculiare dell’antico mondo celtico, un mondo il cui punto di forza e paradossalmente di debolezza fu la fantasia e l’individualità, motivo per cui il suo epilogo ebbe inizio proprio quando la disincantata civiltà romana, che viveva agli opposti concettuali, alla fantasia opponeva la pragmatica praticità e all’individualismo, l’arma più distruttrice e dominatrice mai creata: il servizio militare.

L’eroico individualismo guerriero venne meno al confronto con la fredda e calcolata strategia militare, nonostante i Celti fossero più numerosi dei romani ed impugnassero armi spaventosamente più micidiali.

«Se vuoi sapere come i Romani hanno conquistato il mondo conosciuto» afferma il grande scrittore fantasy ed esperto di strategie militari David Gemmell «la risposta è il gladio, la corta spada che usavano. Una lama di 18 pollici con cui effettui affondi, è diversa da una spada di tre piedi con cui fai dei fendenti, questo significa che puoi stare spalla a spalla su un muro, dove una lama calata di taglio ti manterrebbe a sei piedi in ogni direzione dai tuoi compagni. Non importa quanto i Celti superassero in numero i Romani, al momento del contatto erano tre a uno per i Romani».

Sarà solo l’evoluzione della storia a riportare in luce i mirabili fasti di quella cultura così genuina ed affascinante, così misteriosamente legata alla natura e mai completamente sondabile sino in fondo. Oggi si può affermare che l’espansione celtica verso tutte le direzioni della bussola, ha portato nella maggior parte dell’Europa occidentale un’omogeneità etnica, linguistica ed economica che precede di secoli l’azione unificatrice dell’Impero Romano.

Oltre che alla cultura materiale, si deve pensare anche ad un originale patrimonio spirituale elaborato, amministrato e diffuso dalla casta sacerdotale dei Druidi che, attenuatisi i legami tribali, corrisponde alle più autentiche e profonde radici della tradizione celtica.

…Poi, in maniera improvvisa…
così com’è tutta la storia che non si riesce a dominare…
arrivò il giorno in cui i Celti scomparvero… o cambiarono nome…
o continuarono ad esserci, inconsapevoli di esserlo…
…o forse paradosso…
ai fini della storia narrata,
cominciarono ad esserci veramente…

Data la lunghezza dell’articolo, il post è stato diviso in più pagine:

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