Incantesimi Alchemici

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Data di pubblicazione: 2 Ottobre 2011 ©Giardino delle Fate

La via delle Acque Corrosive
(lo scopo della via violenta)

Esistono alcuni metodi di risveglio, sempre facenti parte dell’Alchimia, che potremmo definire “non convenzionali”, talvolta indicati nella tradizione Indù come via violenta.

Tale percorso si fonda sull’utilizzo di potenti tecniche occulte, le cosiddette acque corrosive, che costringono l’energia di Kundalini a risvegliarsi e a salire lungo la spina dorsale, indipendentemente dal fatto che il neofita abbia compiuto un regolare percorso iniziatico di purificazione delle sue emozioni e della sua mente, e si sia quindi naturalmente posto in grado di reggere una simile improvvisa deflagrazione interiore.

Questo temibile sentiero veniva percorso dai praticanti maghi/alchimisti ai quali era stata annunciata un’imminente morte, sia per causa di malattia incurabile, sia come risultato di una condanna da parte delle autorità, un evento che colpiva non di rado chi si dedicava a simili studi e pratiche.

Trovandosi dunque costretti a scegliere tra il rischio di dover vivere l’ultimo periodo della loro incarnazione nella follia (causata da un’incapacità del sistema nervoso di reggere l’inteso regime del Fuoco causato dalle tecniche occulte), e la certezza di morire nell’incoscienza di sé e quindi di precipitare nell’oblio una volta abbandonato il corpo, molti di essi preferivano affrontare il primo pericolo.

In ogni caso le tecniche venivano sempre accompagnate da un serio tentativo di estirpare i pensieri separativi e le emozioni più basse dalla propria personalità.

Nonostante non fosse a disposizione un arco di tempo sufficiente a compiere un lavoro alchemico preciso e profondo sulle emozioni negative, si provava comunque, nei limiti del possibile, ad uccidere l’odio, il giudizio, il senso del possesso e l’egoismo in se stessi, e ciò per un evidente motivo: una personalità dove Kundalini, una volta risvegliata, comincia ad incanalarsi in emozioni come odio, rancore e desiderio di possesso diviene un’aberrazione della Natura.

Tutte le manifestazioni più basse vengono infatti ingigantite dall’afflusso di nuova energia e divengono estranee ad ogni tentativo di controllo, l’individuo si trasforma in breve tempo in un folle lussurioso, spietato, desideroso oltre ogni limite di potere materiale. I 12 capi delle SS, gli apostoli neri di Himmler, sono un esempio eclatante del traguardo a cui può portare il sentiero delle acque corrosive, se non accompagnato da una coscienza vigile ed orientata verso il bene.

Al di fuori di un contesto dove i danni provocati dal percorrere tale via possono risultare un giusto rischio da correre in assenza di alternative (data l’imminenza del termine della propria incarnazione), non esiste alcuna ragione intelligente per esporsi a simili pericoli.

La via alchemica consueta è infatti già di per sé la via più rapida, ammesso che la rapidità possa venire considerata un metro di giudizio in ambito spirituale, e lo può divenire ulteriormente in funzione della volontà e dell’aspirazione del praticante. In alchimia ognuno può decidere la velocità della propria evoluzione.

Si consideri inoltre che, anche qualora la via violenta andasse a buon fine e il praticante riuscisse a conservare la propria integrità psichica, lo sviluppo così ottenuto non potrebbe mai essere completo. Non è infatti in alcun modo possibile incrementare la propria intelligenza, ottenere maggior conoscenza o acuire la propria genialità artistica semplicemente limitandosi a controllare il respiro, assumere droghe o lavorare con l’energia sessuale.

Tali qualità animiche sono realizzabili innanzitutto grazie ad uno studio approfondito, e poi per mezzo del processo di trasmutazione di ciò che è inferiore in ciò che è superiore. Non si diventa infatti geniali semplicemente facendo affluire una considerevole quantità di energia (di per sé neutra) nel proprio organismo, ma solo approntando nel corso degli anni, grazie alla trasmutazione, i sensi sottili, affinché tale energia possa manifestarsi come genialità.

È tuttavia doveroso soffermarsi su tali conoscenze occulte in quanto la loro applicazione, se intesa non come sentiero evolutivo in sé, ma esclusivamente come valido aiuto in determinate fasi del proprio percorso alchemico, può senza dubbio accelerare il percorso stesso.

Riguardo ai modi, ai tempi e alle circostanze di tale utilizzo solo un iniziato può fornire le giuste indicazioni al neofita, il quale, proprio in virtù della sua condizione di neofita, non è in grado di distinguere in quale momento l’applicazione di una tecnica può divenire vantaggiosa, e in quale invece andrebbe a compromettere, talvolta irreversibilmente, i sottili equilibri della sua psiche.

I metodi impiegati come acque corrosive sono tre:

l’assunzione di sostanze psicotrope
il controllo della respirazione
il padroneggiamento dell’energia sessuale (tantrismo)

~• Le sostanze psicotrope •~
Il problema dell’uso delle sostanze psicotrope è che, nell’accedere ai piani superiori attraverso l’assunzione di sostanze psicoattive, si scavalca d’un sol colpo tutto quel lavoro di purificazione che, fra l’altro, è indispensabile allo sviluppo nell’individuo di quella presenza e di quella forza di volontà, preziose nel momento in cui ci si confronta con energie ed entità che superano di gran lunga le normali capacità di gestione dell’uomo medio.

Tutte le acquisizioni supernormali e le esperienze di contatto con il mondo astrale, che di norma l’uomo ricerca nelle sostanze psicotrope, possono essere raggiunte naturalmente grazie ad un lavoro alchemico fondato sul ricordo di sé, l’apertura del Cuore e la trasmutazione delle emozioni negative.

La funzione della sostanza psicotropa era fondamentale nell’antichità, in quanto atta a fornire al mago neofita una breve esperienza delle meraviglie che lo attendevano una volta portata a termine la trasmutazione di sé in Uomo Nuovo, e ricondotta quindi la sua coscienza all’Uno primordiale. La sostanza non rappresentava mai una via spirituale in se stessa, bensì veniva utilizzata esclusivamente in un contesto iniziatico allo scopo di provocare uno stato di coscienza modificato, utile al futuro sviluppo del mago. Era un “assaggio”.

Uno sciamano o un mago più anziano, si prendevano la responsabilità di guidare il neofita lungo il suo viaggio affinché ciò non si risolvesse in un’inutile esperienza di fascinazione psichedelica, o potesse risultare dannoso, se non addirittura letale.

Se, dopo aver sperimentato l’indescrivibile gioia del contatto con i mondi spirituali e il “senso dell’Uno”, l’individuo, una volta cessata l’esperienza, iniziasse a lavorare assiduamente su di sé tutti i giorni della sua vita al fine di conseguire in maniera permanente quella gioia e quell’amore, allora i nervi e le cellule del suo corpo fisico si trasformerebbero a poco a poco, ed anche i suoi veicoli sottili si “fisserebbero”, consentendogli di reggere in maniera stabile la nuova frequenza vibratoria.

La piramide principale della piana di Giza, che Cheope si era attribuito e che è stata erroneamente identificata con una tomba dagli studiosi, è un perfetto esempio di luogo iniziatico. Il sarcofago di granito collocato nella cosiddetta “camera del Re” serviva da “battello” per il viaggio iniziatico del neofita.

L’iniziando assumeva una bevande composta di sostanze psicoattive, veniva poi fatto distendere all’interno del sarcofago, il quale veniva chiuso da un coperchio di pietra. Intorno, i sacerdoti recitavano dei mantra per tutta la durata della cerimonia, mentre essenze di vario genere saturavano l’aria. Nel buio più completo e sotto l’effetto delle sostanze droganti, il neofita viveva la sua esperienza iniziatica.

Tutta la struttura della piramide è stata concepita affinché energie spirituali provenienti dai mondi superiori potessero essere veicolate nel sarcofago, così come in altri punti strategici della costruzione. La piramide fungeva da ponte tra la Terra e il Cielo, e percorrere un determinato tracciato al suo interno, sostando in alcune stanze secondo una precisa successione, significava vivere in forma “compressa” il cammino iniziatico che si sarebbe dovuto poi realizzare nella vita quotidiana.

Le droghe erano pure utilizzate dagli sciamani/guaritori, i quali conducevano la coscienza del portatore della malattia, fisica o psichica che fosse, nei mondi “al di là dal velo”, per metterlo in contatto con la parte più profonda di sé, spesso simboleggiata dall’animale-guida. Tale contatto permetteva al malato di sciogliere alla radice il suo problema. L’attenzione era pertanto sempre posta sull’origine psicologica e animica del disturbo, che poteva essere individuata ed elaborata attraverso un viaggio, e mai sul sintomo esteriore.

Purtroppo oggi le sostanze psicotrope non vengono più considerate come finestre dalle quali è possibile gettare uno sguardo sulla propria vera essenza, ma come semplice svago o facile via di fuga da una realtà sociale che si ritiene insopportabile. Nell’attesa che venga instaurata una società autenticamente iniziatica, esse andrebbero totalmente proibite, in quanto latrici di maggior addormentamento all’interno delle coscienze, anziché risveglio.

L’avventura di massima viene pagata a caro prezzo: tutta l’enorme tensione si scarica sull’aspirante imprudente che può venire precipitato in disturbi gravissimi, epilessia, invasamento, idiozia, follia e, talvolta, la morte stessa. Paradossalmente, di questi tempi, proprio le sostanze che potrebbero aiutare il risveglio dell’anima, sono fra le principali cause della prigionia psichica cui il pianeta è sottoposto.

Le coscienze dei giovani vengono intontite da un uso sconsiderato ed anti-iniziatico dell’alcool e delle droghe, pesanti o leggere che siano. Le potenti energie giovanili vengono in tal modo imbrigliate e rese inoffensive per segreto volere dei governi mondiali che, come chiunque non abbia la coscienza completamente obnubilata può notare, tollerano e segretamente finanziano una diffusione sempre maggiore di droghe, alcool ed armi sul pianeta.

Qualificazione irrinunciabile per una qualsivoglia pratica, sia essa inserita in un percorso che contempla le acque corrosive o il processo alchemico classico, è la capacità dell’aspirante di produrre a volontà l’assoluta presenza o ricordo di sé, senza la quale nessuna attività realmente magica è possibile.

Pertanto il Mago deve innanzitutto essere in grado di mantenere una perfetta concentrazione mentale ed un’inscuotibile tranquillità emotiva in ogni istante della pratica occulta, sia essa concernente l’assunzione di droghe, l’esercizio di respirazione o il lavoro con l’energia sessuale; inoltre deve essere capace di associare il ricordo di sé, cioè la consapevolezza del qui-e-ora a tale stato di ferma e rilassata concentrazione. Lui deve dominare lo svolgersi dell’esperienza con tutta la presenza di cui è in grado, e mai lasciare che sia essa a dominarlo, altrimenti tutto è vanificato.

Per tutto il lasso di tempo in cui si accede all’avventura psico-spirituale, il riuscire ad essere presenti a se stessi segna la differenza tra la vita e la morte.

~• Il controllo del respiro •~
Nell’ambito di una via violenta, è possibile che l’individuo sviluppi un desiderio di risveglio tale da essere capace di impiegare una forza di volontà extra-normale e suscitare in sé, attraverso delle tecniche, una potenza in grado di smuovere Kundalini dal suo sonno.

Se egli indirizzasse tale superiore desiderio nel lavoro alchemico consueto, il successo sarebbe assicurato, e per di più senza dover correre i rischi inerenti l’applicazione di tecniche violente. Ma se particolari circostanze estreme non gli consentono di intraprendere una via più sicura, il controllo del respiro potrà fungere da “ponte” verso mondi altri.

All’inizio il neofita si ponga in una posizione comoda, in un luogo tranquillo e poco illuminato, meglio se illuminato solo dalla luce di una candela, e porti l’attenzione sul suo respiro. Egli deve limitarsi ad osservare il suo naturale processo di respirazione senza alterarlo in alcun modo, deve solo preoccuparsi di respirare coscientemente.

La pratica di respirare coscientemente si trova in diverse tradizioni, anche in quella occidentale della Gnosi. Tenere l’attenzione focalizzata sul proprio respiro mentre si è seduti in meditazione o, ancora meglio, focalizzarsi sul respiro nel corso della giornata ogni volta che si riesce a ricordarselo durante le normali attività quotidiane, è un metodo efficace che conduce velocemente in stati superiori di coscienza.

Va da sé che, il solo fatto di dedicare attenzione al proprio respiro, cosa che in condizioni normali l’uomo mai si degna di fare, lo altera già in una certa misura. Ciò accade naturalmente ed è giusto che avvenga, è però essenziale che, in questa prima fase, il praticante non si sforzi di modificarlo lui stesso coscientemente.

Il corpo deve rimanere immobile, ciò che vien detto tronismos (= capacità di restare immobili sul trono, in stato di meditazione, che caratterizzava i Faraoni Egizi iniziati). In questo stato di fissità si deve svolgere il processo di respirazione. Solo quando l’apprendista è in grado di osservare il proprio respiro in uno stato di presenza per diversi minuti, senza venire distratto da associazioni di pensiero e dialoghi immaginari che si svolgono all’interno della sua mente, allora può passare alla fase successiva.

A questo punto il “tempo di ritenzione” (la pausa tra il movimento di inspirazione e quello di espirazione) deve cominciare a diventare sempre più lungo. Tale pausa di ritenzione è conosciuta come “matra” (= misura) dagli Indù. Mantenendo una postura fissa e ritenendo il respiro per periodi di tempo sempre crescenti si acquisiscono Siddhi (poteri magici) sempre più straordinari, fino a giungere alla sospensione dell’invecchiamento e all’immortalità assoluta, al di là della dissoluzione universale (maha-pralaya).

Secondo i più antichi scritti dell’alchimia Indù, il grado di progresso è dato dalla lunghezza del tempo in cui si riesce a trattenere il respiro. Si deve procedere con cautela, cercando di aumentare ogni giorno il numero dei secondi che caratterizzano la durata della fase di ritenzione.

Secondo quanto riportato nell’Amanaska Yoga: “…Quando si è in grado di trattenere il respiro per 12 minuti la Kundalini si rafforza e si risveglia iniziando la sua ascesa; dopo 96 minuti si raggiunge una condizione estatica; dopo tre ore, l’assunzione di cibo e la produzione di escrementi sono notevolmente ridotte; dopo sei ore si manifesta la luce della propria anima; …dopo otto giorni, la cessazione di qualsiasi senso di fame e di sete; …dopo dodici giorni, la capacità di muoversi sulla Terra a proprio piacimento; dopo tredici giorni, il potere del volo; …dopo ventidue giorni, il compimento di tutti i desideri; …dopo ventotto giorni, si può piegare l’Universo ai propri voleri…”

Quanto tali valori numerici vadano presi alla lettera è difficile dirlo, in ogni caso è certa l’esistenza di un legame direttamente proporzionale fra la durata della ritenzione del respiro e l’acquisizione di poteri sovrannaturali quali la visione astrale, lo sdoppiamento astrale, la materializzazione di oggetti, la cessazione dell’invecchiamento, e via dicendo.

Lo studioso avveduto può facilmente intuire quanto tale tecnica possa risultare pericolosa, laddove il neofita non la conduca sotto la supervisione di un iniziato che lo istruisca riguardo le modalità e i tempi della pratica. Basti dire che l’attitudine a ritenere il respiro si trova in rapporto diretto con la capacità di ritenere i pensieri, cioè di avere sotto il proprio controllo la caotica attività della mente, grazie all’utilizzo della ferma concentrazione o del ricordo di sé.

Il potere di controllo sulla respirazione altro non è, a livello analogico, che la conseguenza di un già acquisito potere di controllo sull’attività della propria mente, controllo che si ottiene nel corso della prima fase di questa tecnica, quando l’attività respiratoria va semplicemente osservata in stato di ricordo di sé, cioè portando l’attenzione sia sul respiro che sulla propria presenza.

Per cui, se il praticante decidesse in maniera sconsiderata di sforzarsi di ritenere il respiro nella speranza di acquisire poteri, non farebbe altro che “mettere il carro davanti ai buoi” confondendo la causa con l’effetto. Nel tentativo di trattenere il respiro in maniera innaturale non otterrebbe né la calma della mente, né le tanto agognate Siddhi, bensì, perseverando in tale folle proposito, andrebbe sicuramente incontro ad allucinazioni ed altri danni psichici e fisici.

Non si devono mai produrre sforzi volti a frenare ed inibire i pensieri, ma solo limitarsi ad osservarli come testimoni distaccati. Il testimone per il fatto stesso di osservare, modifica inevitabilmente gli oggetti osservati. Il lavoro su di sé è basato sullo sforzo di esserci, e mai sullo sforzo di modificare qualcosa.

~• Il lavoro con il Tantrismo •~
Il Tantrismo consente ai suoi adepti di raggiungere in questa incarnazione, se ne hanno la forza, o almeno in una successiva esistenza, l’immortalità fisica e l’autocoscienza con tutti i poteri sopranormali, poiché per l’appunto lo Yoga Tantriko mira a realizzare perfetta salute, longevità, volontario distacco dal corpo, poteri telepatici, guaritori o taumaturgici, chiaroveggenza del passato, del presente e del futuro, ricordo chiaro di tutte le passate esistenze, il potere di iniziare altri individui preparandoli per l’ascesi yogica; ricchezza finanziaria, possesso di tutti i beni materiali della terra per potere svolgere bene il proprio lavoro e quello dei propri discepoli; eliminazione di tutti i pensieri e le azioni egoistiche e cattive, operando sempre il bene per l’Umanità.

Ma, prima di tutto, il lavoro alchemico dell’uomo su se stesso deve consistere nella purificazione da tutte le emozioni negative che pervadono la sua personalità. La lamentela, l’odio, la rabbia, la gelosia ed ogni genere di giudizio e fastidio verso gli altri devono essere scomparsi prima che egli possa avventurarsi nei mondi spirituali.

In queste dimensioni superiori l’aspirante viene sottoposto ad ogni sorta di attacchi emotivi e mentali da parte delle forze ostili che vi abitano, e che egli stesso suscita per risonanza. Solo un perfetto equilibrio di emozioni e pensieri potrà renderlo capace di difendersi dalle offensive e di distinguere la realtà dalle allucinazioni.

L’intero significato del lavoro alchemico compiuto utilizzando questa energia, può essere espresso affermando che in virtù di tale operazione il piacere dei sensi viene convertito in “un’esplosione d’amore correttamente veicolata”. L’energia sessuale è la forma di energia più potente di cui l’uomo può disporre, essa è la spinta creativa che porta in manifestazione l’Universo stesso. È infatti l’energia creativa per eccellenza, la fonte primordiale di ogni genere di creazione.

A seconda di come tale energia viene diretta si può creare un Universo, si può creare un neonato, oppure si possono creare opere d’arte: scritti, dipinti, intuizioni scientifiche o filosofiche. Se tale energia è veicolata da colui che possiede le necessarie conoscenze occulte, essa può venire utilizzata per incrementare la propria attitudine ad amare e a soccorrere l’umanità, mentre al contempo si creano in se stessi dei corpi sottili perfettamente costituiti.

Il lavoro con questa energia può iniziare solo dopo una lunga pratica sul ricordo di sé e sulla trasmutazione delle emozioni negative, la capacità di gestire e trasmutare le espressioni della sua natura inferiore dev’essere stata acquisita in maniera completa dall’aspirante.

Il corpo dell’anima, a questo punto dello sviluppo del mago, si è già cristallizzato quasi per intero, ed egli ha assunto il controllo delle sue emozioni. Solo quando la fabbricazione di tale corpo è vicina al suo termine e il praticante è sulla via dell’apertura del Cuore, egli può arrischiare un efficace ma pericoloso lavoro per mezzo del Tantrismo.

L’energia è sempre la stessa, ma a seconda del grado evolutivo e delle conoscenze esoteriche di chi la utilizza, essa può dare origine ai più svariati risultati. Ad esempio, tutta l’arte che l’umanità è in grado di esprimere, si origina dall’energia sessuale correttamente incanalata verso i Chakra superiori dell’uomo anziché verso quelli inferiori. I Chakra del Cuore, della Gola e della Testa consentono lo sviluppo di maggiore amore, creatività ed intuizione. Perversione, fanatismo dogmatico e guerre, sono invece il risultato della medesima energia incanalata verso i Chakra inferiori.

Il fine del lavoro alchemico tramite il Tantrismo è quello di fare in modo che l’energia non si disperda, ma si accumuli progressivamente nell’organismo umano e venga indirizzata verso scopi definiti. Fino ad un certo grado evolutivo, l’essere umano, invece di mettere l’energia sessuale al servizio della propria volontà, di norma ne è completamente succube.

In un normale rapporto infatti questa forza non viene controllata e diretta, ma liberata nell’ambiente quasi inconsciamente, ed è bene che sia così, in quanto tale individuo anche qualora avesse il controllo della propria energia sessuale, non saprebbe cosa farsene ed essa gli arrecherebbe esclusivamente danno, ciò che capiterebbe a chiunque volesse afferrare un serpente per la coda.

Come può allora un uomo sapere se è giunto per lui il momento di fare uso di tale energia per scopi magico-evolutivi? Innanzitutto si tenga presente che l’impiego dell’energia sessuale non costituisce mai di per sé una via evolutiva, né magico/alchemica, né di altro genere. Le pratiche che concernono il suo utilizzo possono rappresentare un valido aiuto nelle proprie realizzazioni solo se inserite in un ben definito contesto di purificazione interiore. Inoltre, perché risultino efficaci, la loro applicazione deve cominciare esclusivamente in seguito all’acquisizione di determinati traguardi evolutivi da parte del praticante.

Un aspirante mago non può mai decidere autonomamente di intraprendere un lavoro con il Tantrismo, in nessuna fase del processo alchemico, ma deve sempre chiedere l’assistenza di un iniziato, che sia provato tale e nel quale egli abbia riposto la più completa fiducia. Per molti alchimisti non è di alcuna utilità lavorare con questo tipo di energia e per molti altri è addirittura controproducente, perché essa andrebbe a smuovere forze interiori che, se portare alla luce, frenerebbero il lavoro ermetico intrapreso.

Non esistono regole valide allo stesso modo per tutti. Solo un vero mago già realizzato è in grado di verificare se tale percorso può risultare vantaggioso, piuttosto che dannoso per il neofita. Egli deve possedere la capacità di monitorare le trasformazioni che avvengono nei corpi sottili del praticante, deve poter evidenziare i suoi eventuali errori e fornirgli giorno per giorno le più corrette indicazioni. Le conseguenze negative di un lavoro con il Tantrismo condotto senza criterio, sono spesso terribili ed irreparabili.Il presente articolo è frutto di approfondimenti sia letterari sia pratici, ma il cardine della sua ispirazione è basato sul testo “Officina Alkemica” di Salvatore Brizzi, che illustra l’Alchimia e le sue pratiche con un linguaggio semplice e chiaro, e di cui si consiglia vivamente la lettura.

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