C’era una volta… una Fata




Fata dei Sogni, Fata delle Favole… la Fata delle meraviglie. Non è una comune Fata, la nostra Fata, non ha un compito specifico e non tutela una determinata parte della Natura.

Eppure non è Regina, non è Fata Madre e non è neanche una Fata Anziana, è solo diversa. È quella Fata che corre in aiuto ogni volta che serve, sta bene ovunque ed ovunque può fare, come un delizioso jolly che s’ingegna a far tutto.

Ha un grande cuore, questa Fata… passa il tempo libero tra i fiori, il sole e le farfalle, disegna i sogni e scrive favole. Ma non è sempre stato così.

Accadde un giorno, tanto e tanto tempo fa, che volando per i prati di una calda giornata settembrina s’imbatté in un bimbo, piccino piccino, che giocava con le api e i fili d’erba. Aveva in mano un libricino, il bimbo, un libro di fiabe da cui non si separava mai. Ingenuo com’era, stuzzicò un po’ troppo un’apina ed essa lo punse, facendogli diventare un dito rosso rosso come un pomodoro.

La Fata, che non aveva mai avuto contatti con gli Umani, ci pensò un po’ su, prima di correre in suo aiuto, ma il bimbo pareva così indifeso e ingenuo, sperduto… che non attese più del dovuto, prese a battere energicamente le ali e gli fu vicino, soffermandosi all’altezza del suo nasino.

Il bimbo la guardò incuriosito, non aveva mai visto una creaturina così luccicante e colorata, talmente piccola da poterla custodire in una mano, e sulle prime si immobilizzò, con il suo libricino di fiabe stretto stretto al cuore.

Lo sguardo fisso e la bocca aperta, osservava la Fata che, con i suoi lunghissimi e setosi capelli d’oro e due sinuose ali ricavate da un fulgido arcobaleno, ondeggiava nell’aria come fosse delicata acqua di sorgente, lasciando attorno a sé fluttui d’argento e di porporina evanescente, o almeno a lui sembrava che lo fosse, non aveva idea che la Fata stesse adoperando la sua polvere magica, insieme alla fatata bacchetta, per dar sollievo al suo dolore e liberarlo dal veleno dell’insetto.

«Ti sei perso?» gli chiese la Fata dopo che la sua opera fu compiuta. Non doveva rivolgergli la parola, sarebbe dovuta scomparire all’istante, tuttavia l’espressione del bimbo era talmente tenera che non poté frenarsi, non poté andarsene, perché sembrava che lui avesse ancora bisogno di lei, ma non del suo aiuto per quietargli il dolore, aveva soltanto bisogno della sua fantasia.

Poi notò il libro e irrigidita seguitò: «È un libro di magia?», temendo che avesse potuto utilizzarlo contro di lei. Era improbabile che potesse farlo, ma il giudizio instillatole dalle sagge Fate Anziane era sempre preminente, era superiore a tutto e in qualunque occasione.

Il piccolino accennò un no con la testa, lo liberò dalle sue ermetiche manine e glielo porse. «Tieni, te lo regalo.»

La Fata sbatté un paio di volte le palpebre, un pochino perplessa, anche perché non aveva ancora compreso cosa fosse. Troppe gliene avevano raccontate sugli Umani, le Fate Anziane, raccomandandole ripetutamente di non rendersi mai visibile e di non aprire alcun contatto se non strettamente necessario, giacché potevano essere molto crudeli e insensibili, questi uomini, seriamente pericolosi, a tal punto che il loro mondo era stato nascosto alla loro vista, un tempo in cui essi avevano quasi decimato la popolazione magica per sfruttarne i poteri e la conoscenza. Ma lei poteva vedere il loro cuore, e il cuore di quel bimbo non era di per certo crudele.

Intuendo la sua esitazione, visto che probabilmente anche quella creaturina non sapeva nulla di lui e restava dunque all’erta, il bimbo aprì il libro su una pagina e cominciò a leggere. Era la favola del brutto anatroccolo.

La Fata, estasiata dalle prime parole, pian piano scese dal suo volo per posarsi su una spalla del bimbo. Era incantata da quelle pagine da cui risaltavano bellissime illustrazioni, le quali non avevano nulla da invidiare al suo Libro degli Incantesimi, in quanto a magia e magnificenza. E pensava alle Fate Anziane… come poteva essere talmente malvagio un essere capace di dar tanta bellezza ad un semplice libro? Come potevano la sensibilità e l’arte, dimorare in una creatura soggiogata dal Male e da distruttive manie di potere?

Ma poi capì, capì che non tutti gli uomini erano così fatti, magari c’erano ancora Umani dal cuore puro e gentile, proprio come quel bambino che tutto le sembrava fuorché un essere malvagio. Del resto, pensò, anche negli altri mondi esistevano esseri cattivi, che tentavano di sopraffare i propri simili per distorto desiderio di ambizione e di potere, e forse questo genere di esseri esisteva in ogni mondo, magico e umano.

Non potevano essere tutti buoni, altrimenti non ci sarebbe stato neanche l’equilibrio tra Bene e Male, il Male non sarebbe esistito e il Bene non avrebbe assunto quel luminoso e nobile significato che invece adesso aveva.




Mentre pensieri e meraviglie folleggiavano nella sua testolina fibrillante, grazie anche a quella favola così tenera e significativa, il bimbo volse lo sguardo per sorriderle, contento che quella creaturina avesse iniziato a fidarsi di lui. Anche la Fata era contenta, perché aveva finalmente conosciuto un Essere Umano buono, benché fosse ancora fanciullo, ma di sicuro sarebbe cresciuto senza abbandonare la sua gentilezza, la sua sensibilità. Lei poteva vederlo, poteva anche leggere il suo futuro.
Il racconto finì e il piccolo chiuse il libro. «Ti è piaciuta?» domandò timidamente.

La Fata gli rispose con un sorriso, riprese a svolazzare e si sentì così entusiasmata che non poté crederlo. «La tua favola è magica» concluse fermamente, dacché le aveva infuso come una gioia particolare, sicuramente non umana.

«È per questo che desideravo regalarti il mio libro. Tu hai fatto una magia per guarirmi, ed io volevo regalarti una magia per ringraziarti.»

«Tu sai chi sono?» a quel punto indagò, sorpresa che il bimbo parlasse in modo così naturale della magia, come se fosse un qualcosa di normale per lui.

«So solo che sei magica… sei una Fata?» suppose arricciando le sopracciglia, la scrutò per un po’ e in effetti si rese conto di aver ragione, dato che il suo libro di fiabe le descriveva proprio così, le Fate del Piccolo Popolo.

«Sono una Fata, hai indovinato, però ti prego di non parlarne mai con nessuno. Temo per la mia razza, per il mio mondo… Se gli Umani avessero di nuovo la certezza che esistiamo, per noi sarebbe difficile sopravvivere alla loro brama di possederci e rubarci la magia, ci ucciderebbero e sezionerebbero come delle farfalle…» Tremò un poco e poi si scrollò. «Ma tu, tu mi sembri diverso, so che mi aiuterai, ora che conosci la verità. Io posso leggere nel tuo cuore e vedo che è buono, so che posso fidarmi di te.»

«Cara Fata» mormorò dolcemente il piccolo «non potrei mai metterti in pericolo, se tu hai già rischiato tanto per me, e io ti giuro che non ti tradirò mai.» Alzò una manina e fece croce sul cuore, come un giuramento solenne.

Felicissima di ciò, la Fata piroettò un paio di volte nell’aria e gli disse: «Leggi ancora, le storie di voi Umani sono bellissime.»

«Credo che le vostre siano ancora più belle… perché non me ne racconti una?» Esitò, nel timore di essere stato inopportuno. «Puoi?»

«Noi Fate non raccontiamo favole, tramandiamo soltanto le nostre origini, le usanze e le leggende. Però posso inventarne una.» La Fata non era pienamente consapevole dei suoi poteri, non li aveva ancora interamente testati, però le piaceva tanto sperimentare, provare, anche perché era ancora in cerca della sua reale missione, quella che le avrebbe dato un posto nel mondo degli Umani, com’era avvenuto per ogni sua sorella Fata.

Così, rifletté un tantino su come iniziare, sull’argomento da scegliere e decise di raccontargli la storia di un gattino che aveva fatto amicizia con una lucertola. E le venne così facile, e talmente naturale, che quando la Fata terminò il bimbo era così incantato, che gli occhi gli brillavano di pura ed intensissima gioia. Una magia, senza magia.

Allora la Fata decise che da quel momento sarebbe stato questo il suo primario scopo, avrebbe inventato favole e scritto un diario per raccontare le storie del suo mondo ai bimbi, ma di nascosto, durante i loro sogni e nelle notti che sono le più magiche.

Ai bimbi buoni, proprio come il suo piccolo salvatore, perché se lei lo aveva salvato da un brutto momento, lui invece le aveva donato la fiducia negli Uomini, la speranza, che magari un giorno lei e il suo popolo non avrebbero più dovuto nascondersi, né temere la mano dell’Uomo: se tutti i bambini, che prima o poi sarebbero diventati adulti, avessero potuto conoscere il Mondo delle Fate e innamorarsene a tal punto da non fargli più del male, avrebbero vissuto tutti in armonia, per sempre insieme.

Da quel giorno, così, iniziò la sua missione nel mondo degli Umani, lei che era sempre stata una Fata tuttofare, adesso aveva scoperto quale Fata poter essere. Una Fata di cui non conoscerete mai il nome, ma ne conoscerete la fantasia, i pensieri, i ricordi…

favole delle fate

4 Risposte a “C’era una volta… una Fata”

  1. Anna maria 28 Dicembre 2015 at 15:37 Permalink

    Ciao giardino delle fate vorrei essere ank’io una fata. Di me posso dire sono casalinga sengle sono in cerca di amore amore vero non o un lavoro o poki amici ne avevo ma tanti mi anno deluso tradito 7 11 74sono dello scorpione a volte sono dolce un po aggressiva ma e dovuto alle esperienze negative della vita spero ke ci sia un futuro migliore x me una famiglia Anne se o xrso un po PA speranza .

  2. Anna maria 28 Dicembre 2015 at 16:14 Permalink

    La mia vita non e stata semplice x il motto e vivi e lascia vivere sono dolce simpatica un po lunatica a volte.mi piace molto ascoltare musica come i moda il volo nek mi rilassa molto.le mie caratteristiche un po pazzerella birichina simpatica dolce,amo i cani mi piace viaggiare uscire con le amike anke senza andare kissa dove prendere un caffe,e poi essere amata e capita e la cosa piu importante l’amore di una famiflia un figlio un marito la vita a volte ci insegna di nn mollare mai andare a testa alta amare la vita.

  3. Fernanda ramazzin 1 Marzo 2016 at 21:38 Permalink

    Ciao carissime vorrei tanto diventare una fata io lo vorrei con tutto il cuore io credo nelle fate per me esistono io amo molto ascoltare le persone e se posso aiuto e consolo per favore fatemi diventare una fata

  4. eliana dì nubila 18 Marzo 2016 at 11:48 Permalink

    Bellissimo racconto ma come si fa a scriverti io ho cliccato ma non viene fuori nulla

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