La Fata viveva felice in un posto incantato. La natura rigogliosa dai colori sgargianti e dai profumi inebrianti, rigenerava l’anima e i corpi delle creature che avevano la fortuna di abitare in quel luogo carico di magia. Lei aveva ali ampie e cangianti, e la sua pelle sottile, morbida e diafana, rifletteva i bagliori ora dorati, ora argentei, degli astri che si alternavano in un cielo profondo e sempre limpido.
Con le altre della sua specie passava molto tempo a giocare gioiosa tra le acque spumeggianti di ruscelli e cascate per le quali aveva una predilezione, e si dedicava con paziente impegno a controllare la crescita dei fiori e delle piante, avendo cura che l’energia dell’ambiente circostante provvedesse al loro nutrimento.
Armonizzava, nell’etere di cui era parte, il nutrimento che proveniva dal Cielo, sotto forma di luce e calore solare, con quello che scaturiva dalla Terra, e lavorava alacremente per eliminare ogni forma di limitazione, impedimento o distorsione che potesse anche solo per un momento alterare gli equilibri e indebolire la flora cui si dedicava. Osservava e preservava l’equilibrio tra gli elementi della Natura, operando per fornire supporto e sostegno alla Vita e, ovviamente, per dispensare amore e guarigione, come fanno tutte le Fate.
Spesso le capitava, creatura in parte eterea ed incorporea, in parte quasi solida e tangibile com’era, di intrattenersi con creature più dense, forme di vita animale, e addirittura aveva incontrato qualche essere umano particolarmente puro di cuore, di quelli che sanno vedere oltre il visibile comunemente inteso tra gli umani. Con gli animali era più facile intrattenersi, rispetto agli umani.
Gli animali non avevano pregiudizi, e lei poteva facilmente avvicinarsi loro e prendersene cura nel momento in cui necessitavano di aiuto e supporto.
Come tutte quelle della sua specie, nei momenti di spensieratezza la Fata amava danzare ed intrattenersi in compagnia dei Fatui, dei Fauni gaudenti e passionali, e di qualche Centauro tra i meno solitari. Tutti insieme si ritrovavano e celebravano la Vita in quei cadenzati riti d’amore, che scandivano il susseguirsi delle stagioni nel tempo che scorre sulla Terra, e questo la faceva sentire ancor più viva in quei momenti, viva e partecipe di un equilibrio sacro in cui tutto era Uno…
Eppure c’era qualcosa che turbava, dapprima sporadicamente, poi sempre più frequentemente, la sua felicità. Un bel giorno, anziché mantenere come sempre il suo sguardo amorevole e protettivo sulla superficie della Terra, aveva iniziato a guardare il cielo.
E, da quando aveva iniziato a farlo, le sembrava di avere iniziato a perdersi… si perdeva ad inseguire con lo sguardo il cammino degli astri, e di giorno desiderava tuffarsi nel calore e nella luce del sole, e di notte si sentiva divorare dall’ardente desiderio di smarrirsi e ritrovarsi tra le stelle… e si perdeva nel seguire con gli occhi le evoluzioni di creature leggere e leggiadre come l’aria stessa… quegli Elfi che la Natura aveva creato più sottili ed eterei di quanto lei non fosse… quei Geni cui la Natura aveva donato una brillantezza solare, carica di elettricità frizzante e luminosa, così veloci che a stento si riusciva a star dietro alle loro mutevoli ed imprevedibili traiettorie…
Quelle erano le Creature che più ammirava e dalle quali era fatalmente attratta, e rimpiangeva che il suo corpo, le sue ali, la sua natura stessa non le permettessero di avvicinarsi ad essi più di tanto… e perché, poi? Chi o cosa glielo impediva, in fondo… solo la paura di volare troppo in alto e di cadere malamente… o di bruciarsi le ali.
Decise quindi di tentare, di provare, di osare un avvicinamento. Ogni giorno si spingeva più in alto col suo volo, e un poco più lontano dalla radura dove aveva casa e compagnia, e dove solitamente operava. Le sue ali e il suo corpo, già sottili, le gravavano tanto da rallentarla in ogni tentativo di approccio.
Una tra le Creature di luce che inseguiva le sembrava più raggiungibile delle altre, le sembrava a volte rallentare e guardare indietro, in basso, verso di lei…forse perché si incuriosiva vedendola ogni giorno sfidare le leggi e le convinzioni che la trattenevano così vicina alla Terra.
Ogni tanto le sembrava che questa Creatura aerea, luminosa ed elettrica si lasciasse avvicinare, e questo le dava coraggio e voglia di sfidare sempre più il limite della sua stessa natura. Ma c’era un prezzo che, giorno dopo giorno, la Fata pagava senza nemmeno accorgersene.
Ogni giorno gli sforzi e la vicinanza stessa con il Sole e con le Creature che inseguiva verso esso, le piagavano il corpo diafano e le bruciavano la pelle e le ali.
Lei amava il Sole così tanto, ed amava le stelle così tanto, e così tanto amava le Creature dell’aria che si libravano nei raggi di Luce… lei, creatura di terra e di acqua, ora innamorata del fuoco caldo dell’astro diurno, della fiamma elettrizzante dei Geni che abitavano l’aria sottile e sembravano rigenerarsi bagnandosi nei raggi del Sole più rovente… lei, pur di raggiungerli, avrebbe consumato il suo corpo e la sua vita, perché da quando aveva iniziato a percepire altro, al di fuori del suo mondo incantato, rassicurante e avvolgente, aveva iniziato a sentirsi morire. O forse si sentiva morire ogni volta che, stremata dopo l’ennesimo volo, le toccava posarsi a terra e riposarsi, per riprendersi dall’aver osato tanto.
Le Creature, i Geni che amava ed inseguiva, non si posavano mai. Sempre in movimento come l’aria stessa… un moto incessante come il respiro, come il viaggiare stesso della luce… così belli e luminosi erano, quando danzavano verso il Sole… così leggeri… e mai le veniva in mente che forse avrebbero potuto manifestare verso di lei un poco più di amorevolezza, prendendola per mano ed accompagnandola in quei voli, nelle profondità celesti per lei abissali…
Qualcuna delle sue compagne, da terra, nel vederla consumarsi così insinuava che le Creature d’aria e di luce fossero in realtà spietate e senza cuore… come potevano accettare che la Fata si torturasse così?
Eppure lei non poteva fare altro che seguire l’ordine potente che scaturiva dal suo cuore come una voce imperiosa che le intimava, nonostante il dolore, di continuare a sfidare i suoi limiti e il buonsenso di cui Madre Natura l’aveva dotata, all’inseguimento di un sogno impossibile…
E così, incurante sia della propria sofferenza sia della morbida compassione e delle obiezioni con cui le sue simili ed i suoi compagni di giochi di un tempo tentavano invano di contenerla, un giorno la Fata decise che non sarebbe più tornata sulla Terra, non si sarebbe più posata o riposata… si sarebbe lasciata cadere, piuttosto, nello sforzo di raggiungere le altezze in cui le Creature amate si libravano ed intrecciavano danze sottili nel chiarore diurno del Sole, e notturno delle stelle.
E incominciò a salire, sempre di più, sempre di più nel bagliore sfolgorante del giorno, inseguendo i raggi del Sole per giungere alla fonte della luce stessa, inseguendo stremata il Genio brillante che ora non sembrava più nemmeno accorgersi di lei… e mentre saliva si sentiva sempre più attratta e sempre più consumata nel bruciare della sua pelle e delle sue ali, e nello stesso tempo sentiva che il suo cuore di Fata spossato diventava leggero, incurante della sua propria sorte…
E il Sole era così bello e ridente, sembrava la fonte stessa delle Creature di luce che a frotte, incuranti di lei, salivano e scendevano come scintille vorticando velocissime nei suoi raggi… e lei non desiderava altro più che estinguersi in quella Fonte, lasciandosi consumare e finire per quanto ormai le era insopportabile il peso di quello che era stato il leggiadro corpo di una Fata… e salì, e salì ancora, sempre di più con uno sforzo immane, fino a che si sentì come avvampare in un turbine di fuoco, e poi percepì il suo misero e sfinito corpo esplodere in un dolore lancinante ed una miriade tintinnante di frammenti d’etere… l’ultimo pensiero, in quella forma, fu che il Sole era ancora così lontano, e lei nemmeno era riuscita a sfiorare la Creatura che tanto aveva inseguito…
Poi si sorprese a scoprire che il dolore era cessato, e c’era solo più una leggerezza gioiosa ed inebriante d’estasi… e lei stava salendo ancora, senza più sforzo, trasportata da una corrente di Luce purissima della quale faceva parte… luminosa, brillante, perfetta come una piccola stella, come una scintilla di quel Sole che troneggiava nelle profondità celesti e sfiorava amorevole la Terra col suo respiro caldo e carezzevole… e proprio attraverso un raggio di Sole, danzando e vorticando in esso, si scoprì ormai essere parte di quella Luce che tanto aveva inseguito… messaggera e portatrice di Vita, luce e calore rigenerante… dal Cielo alla Terra.
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