Banshee

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Data di pubblicazione: 13 Settembre 2011 ©Giardino delle Fate

Il grido della Banshee annuncia l’aprirsi della porta
tra il mondo della vita e quello della morte.

Con l’aspetto di una donna spettrale e talvolta bellissima, la Banshee è una messaggera che viaggia dall’Altro Regno a questo mondo nel momento della morte.

Viene di notte e la si può sentire mentre urla e singhiozza vicino a una casa, alla finestra di una camera da letto o negli ospedali quando la morte si avvicina.

D’un’attenzione particolare per le famiglie con una “O” o un “Mac” nel cognome, le Banshee donano una strana aria di aristocrazia ad alcuni clan irlandesi.

Nel folklore celtico la Banshee era l’essere che seguiva i cortei funebri, e la leggenda racconta che queste entità indicassero la futura morte di uno dei partecipanti al corteo funebre. Secondo questa tradizione, più il numero delle banshee era maggiore, e più il defunto era particolarmente importante o perfino “santo”. Pare che questi esseri fossero anche scortati da una carrozza nera trainata da cavalli anch’essi neri, ma senza testa.

Si narra inoltre che le Banshee si aggirino durante la notte nei pressi delle abitazioni dov’è presente un moribondo, e che strizzino i sudari di colui che è destinato a morire. La si può sentire o anche vedere nelle vicinanze di una casa mentre piange e singhiozza solitaria, spesso “per tutta la notte e per le tre notti successive”.

Sebbene le Banshee siano descritte belle da qualcuno ed orribili da altri, tutti convengono che ci sia qualcosa di terrificante nel guardarle. Essa può apparire come una splendida ragazza, come una donna matura o come una vecchina minuta (cioè nei tre aspetti della Dea), e può essere vestita di bianco o di rosso, con lunghissimi e bellissimi capelli (bianchi, castani, rossi o dorati) che ama pettinare con un pettine d’oro o d’argento.

La Banshee è una creatura leggendaria dei miti irlandesi. Fa parte del Piccolo Popolo, ed è uno spirito che spesso viene classificato tra quelli maligni, anche se in alcune leggende viene descritto semplicemente come uno spirito femminile che si aggira attorno a paludi e fiumi, nelle sorgenti o sulle colline d’Irlanda.

Il termine banshee deriva infatti da Bean, ovvero Beansì(d) che significherebbe “donna delle colline”, “donna del Sidhe” oppure “donna del colle delle fate”. In alcune zone d’Irlanda viene chiamata “ban caointe” (la piangente), oppure “badhbh caointe” (Badb che piange), in chiaro collegamento con la Dea Corvo Badb.

Si dice che quando muore un membro di una qualche famiglia importante, la Banshee che protegge la famiglia pianga e si disperi, rilasciando il suo terribile grido di dolore per le valli irlandesi. A volte però, le grida sono di vittoria, quando quella che ha subìto la perdita è una famiglia nemica.

La Banshee controlla i componenti della “sua” famiglia anche quando essi emigrano: alcune famiglie dicono di averla sentita urlare di notte, annunciando la morte di un parente emigrato in America o in Australia. Spesso, infatti, tra le famiglie irlandesi la morte è annunciata dal grido disumano della Banshee. Persino i più scettici tra gli Irlandesi sono inclini a credere all’esistenza delle Banshee, piuttosto che a quella di altri esseri soprannaturali.

I suoi urli sono noti con il termine di “keening” (dal gaelico Caoineadh = lamento), ed il sentirli è segno di nobiltà, perché la Banshee avverte soltanto i componenti delle più nobili famiglie che possono vantare il più antico lignaggio celtico. La tradizione narra infatti che inizialmente le Banshee potevano piangere solo per le cinque principali famiglie irlandesi: gli O’Neills, gli O’Briens, gli O’Connors, gli O’Gradys ed i Kavanaghs, ma ovviamente i matrimoni con altre famiglie hanno portato ad ampliare
notevolmente questa lista esclusiva.

Essa può legarsi ad una o più persone, che saranno sotto la sua protezione fino alla morte. Quando la persona protetta dalla Banshee muore, come sopraccennato, ella piange, pertanto la Banshee non urla per crudeltà, ma per pura disperazione: la Banshee è così affezionata alla persona che protegge, che la notte prima della morte di quest’ultima, ne percepisce il triste destino ed incomincia a piangere emettendo un lamento lugubre, che si ripete tre volte o può durare tutta la notte.

Le Banshee non si mostrano mai agli esseri umani, con l’eccezione di coloro che sono prossimi alla morte e a cui giunge tale presagio, ed è probabilmente questa la ragione per cui, dopo l’VIII secolo, vennero classificate tra gli esseri malvagi.

Nella tradizione fantasy moderna, dove gli elementi caratteristici delle mitologie antiche e delle tradizioni folkloristiche subiscono mutazioni ad opera del passaggio del tempo e delle contaminazioni fra opere letterarie (o di qualsiasi altro tipo) diverse, la Banshee viene spesso rappresentata come uno spirito urlante, non necessariamente malvagio, il cui grido ha la capacità di uccidere all’istante.

Talvolta è associata alla razza degli Elfi o similari, ed ha un corrispondente maschile, nel meno comune Far Shee (in irlandese Fear Sidhe).La Banshee più famosa si chiamava Aibhill, e proteggeva la famiglia O’Brian. Stando alla leggenda, nel 1014 Brian O’Brian si lanciò nella battaglia di Clontarf pur sapendo di andare incontro a morte certa, dal momento che la notte precedente Aibhill gli era apparsa mentre lavava la biancheria dei soldati, finché l’acqua non si tinse completamente del colore vermiglio del sangue.

Questo è anche il triste racconto di Lile McGinley, soprannominata l’Infelice. La nobile ed allora centenaria signora viveva con la servitù nel suo immenso castello, senza più alcun parente a Leitrim. Tutti l’avevano abbandonata, considerandola una povera pazza, ma Lile celava dentro di sé qualcosa che, durante quegli anni, l’aveva tormentata e per questo, fatta impazzire.Quando era ancora giovane e bella, Lile, come ogni ragazza del mondo, s’innamorò di un uomo buono e generoso, Brian O’Brian. Quell’amore, purtroppo, era ostacolato dai cattivi rapporti esistenti tra le loro nobili famiglie, per via di motivi politici, che poco interessano ai veri innamorati di qualsiasi epoca e nazione.

Il padre di Lile era, infatti, un ricco protestante, da sempre contrario all’indipendenza dell’Irlanda, leale verso la Corona Inglese; mentre la famiglia O’Brian, cattolica e di antiche origini, si schierava dalla parte dei repubblicani, desiderosi di unire tutte le contee d’Irlanda. Lile e Brian volevano soltanto vivere apertamente quel dolce sentimento che li rendeva così simili, anche se culturalmente diversi.

Dopo essere trascorsi moltissimi anni dalla morte del suo amato, Lile era ancora considerata una pazza, la gente aspettava di vederla scomparire per sempre, perché così si sarebbe chiusa la storia di una famiglia che, secondo gli abitanti della contea, aveva portato soltanto grande sfortuna.

In Irlanda, però, i miti sono legati alle Fate e agli Spiriti della Natura, ed anche la storia di Lile e Brian era collegata ad una leggenda triste e spaventosa, quella di Aibhill, appunto.

Circa mille anni fa, quella regione dell’Isola di Smeraldo era abitata dal Piccolo Popolo che fu assalito ed occupato dai Celti; i superstiti continuarono a vivere nascosti nei boschi, man mano divennero sempre più piccoli, si adattarono all’ambiente e lì fecero la conoscenza delle Fate, che donarono loro tutto il sapere e il potere degli Elfi, aiutandoli contro gli odiati invasori Celti. Secondo alcune leggende, gli esseri fatati rapivano i figli neonati dei Celti per vendicare il Piccolo Popolo.

La figlia del capo del Piccolo Popolo era Aibhill, il cui destino fu molto simile a quello della povera Lile, infatti, anche il cuore della fanciulla si consumò d’amore per quello di un giovane cavaliere. Purtroppo quel giovane era un Celto e la ragazza non avrebbe mai potuto amare liberamente colui che suo padre odiava immensamente.Per qualche tempo Aibhill riuscì a proteggere quel sentimento, incontrava l’amato nei boschi e nelle paludi, poi, un giorno, forse a causa di qualche Fata crudele, il loro segreto fu svelato e il padre di Aibhill decise di punire la figlia per quell’oltraggio. La fanciulla fu rinchiusa in una gabbia di cristallo, e a niente valsero le sue grida e le suppliche pietose, perché davanti ai suoi occhi il giovane celto fu giustiziato atrocemente.

Da quel giorno Aibhill sembrò impazzita, la notte piangeva ed urlava disperatamente, i suoi lamenti furono così acuti che riuscirono a rompere la fragile prigione e le permisero di fuggire via. Non fu mai più ritrovata, forse, intontita dal dolore, vagò nei boschi e nelle valli fino a che morte naturale non la sorprese.

Nelle notti di luna piena, alcuni irlandesi confessano di aver sentito il pianto di Aibhill che echeggia nella valle, e chiunque riesca ad udire la sua voce ne rimane terrorizzato, poiché nelle sue urla è racchiuso tutto il dolore del mondo.

La fanciulla divenne, infatti, simbolo di sfortuna e di malaugurio e fu denominata una Banshee, una specie di fata solitaria, uno spirito femminile che si aggira attorno ai fiumi e alle sorgenti d’Irlanda, il cui aspetto è spaventoso, con gli occhi rossi e gonfi per il pianto che versa sulle tombe di tutti coloro che in vita hanno sofferto per amore. Essa è quindi uno spirito maligno, che non si mostra mai agli uomini, con l’eccezione di coloro che sono prossimi alla morte e a cui giunge tale presagio.

Il gemito di una Banshee trapassa la notte, è una nota che sorge e precipita come le onde del mare, appare su per le colline scure, la sua figura bianca e luminosa si contrappone bruscamente contro le tenebre, i capelli grigio argento fluttuano e s’intrecciano, il mantello bianco, tessuto di ragnatela, si avvinghia stretto al suo corpo.

Si racconta che ogni Banshee, prima di divenire orrenda, fosse una bella donna che faceva innamorare i cavalieri, il dolore e lo strazio, però, sono in grado di trasformare ogni lineamento, tanto da cancellare la bellezza di un tempo, il viso diventa pallido, gli occhi di sangue e con tali sembianze, la Banshee compare nel buio e terrorizza chiunque, tanto da essere definita la Signora della Morte.

Forse adesso capirete perché la povera Lile venne allontanata da tutti a Leitrim, Brian morì tra le sue braccia, lui, che credeva nella pace e nell’unione del popolo irlandese; in una di quelle rivolte sanguinose, la vita del giovane fu spezzata, proprio per mano del padre di Lile.

La dolce e bella irlandese non fu più la stessa, si rinchiuse in casa, iniziò ad imbruttirsi, divenne spaventosa nello sguardo e nel fisico, inguardabile e per questo abbandonata da tutti, nascosta, più per vergogna, nelle sue stanze, dove trascorse tutta la vita. Quanto sarebbe stato meglio morire d’improvviso, ma neanche questo le concesse la Natura…

Dalla sua finestra Lile vide gli anni passare, guardò da spettatrice impassibile ogni rivolta civile, il sangue di altri uomini versato, il pianto di altre donne chine sui corpi dei mariti, dei padri e dei fratelli morti; la mente svuotata della vecchia signora non rammentava neanche più il colore della bandiera irlandese, il tricolore arancione, bianco e verde, il cui significato era quello di pace duratura tra i Protestanti e i Cattolici d’Irlanda, stretti in una generosa ed eroica fratellanza, ciò per cui aveva combattuto e perso la vita il suo amato Brian.

Cosa fosse cambiato nella storia del suo popolo e se la morte del suo Brian avesse mai avuto un senso, questo Lile non l’avrebbe saputo mai, e di certo, ancora oggi, il suono acuto del suo pianto, carico di disperazione, ed il tormento di tutta la sua vita, echeggiano nelle valli dell’Isola di Smeraldo, come i lamenti spaventosi della Banshee Aibhill. Alla sua morte, anche la vecchia Lile divenne parte della leggenda d’Irlanda.

Si dice che chi visiti l’Irlanda non riesca più a dimenticarla, questo è probabilmente uno di quei casi: le atmosfere sono surreali e mitiche, piene di sfumature delicate e magiche, là, forse, con il calare dell’oscurità nella valle, qualche Fatina solitaria svolazza dispettosa, burlandosi della scarsa fantasia degli esseri umani e punendoli per la loro spietatezza, che, il più delle volte, si sostituisce all’ingenuità e alla purezza d’animo infantile. 

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