Mu e Lemuria

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Data di pubblicazione: 18 Ottobre 2011 ©Giardino delle Fate

Atlantide è solo il più famoso dei continenti scomparsi. Sembra infatti, che ogni oceano abbia avuto il proprio: Mu, la terra svanita, che dovrebbe trovarsi da qualche parte nel Pacifico, e soprattutto Lemuria, che secondo i miti sarebbe appartenuta all’Oceano Indiano. I Lemuri, per i Romani, erano le anime o gli spiriti dei defunti.

MU è la dodicesima lettera dell’alfabeto greco e, per i Latini, la “M” significava “mille”; se vi si apponeva sopra un trattino, la cifra diventava un “milione”…

All’alba del nostro secolo, un colonnello inglese stanziato in India, James Churchward, ritrovò fra i ruderi di un antico tempio dei misteriosi bassorilievi. Incapace di decifrarli, si rivolse ad un alto monaco buddista, e quello che trovò non fu un semplice aiuto: il sacerdote gli consegnò le chiavi di un mondo antico e sconosciuto.

Gli mostrò delle preziose tavolette provenienti da una delle sette città sacre dell’India, Rishi, appartenenti in realtà ad una collezione ben più vasta: si trattava di tavole scritte in una lingua criptica ed esoterica dai Nacaals, i Sacri Fratelli, che narravano di una misteriosa Terra Madre che avrebbe visto nascere il genere umano.

Fu così che, da un’infedele traduzione, il monaco e il colonnello diedero vita a Mu e al suo mito. Nacque un continente nel bel mezzo del Pacifico, un’immensa isola ondulata che da una parte sfiorava le Hawaii e dall’altra le Fiji. Secondo le reliquie rinvenute, Mu era un Eden ricco di foreste, laghi e specie animali, abitato da dieci stirpi diverse e governate da un unico re, chiamato Ra-Mu.

In Terre perdute (1999) si legge che il nome Mu deriva dalla regina Moo, che era la regina di Atlantide, ma questo nome potrebbe avere anche altre origini. Il regno di Mu veniva chiamato Impero del Sole, infatti i suoi abitanti (i “muani”) adoravano una divinità che venne denominata Ra il Sole, in quanto non ci si poteva riferire ad essa con il suo vero nome.

Mu era popolata prevalentemente dalla razza bianca (e ciò spiegherebbe perché in America vi sono molte raffigurazioni di gente bianca, già da prima della scoperta dell’America). Questo popolo dedito alla navigazione avrebbe toccato le coste di tutti i continenti, portando con sé cultura, religione e scienza.

Secondo la leggenda, figlie di Mu sarebbero state le tribù dei Maya in America, l’Impero Uighur nell’Asia centrale e nell’Europa dell’est, e il regno dei Naga nell’Asia meridionale.

Ma, già prostrato e disgregato da tragiche attività vulcaniche e sismiche, secondo Churchward questo continente scomparve del tutto intorno al 13.000 a.C., colpito da un asteroide, durante il periodo di massimo splendore.

Quando s’inabissò, un potente maremoto sconvolse la fisionomia di tutta la Terra, e Mu finì nelle profondità degli oceani con il mistero della sua civiltà.

Churchward non rivelò mai il nome del monaco, né si seppe mai nulla di queste ipotetiche tavolette di Nacaal, la cui lingua solo lui imparò e tradusse. Nel suo libro cita anche che un certo Niven portò alla luce una raccolta di tavole.

Effettivamente, William Niven nacque nel 1850 e morì nel 1937, fu un mineralogista ed un archeologo, e nel 1911 scoprì alcune antiche rovine sotto strati di cenere vulcanica, presso una cittadina a nord di Città del Messico, Axcapotzalco.

Per più di vent’anni della propria vita si dedicò alla perlustrazione della Valle del Messico, raccogliendo oltre 20.000 reperti che portò nel suo Museo privato nella capitale messicana (poi spostato a Tampico). 2.600 di questi pezzi sarebbero stati interpretati da Churchward come segni dell’alfabeto di MU, simili a quelli riportati sulle tavole Nacaal.

Studiosi come il geologo William Niven hanno individuato nei siti messicani di Texcoco e di Haluepantla, i resti di città vecchie di 50.000 anni. Si tratta di tre città edificate l’una sull’altra che hanno tra loro resti evidenti di un diluvio e di eruzioni vulcaniche, e in questi siti sono state trovate innumerevoli statuette che raffigurano uomini con i lineamenti dell’Asia meridionale e con atteggiamenti tipicamente orientali: questi luoghi dovrebbero essere i principali siti dove si stabilirono gli uomini provenienti da Mu, siti che si trovano sepolti ad una media di nove metri sotto il terreno messicano. La civiltà di Mu, oltre che dominare l’Asia, estese il suo dominio anche in America. Infatti non si contano le raffigurazioni, le leggende e le tradizioni degli antichi popoli mesoamericani, che parlano di uomini bianchi dalle lunghe barbe e dalle ampie vesti, dotati inoltre di un’avanzata tecnologia, i quali vennero in America dalla zona dell’Asia/Oceania (dove un tempo si trovava Mu), per insegnare ai nativi le arti e le scienze.

Anche steli Maya riportano una migrazione da una terra nel Pacifico al Sud America, e quasi sicuramente ci si riferisce alla terra di Mu, che era situata ad ovest del Sud America.

Il continente Mu sembra essere il più importante di tutti poiché è “il continente madre” e fu coevo di Atlantide: nello stesso periodo Atlantide regnava nell’Atlantico e Mu nel Pacifico, ed erano entrambe due civiltà avanzatissime che comunicavano tra loro. Tuttavia Mu non è nota come lo è Atlantide, forse perché non vi sono stati filosofi (come per Atlantide, di cui ci parlò Platone) a tramandarne l’esistenza e, stranamente, non ve ne è menzione neanche ne Le stanze di Dzyan.

Tuttavia per Mu abbiamo resti archeologici validi: nel 1997, nei pressi dell’isola di Yonaguni (area di Okinawa) nel mar della Cina, tra Formosa e il Giappone, sono stati scoperti resti archeologici molto importanti tra cui monumenti a terrazze, appartenente ad una civiltà sprofondata nel Pacifico di cui non si ha traccia nei libri di storia ufficiali.

Il resoconto di questa scoperta lo troviamo in Civiltà sommerse (2002) di Graham Hancock.

I resti appartenevano ad un periodo che oscilla da 4000 a 8000 anni fa, ma alcuni studiosi ritengono che risalgano addirittura a 15.000 anni fa, pertanto sprofondò prima Mu e poi Atlantide.

L’esistenza di una civiltà così evoluta spiegherebbe anche perché la Cina, fin dai tempi antichissimi, era così avanzata dal punto di vista tecnologico: i primi cinesi, nei tempi arcaici, possedevano addirittura un sismografo, costruito con un vaso ed un sistema di leve.

I cinesi inventarono la carta, avevano grandi conoscenze mediche, inventarono la bussola… tutto ciò in tempi molto antichi, non a caso i cinesi ci hanno sempre stupito per le loro ingegnose invenzioni, ed oggi possiamo ipotizzare che queste conoscenze possano derivare dalla cultura di Mu. Eppure, prima di Atlantide e prima ancora di Mu, un’altra terra vanterebbe i natali dell’umanità: Lemuria, nata per fornire un credito alla scienza, e poi esiliata a mito dalla scienza stessa.

Nell’ottocento un gruppo di geologi inglesi notò una strabiliante somiglianza tra i fossili e gli strati sedimentari dell’India e del Sud Africa, e individuò una particolare distribuzione di una razza di scimmie, i lemuri. Venne subito elaborata la teoria di una terra emersa, un ponte che univa l’Africa, l’Asia meridionale e la penisola di Malacca, per spiegare la distribuzione di una famiglia di lemuri e di animali e piante fossili, sia in India che in Sud Africa che in Madagascar.

I lemuri sono animali notturni strettamente associati alle scimmie che non sono estinti, anzi, vivono in notevole numero in Madagascar, un’isola costituita da un altipiano che migliaia di anni fa, faceva parte di un continente, ed un biologo inglese, P.L. Slater, coniò il termine Lemuria per associazione.

Originariamente questo pseudo-continente si doveva situare nell’Oceano Indiano, ma alcuni mistici pensarono di appropriarsi di questa idea, e trasferirono la localizzazione di Lemuria nell’Oceano Pacifico, che divenne quindi la misteriosa e mitica sede di una civiltà perduta.

Haeckel ipotizzò che il continente lemuriano, esistito probabilmente tra il Permiano e il Nummulitico, fosse la culla della razza umana, poiché lo riteneva la sede delle scimmie antropoidi. La discussione, dapprima solo scientifica, fu ripresa poi dalla teosofia, che asserì che il continente Lemuria fosse la dimora della terza razza madre e il luogo di origine dell’umanità.Teosoficamente parlando, l’uomo non si sviluppò a Lemuria secondo un’evoluzione, bensì attraverso un addensamento di materia che venne a formare il corpo. Ovvero: all’inizio coloro che sarebbero diventati uomini erano entità immateriali, che apparivano sulla terra con l’andare del tempo sempre più materiali e corporei.

I corpi della prima razza madre, secondo quanto dice W. Scott Elliot in “Storia della Lemuria sommersa”, erano come giganteschi fantasmi, perché i loro corpi consistevano soltanto di materia astrale.

Successivamente la prima razza madre venne dotata di un rivestimento più denso, ed i corpi della seconda razza madre erano definiti eterei ed anch’essi erano invisibili alla vista.

Infine, i corpi della terza razza madre finalmente solidi erano composti di gas, liquidi e materia. Le ossa erano molli come quelle dei bambini (infatti non potevano reggersi in piedi), e solo verso la metà della loro storia poterono godere di una struttura scheletrica più consistente.

I lemuriani di questo periodo possedevano due occhi rudimentali davanti ed uno dietro (detto terzo occhio od occhio astrale), corrispondente alla ghiandola pineale che serviva come centro della vista astrale e fisica. Verso la terza sotto-razza, il corpo gelatinoso dei lemuriani si solidificò ancor di più, e divenne in seguito capace di tenere una struttura eretta e, grazie all’uso del terzo occhio e di una sporgenza nei talloni, di camminare avanti e indietro. Probabilmente verso la quinta sotto-razza si ha l’uomo lemuriano definitivo. Era alto dai tre metri e mezzo ai quattro metri e mezzo, aveva la pelle bruno giallastra, la mascella inferiore allungata e la faccia appiattita. Gli occhi piccoli, penetranti e distanti l’uno dall’altro, permettevano sia la vista in avanti che lateralmente, mentre il terzo occhio dava la vista all’indietro.

Al posto della fronte aveva un rotolo carnoso, la testa era inclinata all’indietro, le braccia erano sproporzionate rispetto alle nostre, ed aveva mani e piedi enormi. Attorno alla testa aveva dei capelli corti ed era vestito con pelli; nella mano sinistra teneva solitamente un bastone e nella destra conduceva con una corda una sorta di rettile simile al plesiosauro, quale aiuto per la caccia.

La settima sotto-razza diede origine ad una razza superiore: aveva sviluppato una sorta di fronte, la sporgenza dei talloni si era ridotta, la testa aveva una forma ad uovo, ed era diminuita l’altezza e la grandezza delle membra.

Questa razza fondò un’importante civiltà che durò migliaia di anni, e dominò gran parte del continente di Lemuria. Inizialmente i lemuriani erano muti, ma poi svilupparono un linguaggio primitivo monosillabico. Dopo la separazione dei sessi, il corpo dei lemuriani si solidificò ed iniziò a vivere in alture, dentro a capanne rudimentali: all’inizio ogni famiglia viveva in una capanna singola, poi si ritenne più sicuro vivere riuniti in comunità.

Le capanne, prima costruite in legno, furono edificate con grossi massi, e le armi con cui i lemuriani attaccavano i dinosauri o si difendevano da essi, erano pali appuntiti di legno. L’agricoltura era sconosciuta, le razze lemuriane senza ossa striscianti vivevano di quello che trovavano al suolo, mentre quelle con lo scheletro evoluto mangiavano principalmente carne, ma anche bacche e noci.

Durante la sesta e settima sotto-razza, i lemuriani impararono a costruire città megalitiche e ciclopiche: le prime città si trovavano nella zona del Madagascar, ed un centro urbano famoso era situato vicino all’Isola di Pasqua. Le famose statue dell’isola, costruite nel periodo terminale dei Lemuro-Atlantidei, rappresentavano la fisionomia dei loro costruttori o dei loro antenati.

La religione dei lemuriani non era sviluppata, avevano qualche precetto morale e adoravano un’entità suprema rappresentata dal sole.
Il continente Lemuria, al contrario di quanto si diceva in ambito scientifico, assunse presso i teosofi forme ben più vaste e varie, a seconda dei periodi geologici, e sprofondò a causa di una lunga serie di cataclismi vulcanici.

I lemuriani morirono soprattutto per il fuoco e per il soffocamento dovuto a gas prodotti dalle eruzioni vulcaniche, ma la distruzione del Continente non fu repentina, anzi, seguì tempi geologici. Alla fine tutto venne sommerso.Leggenda si aggiunse a leggenda, e così Lemuria si spostò da un oceano ad un altro, ed accolse col tempo la più bizzarra progenie umana: c’è chi sostiene che fu la terra dei Giganti e dei Titani, dediti a rituali di empietà; c’è chi parla di una razza di ermafroditi che sarebbe decaduta quando scoprì la differenza sessuale; e c’è chi spinge la fantasia ancora oltre, come Helena Blavatsky, e che racconta di una razza di uomini dotata di un terzo occhio, un occhio veramente speciale, che avrebbe concesso loro poteri psichici, primo fra tutti la possibilità di vivere senza il cervello.

Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891), fondatrice della “Società Teosofica”, nel 1888 sostenne che Lemuria era davvero esistita. Ne aveva letto in un misterioso libro, intitolato “Libro di Dzyan”, noto anche come “Stanze di Dzyan”, un antichissimo testo scritto ad Atlantide in una lingua ormai estinta, chiamata Senzar.

Il manoscritto racchiuderebbe tutta la storia dimenticata dell’Uomo. La Blavatsky asseriva che dei Maestri o Mahatma residenti in Tibet, le inviavano messaggi telepaticamente e, così, sarebbe venuta a conoscenza di questo libro.

Secondo lei, l’umanità è destinata a svilupparsi secondo sette razze, di cui le prime due non sarebbero state esattamente corporee, mentre la terza sarebbe stata costituita dai giganti ermafroditi che popolavano Lemuria, e la quarta fu quella degli Atlantidei, che conoscevano molto bene la Magia e le scienze esoteriche.

Entrambi i due continenti sarebbero scomparsi in seguito al continuo ricorso alla magia nera, però tra la popolazione distrutta, alcuni Grandi Inziati si sarebbero salvati, portando le loro Conoscenze segrete e ataviche per tutto il mondo. Confinata alla sfera della pseduoscienza, la teoria della Terra Cava continua ad affascinare con la sua meravigliosa leggenda tutti gli adepti dell’esoterismo: Agharti, l’Inaccessibile, il regno sotterraneo costruito da una razza eletta vissuta fra il Tibet e il Nepal, come rifugio contro le calamità naturali che in tempi antichi sconvolsero la crosta terrestre.

Un dedalo infinito di cunicoli, che corrono attraverso paesi satelliti e si ricongiungono in un’immensa capitale, Shaballa, la città degli smeraldi, sepolta sotto il deserto del Gobi, dalla quale il Re del Mondo controllerebbe le scelte e il destino di tutti i re, gl’imperatori e i presidenti che si sono susseguiti nella storia.

Questo universo dentro il pianeta, sarebbe illuminato da un “Sole centrale fumoso” (stando alle parole dello scrittore Willis Emerson), e il suo portale d’accesso corrisponderebbe ad un’apertura che sprofonda nel Polo Nord.

Esseri superiori popolano questo immenso impero, ancora capaci di utilizzare un’energia, il Vril, che l’uomo comune avrebbe addormentato nel corso dei secoli, un’energia che permette incantesimi degni delle fiabe (volare, leggere nei pensieri, spostare oggetti con la forza della mente…), e che stando alla leggenda può di nuovo essere risvegliata.

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