✾ La spedizione ai Colli Ventosi alla ricerca del Seme ✾
Era l’inizio di un tranquillo pomeriggio al Pronao, quando gelide folate di vento colpirono i presenti che, prima di comprendere cosa stesse accadendo, sentirono agghiaccianti urla provenire dall’esterno, precedendo un rumore sordo ed un tonfo.
Il Primo Cavaliere Haggar, accorso all’esterno insieme al Gran Priore Bluette, vide riverso al suolo un corpo e, dopo essersi avvicinato, vide delle ferite sanguinanti sulla schiena di quello che appariva un vecchio canuto. Chinatosi sul vecchio vide che era ancora vivo e qualcuno andò a chiamare un Cerusico.
Il Primo Cavaliere si accorse che il vecchio stringeva nella mano una pergamena e che egli, voltandosi verso di lui, lo fissava con la paura negli occhi.
Il vecchio, a stento, disse al Primo Cavaliere: «Io sono Imhlaeth. Shanty sa… Lot in pericolo… verso il sole che sorge… ai piedi delle cime spazzate dai venti. Lì trov…» Le parole del vecchio s’interrompevano così a metà ed i suoi occhi, ormai fissi e vitrei, si chiudevano lentamente accompagnati da un rantolo cupo.
Il corpo del vecchio Mago Imhlaeth si polverizzò e si dissolse, portato via da una folata di vento. Tutto quello che restò dì lui furono le sue parole e la pergamena.
L’enigma celato nelle parole rivolte al Sommo Detentore Shanty turbarono molto, sia perché erano a lei rivolte, sia perché il Mago Imhlaeth soleva ripetere: «Solo i più Saggi possono sapere.» Le due cose senza più alcun dubbio collimavano come due pezzi adiacenti di un mosaico.
I Detentori passarono qualche giorno chiusi in Biblioteca a cercare qualche testo o qualche indizio che li riconducesse a quanto detto da Imhlaeth, ma non trovarono però nulla che potesse aiutarli. Poi il Sommo Shanty, dopo giorni di riflessione e tormento, in seguito anche all’aiuto della Shalafi Biba che le esplorò la mente, si ricordò di un avvenimento di quando era Depositario dei Segreti della Storia ed Althair Sommo Detentore dell’Arcana Saggezza.
Ciò che portò il Sommo Shanty a rivelare, in seguito, quello che sapeva sulla vicenda fu in principio il chiaro indizio di carattere geografico menzionato dal vecchio Imhlaeth prima di morire: «Le cime spazzate dai venti verso il sole che sorge», quindi in direzione Est.
Guardando le mappe, Shanty si accorse che parlavano chiaro: il luogo di cui si parlava, senza dubbio alcuno, erano i Colli Ventosi, perennemente spazzati dal vento. Un contributo lo diede anche la Domina Ghael nel corso di un incontro che ebbe con il Sommo Shanty, nel quale le disse che Imhlaeth aveva avuto un seguace, un certo Mopher, un Mago.
Se, come pareva, questo Mopher conosceva il luogo ricercato, non fu dal suo antico Maestro che lo apprese, poiché altri sapevano.
Il vecchio le parlò di una leggenda, tramandata solo a voce, che riferiva dell’esistenza di un seme che, una volta piantato nel terreno, era in grado di riprodursi in pochi giorni e, nate le piante e poi i fiori, il polline di questi ultimi, sospinto dal vento, era in grado di congelare qualsiasi cosa con cui venisse a contatto, fossero essi essere viventi o piante.
Ascoltando le parole della Domina, pian piano al Sommo tornarono alla mente alcune enigmatiche frasi di Althair: «Shanty… non tutto ciò che è conosciuto viene scritto. Esistono alcuni insegnamenti che si tramandano, da Maestro ad Allievo.»
Shanty si domandava perché non aveva dato maggior peso a quelle parole. Mai si sarebbe immaginata di perdere la sapiente guida di Althair, dunque non si era fatta toccare, in quel momento, dalle sue riflessioni. Si domandava però in quale circostanza l’allora Sommo Althair le aveva dette, pensava che ci dovesse essere un motivo per il quale egli, proprio in quell’istante, le aveva rivelato ciò. Althair non aveva mai creduto al caso.
La sera dello stesso giorno in cui aveva parlato con la Domina Ghael, Shanty incontrò esponenti d’altre Gilde coinvolte in questa vicenda.
La Shalafi Biba le disse che la sua vita era in serio pericolo e le offrì la protezione delle Vesti Rosse, Shanty però non voleva lasciare la Gilda in un momento così delicato, cosicché promise di rinchiudersi per qualche giorno in Biblioteca a meditare. La Shalafi castò su di lei un incantesimo che la spossò moltissimo, ma che la fece risvegliare con qualche ricordo in più.
Shanty cercò di tornare con la mente al passato, e precisamente al giorno in cui, con Althair, si era recata ai Colli Ventosi per verificare se le descrizioni delle prime mappe redatte da Predator e Sara corrispondevano ancora alla realtà, o se il tempo e i fenomeni naturali avevano portato a cambiamenti significativi. Si fermarono per qualche istante a far riposare i cavalli ed ammirare il paesaggio.
Gli elfici occhi di Shanty arrivavano molto più lontano di quelli di un Umano, ed ella aveva visto un anfratto del quale chiese informazione ad Althair.
Egli l’aveva guardata dicendole: «Shanty… non tutto ciò che è conosciuto viene scritto. Esistono alcuni insegnamenti che si tramandano da Maestro ad Allievo. Ciò che hai visto è uno di questi. In quell’anfratto, o meglio in quella caverna, è custodito un seme. Non tutto ciò che sembra in realtà è. Quello che apparentemente appare un innocente seme in verità è un potente artefatto magico. La nostra amata Dea, che tutto vede, scoprì l’esistenza di questo seme e lo imprigionò in una sorta di contenitore. Poi lo rinchiuse in quel luogo e mandò delle creature a proteggerlo. Esiste però una tremenda profezia la quale narra che un giorno le difese di quel seme verranno meno e le forze malvagie ne approfitteranno.»
Si riunirono tutti intorno alla terza ora del pomeriggio alla Rocca dei Venti con l’intento di dirigersi verso i Colli Ventosi. Il vento soffiava gelido da Est mentre, a poco a poco, il gruppo pronto a partire s’infoltiva sempre di più dei più disparati membri di Gilde e Mestieri di Lot, apparentemente tutti mossi da uno scopo comune.
Oltre ai Detentori Verde e Ranius, vi erano i Paladini Petronius, Matrix e Karlig, i Cavalieri della Dea Who ed Aldur, il Cerusico Xaur, gli Alchimisti Rigel e Volden, gli Erboristi Seren e Marienne, i Leoni Bluette, Insey e Xsayon, i Cavalieri Neri Aenighma e Piskual, la Domina Ghael e gli Oscuri Stregoni Vhoor e Vegha, i Maghi Gabryel, Derrewynn ed Eloisius, i Signori dei Draghi delle Tenebre Ethel e Yukio, i Monaci Heavy e Devil, i Mercenari Giga, Darlond e Trokar, i Druidi Pulsatilla ed Eulofos, il Bardo LacrimaDannata, ed infine i Necromanti Acham e Carpathya.
I cavalli scalpitavano e dopo uno scambio di convenevoli poco graditi ad alcuni, la Domina Arcani Ghael decise di aprire una sorta di portale, un varco che fece risparmiare molte ore di cammino. Lo varcarono inquietati dall’essere investiti dal vento gelido che lambiva i loro corpi come fredde e mortali carezze, ed inquietati dal non sapere cosa li stesse aspettando e cosa sarebbe accaduto. L’incertezza li accomunava, Gilda per Gilda, Mestiere per Mestiere, razza per razza.
Oltrepassato il varco si trovarono di fronte ad un bivio e subito l’indecisione s’impadronì del gruppo, dando spazio ad alcuni di fare i più disparati ed allucinanti commenti, quando, in cima ad una rupe, apparve un maestoso Unicorno bianco che prese a parlare chiedendo loro se stavano cercando il Seme e quale fosse il loro scopo. Risposero affermativamente alla prima domanda e raccontarono che volevano evitare che creature malvagie s’impadronissero di esso prima di loro. Ascoltate le loro intenzioni, l’Unicorno dichiarò: «Seguite il Puro di Cuore, così giungerete laddove desiderate.»
La compagnia s’interrogò su quale interpretazione si dovesse dare a “puro di cuore”, trovando le risposte più disparate e a volte anche molto pittoresche. Mentre s’intrattenevano sulla decisione, il Cavaliere della Dea Aldur, in sella alla sua cavalcatura, imboccò il sentiero a sinistra diretto a Nord-Ovest.
Con stupore e qualche nota goliardica su chi in realtà avesse preso la decisione, se Aldur stesso od il suo destriero mosso da chissà quale motivo, lo seguirono tutti fino a raggiungere un punto in cui la nebbia avvolgeva una palude, ricca di rami d’alberi secchi che spuntavano dal terreno.
Un fetore demoniaco proveniva dal terreno costringendoli a portare la mano al volto quasi a volerlo respingere. Mentre erano intenti a capire dove si trovavano, tre luci bluastre si avvicinarono minacciose palesandosi come delle sfere sospese a mezz’aria.
Molti i commenti su tali sfere, e molti decretarono di sapere di cosa si trattasse avendone sentito parlare, altri stettero semplicemente a guardarle incantati, mentre da sinistra tre Zombie con i vestiti stracciati e logori dei tempi che furono, si dirigevano minacciosi verso il gruppo ed altri tre, emersi come per incanto dal nulla, attaccarono da sinistra.
Alcuni della spedizione si occuparono degli Zombie, mentre altri furono attaccati da saette fuoriuscite dalle sfere blu, che causarono alcune ferite: l’Eques Insey fu colpito, così come il Primus Miles Xsayon ed il Cavaliere della Dea Aldur.
Gli Zombie in breve furono annientati ed anche le sfere scomparvero, come esaurite dal loro stesso potere. Il Cerusico Xaur curò i feriti che ripresero ben presto il cammino sui loro cavalli, cammino che s’interruppe al raggiungimento di una radura che ritennero adatta per accamparsi. La spedizione sarebbe ripresa l’indomani nel pomeriggio, giusto il tempo per riposarsi e rimettere in sesto l’equipaggiamento.
Partirono dall’accampamento intorno alla terza ora del pomeriggio, anche quel giorno il cammino fu accompagnato dal gelido vento proveniente da Est, e da una pioggia incessante ed insieme estenuante che rallentò il loro incedere.
Nubi nere e cariche di pioggia li guardavano minacciose mentre il gruppo, infoltito di nuove presenze giunte con il Tiranno dei Signori dei Draghi delle Tenebre Impura che con il suo Drago li aveva individuati, proseguiva nell’impervio cammino reso sempre più difficoltoso dal restringersi del sentiero e dalle radici di spogli alberi che spuntavano dal terreno.
Nel momento in cui la strada si allargò, in una piccola radura illuminata dai lampi scorgemmo, a non molta distanza, delle creature impegnate in una lotta. Tutti coloro con armi a disposizione le impugnarono.
Ad un più attento sguardo e con l’aiuto della luce creata dai lampi, notarono che la lotta si manteneva tra due alte creature alate armate di fiammeggianti spadoni e dei mostri, di cui due a tre teste. Una delle due creature angeliche, colpita da una forte cornata da una delle creature a tre teste, cadde a terra soccombendo, e l’altra si levò in cielo dirigendosi verso il gruppo.
Il rumore degli zoccoli dei cavalli attirò anche l’attenzione d’alcune creature che stavano combattendo a terra e che si diressero verso di loro a gran velocità; in men che non si dica gli furono addosso, il loro manto era color ruggine e dalla loro bocca si sprigionavano lame di fuoco.
Due creature alate si sollevarono in volo, la compagnia le guardò con il terrore negli occhi, ne avevano sentito parlare, esseri leggendari dalle tre teste, di leone al centro, di drago e di capra ai lati. Chimere… ruggivano imbestialite dallo scontro appena avuto.
La figura angelica prima sollevatasi in volo, atterrò a poca distanza guardandoli come ad implorare il loro aiuto, dalle sue braccia colava un fluido luminescente, quasi una raccolta d’energia… dopo averli guardati si buttò nella battaglia per poi soccombere anch’essa.
Fu battaglia. Fu Caos. Furono attaccati da ogni parte, di fronte dal cielo, da destra e da sinistra, ma i compagni di viaggio si difesero fino all’ultimo lasciando, dopo un estenuante combattimento, le creature mostruose a terra esanimi.
Purtroppo anche due della compagnia lasciarono la loro vita sul campo di battaglia: il Primus Miles Xsayon e l’Arcimago Nero Derrewynn.
Numerosi anche i feriti: l’Apocalisse Aenighma e Piskual ustionati dalle fiammate lanciate loro contro, il Difensore Verde ferito ad un braccio da un’artigliata, il Mercenario Giga colpito al volto, la Druida Silvy colpita ad una gamba.
Dopo la fine della battaglia ad un tratto il silenzio, solo il rumore della pioggia rimase a far compagnia insieme all’odore del sangue.
Un lampo illuminò un punto a distanza ed un tuono squarciò il silenzio irreale… c’era una caverna, e lì Ranius si diresse mentre i suoi compagni di spedizione si occuparono dei caduti e dei feriti.
La caverna apparve stranamente in contrasto con il luogo isolato in cui si trovavano, così ben curata, dalle pareti lisce e bianche, ricca d’illuminazione di torce e con una mite temperatura all’interno. Si fermò lì aspettando che i compagni di viaggio lo raggiungessero per approntare l’accampamento.
Si svegliarono finalmente notando che, dopo due giorni, la pioggia aveva cessato di cadere, permaneva soltanto il solito gelido vento impetuoso da Est. Lentamente tutti i componenti del gruppo si prepararono a lasciare la caverna approntando i cavalli per il nuovo giorno.
Ranius era perplesso e guardava l’ingresso della caverna, continuamente attraversato da chi entrava od usciva. A qualcuno che gli chiese cosa ci fosse di così particolare da attirare tutta la sua attenzione, egli fece notare che il vento non oltrepassava mai la soglia… veniva come “fermato” da una porta a loro invisibile che però lasciava passare uomini ed animali.
D’un tratto, laddove pareva esserci un’invisibile porta, comparve un dorato pulviscolo che le loro mani potevano attraversare ma che non faceva fluire nemmeno un alito di vento dentro la grotta. Quasi nello stesso momento, sordi scricchiolii e cadute di piccoli sassi dalla volta e dalla parete in fondo alla caverna li indussero a volgere tutti lo sguardo in quella direzione.
In pochi istanti la parete crollò e, dopo che il polverone si fu posato, si poté intravedere un’altra sala, notevolmente più ampia tanto da non poter scorgerne le pareti.
Cautamente avanzarono e al centro di questo ambiente comparve un Unicorno bianco, forse lo stesso incontrato il primo giorno, che rivolse al gruppo parole di benvenuto, mostrandosi lieto di non trovarsi di fronte le Chimere ma bensì loro.
Le sue esatte parole furono: «Benvenuti nell’Antro del Custode», poi si volse verso un corridoio che pareva senza fine, come aspettandosi di essere seguito. Così fecero e ci ritrovarono in una terza stanza ove stavano, in semicerchio, altri nove Unicorni ed, al centro, una belva imponente, definita da alcuni Lammasu: aveva volto mostruoso, corpo di leone ed ali d’aquila.
La creatura pose a tutta la compagnia il suo primo enigma: «Così forti da giungere fino a qui, così coraggiosi da varcare la mia soglia. Ma anche così Puri da compiere il vostro Destino?»
A questa domanda seguì un lungo momento di silenzio, tutti immersi in riflessioni sui motivi che avevano portato ognuno di loro a trovarsi in quel luogo, chi seguendo il volere del Fato, chi per altri scopi, ognuno esaminava le proprie motivazioni, cercando di comprendere quanta purezza ci fosse nei suoi intenti.
Vedendo che nessuno rispondeva secondo le sue attese, la mostruosa creatura continuò con la seconda domanda: «E chi di Voi sarebbe così Puro da poter regger il Peso dell’Origine e distruggerlo, così come la Divina ha profetizzato?»
Alcuni tentarono delle risposte, ognuno motivando il proprio sentirsi “puro”. Si fece avanti tra gli altri il Necromante Acham che fu invitato dalla Belva a scegliere, visto il suo ritenersi puro, uno dei corridoi che partivano dalla stanza. Così fece ed in breve sparì alla loro vista.
Il Custode ridacchiò scuotendo la testa, e riprese a parlare pronunciando l’enigma che doveva essere risolto per compiere il destino: «Cuor puro, odora l’aere! Ove il tuo cuore avverte il Mistero è custodito il Tesoro, ove esso avverte il Pericolo, invece, troverai il Celato.
Il Simbolo della grande Fede può por fine alla sua esistenza solo ivi, nel suo immutabile moto, il Grande Freddo può essere dissolto. Ma bada bene, cuor puro, non errare e compi il tuo destino, o le tue membra, e non sol esse, ne morranno.»
Il Lammasu guardava il Cavaliere Who senza una parola. Ella si trovò sospinta da una forza sovrannaturale e scelse di proseguire verso il corridoio di destra. Alla fine del corridoio si ritrovò in un piccolo e spoglio locale, dove vi era come unico arredo una teca rilucente di un’aura azzurra, guardò all’interno e trovò il Seme tanto agognato.
Allungò una mano a sfiorarlo e, come in un sogno, si ritrovò ai Giardini delle Delizie con tutti gli altri insieme a lei.
La compagnia si accorse in breve che era solo un’illusione e dopo poco si ritrovarono tutti alla radura che avevano lasciato tre giorni prima, all’origine del viaggio. Lì, resisi conto che il Seme era nelle mani del Cavaliere della Dea, gli Oscuri Stregoni, i Mercenari ed i Necromanti tradirono i loro scopi e tentarono, con la forza e con le Arti magiche, di appropriarsi del Seme.
C’è chi riuscì parzialmente nel suo intento, rendendo il Cavaliere debole, tanto da indurre un suo Confratello a prenderla in braccio e a partire in folle corsa verso il Tempio che si supponeva fosse il luogo dove il Destino si sarebbe compiuto. Tutti seguirono i Cavalieri della Dea verso il Tempio e, stremati, caddero ai piedi del Primo Cavaliere Haggar, che prese in consegna il Seme e lo mise al sicuro custodendolo nella Navata.
«Cuor puro, odora l’aere! Ove il tuo cuore avverte il Mistero è custodito il Tesoro, ove esso avverte il Pericolo, invece, troverai il Celato. Il Simbolo della grande Fede può por fine alla sua esistenza solo ivi, nel suo immutabile moto, il Grande Freddo può essere dissolto. Ma bada bene, cuor puro, non errare e compi il tuo destino, o le tue membra, e non sol esse, ne morranno.»
Con questo enigma, con queste parole, li aveva lasciati il Lammasu, il Custode del Seme che trovarono nella caverna durante la spedizione ai Colli Ventosi, la stessa caverna che vide il Depositario Shanty in una spedizione con l’allora Sommo Althair e di cui lui stesso le narrò la profezia.
Il “cuor puro”, nella fattispecie il Cavaliere Custode della Memoria Who, portò dunque in salvo il Seme al Tempio, e fu deciso di convocare per giorno X del mese X dell’anno VI dalla Fondazione un Concilio di Saggi per decidere il da farsi.
Così accadde. Si riunirono alla decima ora del giorno alla Corte, per discutere la soluzione dell’enigma lasciato dal Lammasu. Presenti oltre ai Detentori dell’Arcana Saggezza, i Cavalieri della Dea, gli Alchimisti, i Druidi, i Maghi, i Paladini ed i Menestrelli.
Dopo le parole del Cavaliere Who e le proposte di alcuni dei presenti per la soluzione dell’enigma, soluzioni che vennero giudicate non consone alla fine preannunciata per il Seme, e dopo che un sussurro distinto interruppe i loro discorsi dicendo: «Il simbolo della grande Fede può por fine alla sua esistenza, solo ivi, nel suo immutabile moto, il Grande Freddo potrà essere dissolto», senza più indugi decisero di recarsi al Tempio della Dea Themis.
Giunti al Tempio, il Cavaliere della Dea Who prese il Seme e lo gettò nelle fiamme del Sacro Braciere. Esse, appena accolto il Seme, mutarono di colore diventando dapprima azzurre, poi blu scuro come la notte, aumentando d’intensità come stessero lottando contro qualcosa di ugualmente potente. Tutti gli sguardi erano fissi sulle fiamme, le mani sulla Mezzaluna di Themis, chi al collo, chi sulla cotta, chi sull’armatura.
Per lunghi istanti le fiamme si arrovellarono ed un etereo frastuono d’urla strazianti pareva provenire dal fuoco stesso, lasciando che le fiamme tornassero alla loro consueta misura, ma mantenendo ancora il tetro colore blu scuro. Poi, dopo interminabili attimi, le eteree voci si calmarono scemando in un vago sussurro e lasciando che le fiamme divenissero immobili, come se il tempo si fosse fermato.
Ranius trattenne il respiro, guardò il Cavaliere Who, i volti erano tirati dalla tensione, in cuor loro credevano di aver fatto la cosa giusta, ma attenderono l’esito che solo il Fato avrebbe potuto donare.
Improvvisamente un’aura azzurra apparve intorno alle Vestali Shadia e LivArwen, e la Mezzaluna di Themis al collo di Ranius e sulle cotte dei Cavalieri Who e Kayura s’illuminarono della stessa luce. I muscoli dei loro corpi fremevano nell’attesa del verdetto, quando un boato interruppe il silenzio creatosi e le fiamme ripresero ad ardere assumendo il consueto colore. Candidi fiocchi di neve fresca iniziarono a ricoprire il pavimento del Tempio.
Fu incredibile, inaspettato… un’esperienza senza pari che li lasciò frastornati e allo stesso tempo colmi di fiducia. Una voce irruppe nel silenzio del Tempio, una voce che parve essere quella del Custode del Seme, il Lammasu.
Egli solennemente disse: «Avete compiuto il vostro Destino. La divina Profezia si è or dunque avverata e l’Irreale Gelo distruttivo svanito e mutato nella sua più candida Essenza.»
Ancora una volta la Grazia della Dea aveva concesso di ritrovare la giusta strada. Ancora una volta il Granducato era stato liberato da una terribile minaccia.Data la lunghezza dell’articolo, il post è stato diviso in più pagine:



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